La situazione del Mare Artico è oramai nota da tempo: i ghiacciai si sciolgono inesorabilmente a causa del riscaldamento globale, minacciando anche il permafrost, ovvero il suolo congelato nell’Artide in maniera perenne, e che imprigiona grandi quantità di metano. Sciogliendosi, tutto questo metano andrebbe a finire nell’atmosfera, aumentando l’effetto serra e di conseguenza le temperature: tra le soluzioni al vaglio degli esperti vi è la possibilità di imbiancare artificialmente il Mar Glaciale Artico, al fine di generare una sorta di superficie riflettente dei raggi solari, per limitarne l’assorbimento e favorire in questo modo la formazione di ghiaccio.
Non mancano dubbi riguardo questo intervento di geoingegneria, l’ultimo in ordine di tempo ideato per tamponare almeno per un po’ la situazione, vista l’assenza di una seria politica di contrasto contro lo scioglimento del permafrost: uno studio pubblicato dal Carnegie Institution of Science, un’organizzazione privata no profit con sede a Washington, ha simulato gli effetti dell’imbiancamento del mare in un pianeta come il nostro, nell’epoca che stiamo vivendo adesso, in cui la concentrazione di CO2 è almeno 4 volte superiore rispetto all’epoca preindustriale, e con un Polo Nord che risulta essere più caldo di 10 gradi. Secondo questo studio, per ogni chilometro quadrato imbiancato si recupererebbero tre quarti di chilometro quadrato di ghiaccio, ma ciò ‘non si tradurrebbe in un sostanziale raffreddamento in grado di mantenere il permafrost. Imbiancare la superficie del Mar Glaciale Artico non sarebbe uno strumento efficace per compensare gli effetti dei cambiamenti climatici provocati dalle emissioni di gas serra‘, sostiene Ivana Cvijanovic del Carnegie, mettendo in guardia anche sulle conseguenze di una riduzione della luce solare a disposizione dell’ecosistema marino, che potrebbe avere un impatto negativo enorme.
L’unico modo concreto per impedire lo scioglimento dei ghiacciai ed invertire la tendenza resta inevitabilmente quello di ridurre le emissioni, e le speranze sono tutte incentrate sulla conferenza di Parigi in programma a fine 2015: senza interventi tempestivi, dalla metà del secolo in corso il Polo Nord resterà per una parte dell’anno senza ghiaccio, con un impatto devastante non solo sulla biodiversità locale, ma sul quadro meteorologico di Europa, Nord America e gran parte dell’Asia. E soluzioni alternative ed originali, come quella di imbiancare artificalmente l’Artico, non sono sufficientemente sostenibili e durevoli nel tempo.
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