Le forze politiche si sono divise tra favorevoli e contrari alla proposta di Matteo Renzi di tornare al Mattarellum come legge elettorale per andare al voto a breve. La legge che porta il nome dell’attuale capo dello Stato, Sergio Mattarella, è tornata in auge dopo anni di abbandono nei giorni successivi alla crisi di governo che ha portato l’ex premier a dimettersi. Tra i sostenitori della prima ora c’è parte del PD, a partire da Roberto Giachetti, protagonista di un attacco molto duro contro il collega di Roberto Speranza proprio sul ritorno al Mattarellum: il deputato era stato tra i promotori del suo ripristino dopo la bocciatura del Porcellum da parte della Consulta, arrivando anche a fare lo sciopero della fame. Parolacce a parte, la proposta del segretario sembra aver ricompattato i dem e aperto a spiragli di collaborazione con parte delle opposizioni, ma ha trovato il no secco di altri.
Le contrapposizioni ci sono e sono anche molto forti. La soluzione proposta da Renzi ha trovato sponda favorevole dalle parti dei partiti che hanno chiesto il ritorno al voto fin dai primi istanti della crisi, ma ha avuto la netta opposizione di altre grandi forze politiche che hanno i numeri per bloccare l’iter parlamentare. Il problema della legge elettorale rimane sul tavolo: senza un’armonizzazione tra Camera e Senato (al momento ne abbiamo due diverse per i due rami del Parlamento), Mattarella ha chiarito che non scioglierà le Camere.
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Sarebbe dunque urgente che i partiti trovassero un accordo per dare al paese una legge elettorale armonica e che garantisca governabilità, ma le divergenze sembrano insormontabili.
FAVOREVOLI
Nonostante i toni accessi sentiti in assemblea, il PD ha accettato la proposta di Renzi, certificando la ritrovata unione con il voto in assemblea. Non che le lotte intestine siano finite, anche perché la corrente dei cosiddetti “giovani turchi” non l’ha mai apprezzata e rimane scettica, come ha dichiarato uno dei suoi esponenti, il ministro Andrea Orlando. Sulla carta però, le divisioni sembrano rientrate: è arrivato il sì dei bersaniani di Roberto Speranza, delle correnti cattoliche vicine a Dario Franceschini, della Sinistra dem del ministro Maurizio Martina e ovviamente dei renziani.
Sembra strano, ma la Lega Nord si trova dalla stessa parte del PD di Renzi. Lo stesso Matteo Salvini ha dichiarato di essere favorevole nell’ottica di dare al Paese una legge elettorale valida al più presto. “Tutelerebbe la rappresentanza e la governabilità, ma soprattutto non ti devi inventare niente perché è già stata usata, quindi se vuoi in 15 giorni la riapprovi”, ha dichiarato.
Sulla stessa lunghezza d’onda troviamo Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia che, al pari della Lega, ha chiesto di andare alle urne il prima possibile già alle consultazioni con Mattarella (Meloni parlò di un “governo a scadenza” in riferimento al nuovo esecutivo Gentiloni). “Renzi dice che ci vuole un articolo per riproporre il Mattarellum. Allora ci vogliono anche due settimane per approvarlo. Ci va bene se significa che torniamo a votare immediatamente”, ha chiarito la leader di FdI.
D’accordo con la proposta di Renzi anche partiti minori, a partire dal PSI di Riccardo Nencini passando ai Conservatori e Riformisti di Raffaele Fitto: per entrambi il Mattarellum è una buona base da cui partire. Apre all’ex premier anche il neonato partito di Gaetano Quagliariello, Idea (Identità e Azione, Popolo e Libertà), nato dalla scissione con NcD.
Conti alla mano, se tutti i partiti del fronte favorevole votassero compatti le possibilità di far ritornare il Mattarellum potrebbero essere più che concrete. Ago della bilancia è il PD: se il partito seguisse compatto il suo segretario, si avrebbero circa 360 voti a favore alla Camera. Numeri più risicati e a rischio al Senato con un massimo di 150 voti.
CONTRARI
In un primo momento si era vociferato di un’apertura, ma alla fine il Movimento 5 Stelle ha confermato la netta contrapposizione al PD di Renzi anche sul Mattarellum. La loro proposta originaria, cioè usare l’Italicum emendato dalla Consulta alla Camera e al Senato, è rimasta granitica al centro della loro proposta. “Siamo pronti al Vietnam parlamentare per contrastare la legge elettorale che il Pd vuole approvare contro il M5S”, hanno dichiarato i deputati della commissione Affari costituzionali. Netto il no arrivato anche dallo stesso Beppe Grillo. “Noi vogliamo andare al voto subito, con una legge elettorale che abbia il vaglio della Consulta. Tu vuoi aprire il mercato delle vacche e allungare il brodo per discussioni infinite sulla legge elettorale? Risparmiarcelo”, si legge sul blog.
Sulla carta anche il partito di Silvio Berlusconi è contrario al Mattarellum. “Non è un sistema elettorale riproponibile. Punto e basta”, ha tuonato Maurizio Gasparri, facendo eco a Renato Brunetta (“È una strada impossibile. Pensiamo ad altro. Stop.”). Nella realtà invece si tratta di un no con diverse sfumature. Giovanni Toti, per esempio, è possibilista. “Il Mattarellum può essere una base di discussione”, ha dichiarato. Anche il no dell’ex Cavaliere sembra meno netto di quanto sia realmente. “Con un sistema bipolare poteva andare anche bene ma così no”, ha dichiarato ai suoi. La strategia di Berlusconi, secondo il Giornale, sarebbe di “aspettare la sentenza della Consulta e confidare in un sistema sostanzialmente proporzionale” sul quale far partire una nuova discussione.
Ai due antipodi politici troviamo altri due gruppi contrari al Mattarellum: l’NcD di Angelino Alfano e Sinistra Italiana. “Il Mattarellum appartiene a un’altra epoca politica, quella del bipolarismo. In un sistema tripolare il Mattarellum è una riffa. In ogni collegio può succedere di tutto”, ha dichiarato Fabrizio Cicchitto. Parole diverse ma stessa conclusione per Nicola Fratoianni. “La discussione non può ripartire da un’idea maggioritaria, costruita su un sistema bipolare che oggi non esiste più”, ha dichiarato.
Il panorama dei contrari è altrettanto variegato ma con una forza numerica inferiore. Alla Camera si potrebbe anche arrivare alla soglia dei 300 voti, riunendo gli appartenenti dei partiti più piccoli, a rischio scomparsa, ma non riuscirebbe a sfondare il muro della maggioranza (sempre se questa rimarrà unita). Stesso discorso al Senato, con un massimo di 100 voti che non basterebbero.
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