Prima l’annuncio della fiducia sul ddl Cirinnà a metà settimana, poi quello della nomina di Carlo Calenda a ministro dello Sviluppo Economico. Matteo Renzi apre la lunga intervista concessa a Fabio Fazio nella puntata di domenica 8 maggio di “Che tempo che fa” con un doppio annuncio. Si parte subito con i diritti civili e con la conferma che tra mercoledì e giovedì, il ddl sulle unioni civili gay uscito dal Senato dovrebbe essere messo ai voti con la fiducia da parte del governo. In oltre mezz’ora, il premier fa una sorta di mini bilancio in un momento molto delicato della sua esperienza a Palazzo Chigi e del Partito Democratico: tanti i temi trattati nel noto salotto televisivo, dai diritti civili alla questione morale nel PD, passando per l’immigrazione e l’intesa parziale con la Germania di Angela Merkel.
“Giovedì l’Italia avrà una legge sui diritti civili“. Renzi parte subito in quarta, confermando al conduttore che l’iter del ddl Cirinnà dovrebbe terminare in settimana, con la richiesta del voto di fiducia da parte del governo. “L’abbiamo messa su altri temi, mi sembrava giusto farlo anche sui diritti civili”, spiega il premier che si dice sicuro di avere un’ampia maggioranza a sostegno della legge. “Credo che la voteranno in tanti. Magari qualcuno dell’opposizione no per via della fiducia, ma mi sento tranquillo: altre volte ho rischiato molto di più”. In tema di diritti civili, il governo spera di chiudere l’iter della legge sul “Dopo di noi” entro l’estate.
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Si passa al tema dei migranti e dell’incontro con Angela Merkel. Pur ammettendo che la battaglia in Europa è ancora lunga, Renzi mette sul piatto il successo ottenuto dal suo governo nel far cambiare l’agenda politica europea su questo tema. “Un anno fa tutti dicevano che il problema era solo dell’Italia, ora le cose sono cambiate“, dice, anche se il problema sono le tempistiche troppo lente. “Considero positive le parole della Merkel sul Brennero“, continua e definisce un “tentativo di propaganda strumentale e squallido” la proposta del muro arrivata dall’Austria che, a suo dire, non si farà perché “è contro le regole e contro la storia”. Renzi difende la proposta italiana di rimettere in moto la cooperazione internazionale per frenare l’immigrazione in Europa. “Qualcuno dice che dobbiamo aiutarli nel loro paese in modo becero, noi abbiamo rimesso soldi sulla cooperazione internazionale, cosa che non si faceva da 15 anni“. A dividere le politiche italiane e tedesche è la modalità con cui trovare i fondi, con la Merkel contraria all’uso degli eurobond.
Si passa all’annuncio della nomina di Carlo Calenda a ministro dello Sviluppo economico al posto di Federica Guidi, argomento che porta al tema centrale, quello della questione morale nel PD. “La questione esiste e chi la nega nega la realtà“, ammette Renzi, questa volta in veste di segretario dem. Nessuno scontro con la magistratura, ribadisce, anche se il problema rimane la lentezza dei processi. “Bisogna sempre attendere le sentenze, anche perché ci sono stati amministratori che sono stati assolti“, dice prima di affondare il colpo contro il M5S, investiti dal caso Nogarin a Livorno. “Da una parte c’è garantismo e chi fa onestà differenziata a giorni alterni, ma noi dobbiamo fare di più e meglio“, promette, mentre ricorda che “i 5 Stelle non hanno votato i provvedimenti anticorruzione che il governo ha proposto. Abbiamo cambiato la legge sulla corruzione e reso più duro il 416 bis e loro hanno votato contro“.
La questione morale però rimane, come dimostra il caso Platì. “Quando hai una macchina complessa come il Dd puoi dire sì, possiamo fare più e meglio ma abbiamo fatto passi in avanti. A Platì la candidata che avrei voluto ha detto che non si è candidata dicendo il PD locale non l’aveva sostenuto. Il dato di fatto è che quando a Ercolano ho commissariato un intero partito e ho imposto un candidato sindaco che la camorra minaccia una volta alla settimana —perché questi animali hanno del metodo — lui ha vinto contro il parere di tutti. Lui è il simbolo del PD che riparte: certo, dobbiamo farlo tutti insieme. In alcuni casi siamo riusciti in altri meno, non sempre in una grande comunità si riesce a fare tutto“, ammette.
Infine, un altro argomento molto delicato per l’agenda politica del governo, cioè il referendum costituzionale. “Sul referendum sono d’accordo con Napolitano e con Enrico Letta. Se vince il sì ci sono meno politici, le Regioni hanno meno poteri e i consiglieri regionali meno soldi, lo Stato è più semplice senza il ping pong Camera-Senato. Il federalismo come era stato fatto non ha funzionato“, spiega. Arriva anche la conferma che da quel voto dipende il suo destino politico. “Se perdo come faccio a rimanere, è una questione di serietà politica, dopo aver detto che cambiavamo l’Italia non saremmo credibili. Non posso fare finta di niente, poi spero di vincere. Se la classe politica prende una tranvata deve avere il coraggio di dirlo”.
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