“Sai scrivere ‘bene’ e vuoi collaborare con Matteo Salvini? Questa è la tua occasione”. Così recita un post lanciato dalla pagina Facebook del leader della Lega Nord l’8 marzo. Sotto, viene riportato il link al sito ufficiale e a un forum da compilare con i propri dati, la sezione per allegare un articolo di prova e vedere “se hai il Salvini Factor”. Proprio così. Letteralmente. Cosa si cela dietro questa iniziativa? Ancora non è chiaro. Dagli uffici del Carroccio non è arrivato alcun chiarimento ufficiale, ma tanto è bastato per fare esplodere la polemica e la “guerriglia” dell’ironia sui social network. Il messaggio ha scatenato un vero e proprio putiferio e non è piaciuto anche in casa Lega.
Tra i primi a rispondere al post c’è Giovanni Polli, ex caposervizio della redazione cultura de la Padania ed ex conduttore di Radio Padania. “Di gente che sa scrivere BENE ne avete 15 in cassa integrazione. Riprendeteli in servizio”, si legge tra i commenti. Sì, perché La Padania, giornale politico della Lega Nord, è stato chiuso proprio da Salvini e non per la mancanza di professionalità dei suoi dipendenti ma per l’incapacità gestionale dei vertici che hanno creato un buco finanziario ormai insostenibile.
Da una parte dunque, ci sono quindici giornalisti professionisti in cassa integrazione; dall’altra la ricerca di qualcuno che sappia “scrivere bene”. Per far cosa? Non si sa. Il Fatto quotidiano ha provato a contattare l’ufficio stampa della Lega e non ha avuto risposta, ma qualche idea la possiamo già avere.
Per chi è pratico del mondo del giornalismo, sa che il 99,9% degli annunci di lavoro è una truffa. Ti fanno mandare il curriculum con un articolo di prova e poi ti propongono, se ti va bene, la retribuzione più bassa che possono, altrimenti, di lavorare “per passione”, magari gratis o per “farti prendere il tesserino”.
Ricordiamo, non sappiamo quello che vuole fare Salvini. Il dubbio viene già solo guardando l’url della pagina sul sito, alla voce “talent”: cos’è, nella versione leghista 2.0 un colloquio diventa un gioco da televoto? Perché chiedere a chiunque sappia “scrivere bene” di mandare un articolo? Forse perché se è un giornalista lo devi pagare? Il giornalismo è una professione, regolata da un Ordine professionale, che richiede studio, un esame di Stato, tanta pratica e dimestichezza degli strumenti. Non basta saper scrivere “bene” in italiano: bisogna saper confrontare le fonti, controllare, districarsi tra numeri, tabelle e tra le parole di una dichiarazione per andare a fondo, fare domande scomode, reggere la pressione e molto altro.
Dello stesso parere è anche Stefania Piazzo, ex direttrice de La Padania e ora al timone di Indipendenza Nuova. “Scrivere, “bene”, non è un hobby, è un mestiere, anche se questo ormai è stato dimenticato”, recita il suo articolo. “Il pensiero unico degli editori e dei non editori è invece che tutti possono scrivere, e sanno scrivere “bene” se sanno usare internet, se smanettano sui siti e se pubblicano da qualche parte qualcosa. Non serve superare come prevede la Costituzione, un esame di Stato, per scrivere bene. Aver lavorato in una redazione. Questa volta la selezione la fa Salvini. È il mercato, baby, a decidere chi è bravo e chi no. A quale costo? Scommettiamo bassino. Il lavoro, se intellettuale, sul mercato oggi vale meno della riparazione di una lavatrice o del mensile di una badante. E beata lei che ha pure i contributi”. Difficile darle torto.
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