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Ratko Mladic, noto come ‘il macellaio di Bosnia‘, è stato condannato all’ergastolo dal Tribunale penale internazionale per la Ex Jugoslavia, con sede all’Aia. L’ex capo militare dei serbi dell’ex Bosnia Erzegovina è stato riconosciuto colpevole di genocidio e crimini contro l’umanità per i fatti accaduti tra il 1992 e il 1995, in riferimento al massacro di 8mila musulmani a Srebrenica e all’assedio di Sarajevo, in cui morirono quasi 11mila civili. Secondo i giudici, aveva “l’intenzione” e “l’obiettivo criminale” di sterminare i musulmani durante la guerra di Bosnia. Riuscito a sfuggire alla giustizia per anni dopo la fine della guerra, Mladic è stato arrestato nel 2011 nel nord della Serbia ed è a processo al Tribunale penale internazionale per la Ex Jugoslavia dal 2012. Per la Corte dell’Onu si tratta dell’ultimo caso che affronta, ma il Macellaio di Bosnia ha intenzione di ricorrere in appello.
La Corte ha ritenuto Ratko Mladic colpevole per il massacro di Srebrenica del 1995, in cui furono sterminati circa 8mila bosniaci musulmani, nonché per l’assedio di Sarajevo in cui morirono oltre 10mila persone. Mladic, 74 anni, era accusato di 11 capi di imputazione, tra cui crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio. Ma anche persecuzione per motivi etnici e religiosi ai danni di musulmani bosniaci e croato bosniaci, sterminio, deportazione, omicidio, terrore, attacchi illegali contro i civili e cattura di ostaggi. Nonostante sia stato giudicato responsabile di alcune delle peggiori atrocità commesse durante la guerra in Bosnia, la sua squadra legale ha annunciato la decisione di ricorrere in appello presentando ricorso contro la sua condanna all’ergastolo da parte del Tribunale penale internazionale dell’Onu per la Ex Jugoslavia con sede all’Aia. “È certo che ricorreremo in appello e l’appello avrà successo”, ha dichiarato l’avvocato Dragan Ivetic.
[didascalia fornitore=”ansa”]Ratko Mladic davanti alla Corte che lo ha giudicato colpevole di crimini contro l’umanità, il 22 novembre 2017[/didascalia]
Chi è l’ex leader militare serbo-bosniaco Ratko Mladic
Ratko Mladic nasce il 12 marzo 1943 in un villaggio di Kalinovik, Sarajevo. Dopo la morte del padre nel 1945 per mano degli Ustascia Mladic giura odio verso croati e musulmani. Frequenta l’Accademia Militare KOV e la Scuola ufficiali diventando, nel 1989 capo del Dipartimento Educazione del Terzo Distretto Militare di Skopje. Diventa colonnello durante la guerra in Croazia e nel 1991 è maggior generale. I suoi uomini sostengono le formazioni paramilitari serbo-bosniache, tra cui la “Polizia” di Milan Martic. Nel 1992 Mladic è promosso tenente colonnello generale e dopo un mese dalla dichiarazione di indipendenza della Repubblica di Bosnia ed Erzegovina si pone a capo dell’assedio di Sarajevo, considerato il più lungo assedio della storia moderna. Da Capo di Stato Maggiore dell’esercito e Colonnello Generale ordinò diversi massacri contro i civili, stuprando migliaia di donne musulmane e istituendo campi di concentramento. La stagione di violenze culminò col massacro di Srebrenica. Mladic lasciò il comando dell’esercito a guerra finita, l’8 novembre 1996, su decisione del presidente della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina Biljana Plavšić.
La condanna all’ergastolo dell’ex comandante serbo-bosniaco Ratko Mladic è stata commentata dall’Alto commissario Onu per i diritti umani, Zeid Ra’ad Al Hussein come “un’importantissima vittoria per la giustizia”. “Mladic è il paradigma del male e l’azione penale contro di lui è il paradigma di cosa sia la giustizia internazionale”, afferma Zeid, che ha prestato servizio nella Forza di protezione delle Nazioni unite in Ex Jugoslavia dal 1994 al 1996 e poco dopo giocò un ruolo chiave nel mettere in piedi la Corte penale per i crimini commessi in Ex Jugoslavia.
[didascalia fornitore=”ansa”]Un murales a Belgrado, in Serbia, che raffigura Ratko Mladic [/didascalia]
“Mladic ha presieduto ad alcuni dei crimini più bui avvenuti in Europa dalla Seconda guerra mondiale, portando terrore, morte e distruzione a migliaia di vittime, e dolore, tragedia e traumi a innumerevoli altre persone. Questa condanna è una testimonianza, per il coraggio e la determinazione di quelle vittime e testimoni che non hanno mai perso la speranza, del fatto che lo vedranno davanti alla giustizia”, ha ricordato il responsabile Onu per i diritti umani.
“La sentenza di oggi è un avvertimento agli autori di tali crimini, che non sfuggiranno alla giustizia, indipendentemente da quanto potenti possano essere e da quanto tempo sia necessario. Saranno ritenuti responsabili”, “Tutti coloro che mettono in dubbio l’importanza della Corte penale internazionale dovrebbero riflettere su questo caso. Tutti coloro che commettono gravi crimini internazionali in così tante situazioni oggi nel mondo dovrebbero temere questo risultato”, ha concluso Zeid.
Radovan Karadzic condannato per il massacro di Srebrenica
Prima di Ratko Mladic a processo è finito l’ex presidente della Repubblica Serba di Bosnia, Radovan Karadzic . Nel 2016 è stato condannato a una pena di quarant’anni di carcere dal Tribunale penale internazionale delle Nazioni Unite per l’ex-Jugoslavia, ritenuto responsabile di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e per il suo ruolo attivo non solo nel tristemente famoso massacro di Srebrenica del 1995, ma anche del sistematico genocidio dei musulmani bosniaci avvenuto tra il 1992 e il 1995, dell’assedio della città di Sarajevo (durante il quale morirono almeno 10mila persone), della persecuzione dei residenti non serbi su territorio bosniaco e di aver tenuto in ostaggio 284 caschi blu delle Nazioni Unite. Ma cosa è avvenuto durante la strage di Srebrenica?
[didascalia fornitore=”ansa”]Radovan Karadzic alla lettura della sentenza nel processo per il massacro di Srebrenica[/didascalia]
Massacro di Srebrenica: il più feroce dai tempi del nazismo
Il massacro di Srebrenica avvenne nel 1995, quando Radovan Karadzic era presidente della Repubblica Serba di Bosnia e comandante delle sue forze armate. Ordinò alle sue milizie serbo-bosniache quella che fu poi definita come la strage più grave in Europa dalla fine della Seconda guerra mondiale. A quei tempo si combatteva intorno a Srebrenica da oramai tre anni, durante quella che è conosciuta come guerra di Bosnia ed Erzegovina, un conflitto durato dall’aprile 1992 al dicembre 1995, sulle macerie dell’ex Jugoslavia, e che vedeva coinvolte tre etnie nazionali: serbi, croati e bosgnacchi.
[didascalia fornitore=”ansa”]Una donna protesta fuori dal Tribunale delle Nazioni Unite[/didascalia]
Il 9 gennaio 1992 l’Assemblea del popolo serbo di Bosnia ed Erzegovina proclamò l’indipendenza della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina. La maggioranza degli abitanti in Bosnia era di religione musulmana, poi c’era una (grande) minoranza di serbi ortodossi e un altro gruppo di croati cattolici. I serbi-bosniaci volevano essere annessi alla Serbia di Slobodan Milosevic e avevano cominciato una guerra contro il governo bosniaco. Quindi, nei vari territori a maggioranza serba, i militari serbi e i miliziani serbo-bosniaci prendevano di mira i musulmani praticando la ‘pulizia etnica’ (termine proposto dagli stessi leader serbi) distruggendone i paesi ed allontanandoli dalle loro terre.
Nel pomeriggio dell’11 luglio 1995, dopo giorni di combattimenti, le truppe serbo-bosniache entrarono in città senza trovare un argine nei caschi blu olandesi, anzi il comandante degli olandesi firmò una sorta di accordo per l’occupazione di Srebrenica da parte dei militari serbi. Da questo momento cominciò un massacro pianificato e coordinato ad alto livello come stabilito dai tribunali internazionali. Nelle 48 ore successive, le esecuzioni procedettero in maniera precisa e uniforme. Era chiaro il loro obiettivo: creare una zona abitata solo da serbi che sarebbe stato più facile unire alla Serbia. Srebrenica, che era una zona di rifugiati, venne in pratica distrutta, gli uomini deportati, messi in fila e poi uccisi uno a uno con un colpo alla testa, le donne violentate mentre i caschi blu dell’Onu rimanevano a guardare. Da allora sono state scoperte decine di fosse comuni e i resti umani di più di 6.500 persone sono stati identificati grazie agli esami del DNA. In tutto si stima che più di 8.100 persone siano state uccise a Srebrenica.
[didascalia fornitore=”ansa”]Parenti delle vittime del massacro di Srebrenica protestano davanti alla sede del Tribunale[/didascalia]
Radovan Karadzic consegnò una memoria difensiva di 874 pagine in cui cercava di difendere le sue azioni giustificandole come quelle di un leader patriottico in lotta per proteggere l’identità serba. Riguardo Srebrenica disse di non essere a conoscenza degli omicidi di migliaia di musulmani, spiegando che dietro alla strage non c’era nessun piano di eliminare completamente i bosniaci musulmani. Il tribunale penale internazionale lo ha condannato a 40 anni, ma non gli ha riconosciuto ”l’intento genocida di distruggere un gruppo”. Mentre invece proprio questa imputazione ha contribuito alla sentenza di ergastolo per il macellaio di Bosnia Ratko Mladic.
Mladic è stato assolto dall’accusa di aver commesso genocidio in sei comuni del nord della Bosnia ma è stato giudicato colpevole dell’impresa criminale volta a espellere le popolazioni musulmane e croate da quei territori. Il processo è stato uno dei più lunghi della storia, a causa della vastità delle accuse, della quantità di prove (compresi 592 testimoni) e dei vari tentativi della difesa di ritardare o far terminare il procedimento giudiziario. “Il verdetto di oggi pone fine ai tentativi di Mladic di evadere le sue responsabilità per la morte, lo stupro e la deportazione di migliaia di vittime musulmane bosniache e croato bosniache. È anche un importante monito: 20 anni dopo la fine della guerra della Bosnia Erzegovina, restano migliaia di scomparsi e molte vittime e i loro parenti continuano a vedersi negate giustizia, verità e riparazione”, ha commentato John Dalhuisen, direttore di Amnesty International per l’Europa.
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