Nuovo identikit di Matteo Messina Denaro, il boss latitante dal 1993 e il ricercato numero uno in Italia. A divulgarlo è stato il Gico della Guardia di Finanza che l’ha elaborato grazie alle rivelazione di un confidente che avrebbe incontrato di recente il boss di Castelvetrano. Stempiatura più evidente, leggermente appesantito e capelli ancora scuri nonostante l’età di 52 anni. La vera novità sarebbero gli occhiali: nuova montatura con lenti più leggere rispetto a quelle spesse del passato se non addirittura la loro assenza, come rivelato dal confidente, nonostante la patologia alla retina che affligge il capomafia da anni. Uno specialista spagnolo confermò la gravità della malattia, ipotizzando che fosse diventato cieco a un occhio.
Le ricerche di Matteo Messina Denaro, il latitante numero uno di Cosa Nostra, continuano ormai da anni. Era di poco tempo fa la notizia di tagli e mancanza di fondi per una delle operazioni più lunghe e complesse come è la cattura del boss. Così i carabinieri del Ros, il nucleo operativo impegnato nelle indagini più delicate dell’antimafia, hanno deciso di tagliarsi l’indennità di missione giornaliera, dimezzandola da 100 a 50 euro al giorno. Sono tempi difficili per le casse dello Stato, mancano i fondi e anche i poliziotti della squadra mobile di Palermo si sono tirati su le maniche: loro anticipano da otto mesi le spese per le missioni in provincia di Trapani, pagando di tasca propria quello che serve pur di continuare la caccia a Messina Denaro.
Il dipartimento di pubblica sicurezza ha dichiarato che a fine maggio verrà pagato il 70 percento delle spettanze. La conferma arriva dal questore Nicola Zito che sottolinea la priorità del ministero dell’Interno e del dipartimento di Polizia di Stato per le ricerche del boss.
Intanto però le indagini non si possono fermare e se mancano i fondi sono carabinieri e poliziotti a pagare le spese di tasca propria: una decisione che ha dell’eroico in tempi di crisi, ma chi fa questo mestiere non può e non vuole fermarsi alle prime difficoltà.
Il procuratore aggiunto di Palermo Teresa Principato, che coordina le ricerche su Messina Denaro con i colleghi Marzia Sabella e Paolo Guido, ha descritto l’attuale situazione: senza quasi più fondi, i magistrati si ritrovano ad autorizzare anche il noleggio di alcune auto.
“Il ministero dell’Interno non ha più fondi, arriva allora il ministero della Giustizia”, dichiara la Principato che lancia un appello. “Credo che sia necessaria una maggiore attenzione per gli uomini e le donne delle forze che si fanno carico di sacrifici enormi”.
Le ricerche sono rese ancora più difficili dal fatto che Messina Denaro, latitante dal 1993, ormai vive da anni nascosto e protetto anche grazie alla famiglia che coinvolge in tutte le sue attività.
Un fattore nuovo questo: anche i grandi boss come Provenzano cercavano di tenere lontani dalle attività più pericolose i familiari più stretti. Messina Denaro no, li usa e vive la sua latitanza spostandosi di continuo anche fuori dalla Sicilia, altro aspetto che rende ancora più difficile la sua cattura.
Gli uomini impegnati nella sua ricerca però non si sono fermati davanti alle difficoltà economiche dello Stato. Così ci si viene incontro: per garantire lo straordinario ai reparti impegnati nella sua ricerca si tagliano quelli dei colleghi, ad esempi quelli della narcotici che non possono fare più pedinamenti fuori provincia, come racconta Luigi Lombardo, segretario provinciale del Siap, il sindacato di Polizia.
“Ci sono voluti quattro anni, fra diffide e trattative, per ottenere straordinari e somme anticipate dai poliziotti nel corso delle indagini per la cattura di Provenzano”, gli fa eco Ivan D’Anna, segretario di base del Siap, raccontando lo spirito e l’entusiasmo che guida da anni questi uomini.
Insomma, la caccia a Messina Denaro non si ferma, ma a rimetterci sono quelli che scendono in prima fila, che lo cercano anche a metà stipendio.