Catturato l’ultimo responsabile delle stragi del 1992 e del 1993. Matteo Messina Denaro è malato ma potrà andare in prigione.
Le sue condizioni di salute non gli permetteranno di evitare la prigione. Al momento non parla il superlatitante, mentre le forze dell’ordine fanno sapere che i prossimi passi nelle indagini riguarderanno i “fiancheggiatori” che hanno negli anni aiutato Messina Denaro. Il boss era in cura presso una clinica sotto falso nome, con falsi documenti: trasportato in elicottero in una località non nota.
Ha destato stupore l’arresto senza manette di Matteo Messina Denaro, l’uomo più ricercato d’Italia, uno dei criminali più pericolosi del nostro tempo che sedeva sulle ginocchia di Totò Riina e che aveva raccolto il testimone insanguinato di Bernardo Provenzano. La sua cattura è l’ultimo tassello di una faticosa lotta tra Stato e mafia, che perde l’ultimo boss del periodo del terrore, delle grandi famiglie palermitane e corleonesi, delle stragi, che hanno devastato la Sicilia non solo in termini di vite umane sacrificatesi eroicamente per combattere la malavita.
Qualora dovesse parlare, nei prossimi giorni, il suo arresto potrebbe rappresentare l’apertura di quel vaso di Pandora. Fare emergere dettagli sul periodo più cruento ma anche più buio, con tanti punti interrogativi irrisolti. Ma al momento, dicono le forze dell’ordine, non ha parlato. La priorità era l’arresto, sottolinea il procuratore Maurizio De Lucia, che parla del capomafia come “lo stragista”. L’ultimo, che ha partecipato alle stragi del 1992 e del 1993, che ha “ripulito” il covo di Totò Riina dopo l’arresto di “U curtu”. Ecco, “U siccu” invece è stato arrestato nella mattinata di oggi davanti a una clinica di Palermo, dove era in cura per gravi problemi di salute sotto falso nome.
Matteo Messina Denaro, boss di Castelvetrano e di tutto il Trapanese, era latitante da 30 anni, dal 1993: “Grazie al mio collega Paolo Guido le indagini sono state condotte in maniera magistrale” afferma il procuratore.
Secondo i carabinieri il mafioso indossava al polso un orologio molto costoso, per un valore di circa 35mila euro. E’ stato arrestato senza violenza, e addirittura senza manette. Dettagli che ancora una volta De Lucia sottolinea con fierezza: “Non sapevamo nemmeno che faccia avesse. Catturare un latitante pericoloso senza violenza e senza manette è un segno importante per un Paese democratico“.
Dopo l’arresto avvenuto alle 9.35 di stamattina, accompagnato dagli applausi della gente per strada, Messina Denaro è stato portato all’aeroporto Boccadifalco, dove con un elicottero è stato trasferito in una località non nota. Altro obiettivo delle forze dell’ordine sarà quello di individuare chi in questi anni ha coperto Messina Denaro: “Una fetta di borghesia lo ha aiutato. adesso indaghiamo su questo”.
Il boss si trovava in cura da un anno circa alla clinica La Maddalena, a Palermo, sotto falso nome (Pare che il latitante abbia addirittura effettuato 3 dosi del vaccino antiCovid). La sua carta di identità recitava era stata falsificata con il nome di Andrea Bonafede, un geometra di Campobello di Mazara di 59 anni. Poi al documento era stata applicata la foto del capomafia; gli agenti hanno rintracciato l’uomo e interrogato, ma quest’ultimo non avrebbe fornito alcuna risposta.
Il comandante Pasquale Angelosanto che ha condotto le operazioni della caserma Carlo Alberto dalla Chiesa, ha parlato di “terapie” nella conferenza stampa. Sempre nella mattinata di oggi anche un altro uomo vicino al boss, Giovanni Luppino di Campobello di Mazara è stato arrestato: pare che il suo ruolo fosse quello dell’autista.
Sarebbe facile parlare di un cerchio che si chiude, acclamare la forza della lotta dello Stato contro la malavita organizzata al Sud, con l’arresto di Matteo Messina Denaro. Le date e le ricorrenze invogliano, e chi governa non si tira certo indietro davanti alla retorica. Esattamente trent’anni fa, il 15 gennaio 1993, avveniva lo storico arresto del boss Totò Riina a Palermo, e proprio allora iniziava la latitanza di Messina Denaro.
Fa bene Carlo Nordio, minsitro della Giustizia, a parlare dell’arresto di oggi come la “conclusione della stagione più drammatica della storia della Repubblica“. Perché di storia drammatica si parla. E sì, anche dopo l’arresto di Riina che segnò un punto di svolta enorme nelle indagini e nei processi, rimasero tante macchie – una su tutta quella legata al covo, all’abitazione del boss, così come ne sono rimaste ancora oggi in Sicilia.
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