Lo speaker della Camera statunitense Kevin McCharty si recherà a Israele assieme a una delegazione bipartisan, per presenziare alla Knesset e diventerà così il secondo funzionario Usa a tenere un discorso al Congresso israeliano. Nel scorse settimane durante Il caos diplomatico nato dall’escalation di violenza attuata da Israele nei confronti delle milizie filo-iraniane e palestinesi, le opinioni discordanti tra Biden e McCharty hanno sollevato l’attenzione mediatica e la scelta di parlare negli USA ha sollevato critiche e insinuazioni.
Le scelte intraprese dal governo di Netanyahu hanno generato un deterioramento nei rapporti diplomatici tra Israele e Stati Uniti, che sono notoriamente alleati, anche, nella lotta contro il terrorismo islamico. Il governo israeliano è sostenuto ampiamente dalle autorità di Washington con le quali collabora e coopera in diversi settori, ma sia a causa dell’intensificarsi della violenza attuata nei confronti dei palestinesi inizialmente e, dopo la risposta attuata da Hamas con lanci di razzi dalla Striscia di Gaza, seguiti da numerosissimi combattimenti per le strade cittadine della Cisgiordania, ma soprattutto a causa della revisione giudiziaria, che ha portato centinaia di migliaia di cittadini israeliani a protestare per evitare di veder intaccata la democrazia di Israele conquistata con enormi sacrifici, si è verificato uno scontro diplomatico. Proprio per questo l’annuncio del viaggio di McCharty ha sorpreso la comunità internazionale.
Le scorse settimane si è notato un deterioramento nei rapporti tra autorità statunitensi e israeliane a causa della dichiarazione effettuata dal presidente Biden che ha invitato il primo ministro di Israele Netanyahu ha sospendere la riforma giudiziaria, che ha sollevato malcontento popolare e soprattutto rischiava di far cadere in una tremenda guerra civile a Israele.
Il funzionario statunitense McCharty sarà alla guida di una delegazione bipartisan che comprende 20 legislatori e si recheranno ad Israele, alla fine del mese di aprile, e questo segna un evento molto importante che ha attirato la curiosità internazionale. McCarthy sarà difatti il secondo portavoce della Camera degli Stati Uniti a parlare alla Knesset israeliana, secondo quanto riportato da Amir Ohana, omologo israeliano del funzionario Usa.
Nel gruppo che si recherà negli Stati Uniti il 30 aprile ed è formato da 20 democratici e repubblicani e da McCarthy e il portavoce della Camera statunitense parlerà ai legislatori israeliani il giorno successivo.
Ohana ha deciso di invitare McCarthy durante la telefonata, effettuata a seguito della sua proclamazione a speaker della Camera Usa, dove si è congratulato con il suo omologo statunitense. Già in quell’occasione si era notata l’intesa tra i due politici data che la telefonata è arrivata proprio nel momento in cui l’estrema destra si è rivoltata contro il repubblicano tentando di arrestare la sua elezione.
L’unico rappresentante della Camera statunitense che ha avuto modo di parlare al plenum della Knesset in precedenza è stato, nel 1998, Newt Gingrich. Si tratta di un’occasione molto importante, sopratutto dopo le recenti opinioni discordanti che hanno generato malcontento tra le autorità Israeliane. Anche il primo ministro Netanyahu ha precisato che Israele non si sarebbe lasciato persuadere nel compiere una scelta se quella non fosse data ritenuta pienamente la decisione giusta, nemmeno dagli alleati.
Ohana ha riferito, riguardo al discorso che terrà McCarthy al plenum della Knesset israeliana, che: “Questo è un segno e una testimonianza del legame forte e indissolubile tra Israele e il suo più stretto alleato, gli Stati Uniti d’America”. Per quanto riguarda invece l’ufficio statunitense da rappresentante usa non è stata rilasciata invece nessuna dichiarazione in merito al viaggio del funzionario In Israele.”
Dopo la dichiarazione rilasciata dal presidente Biden, in merito al fatto che ritenesse opportuno che Netanyahu si adoperasse per fermare la legislazione giudiziaria in atto altrimenti avrebbe rischiato di veder cadere Israele in una guerra civile che avrebbe fatto a pezzi la popolazione ma anche le stesse istituzioni, McCarthy ha deciso invece di schierarsi a sostegno del primo ministro Netanyahu.
In quella dichiarazione effettuata dall’attuale presidente degli Stati Uniti è stata aggiunta anche una precisazione dallo stesso Biden che, per sollecitare una mossa da parte di Netanyahu, ha affermato che, alla luce dei fatti correnti, non avrebbe invitato il primo ministro di Israele a Washington.
McCarthy ha dichiarato pubblicamente in merito che: “Il primo ministro Netanyahu è un patriota israeliano, statista e, soprattutto, un grande amico degli Stati Uniti d’America. Le società libere hanno un dibattito vigoroso e aperto. Israele non fa eccezione. Sostengo il primo ministro Netanyahu e il sostegno dell’America alla democrazia forte e vibrante di Israele è incrollabile. Ora è un momento importante per gli americani di stare insieme a sostegno della nostra lunga, reciproca e importante amicizia con Israele”.
Anche la senatrice repubblicana Lindsey Graham ha incontrato Netanyahu, lo scorso martedì, e ha trasmesso in quell’occasiine anche ciò che le era stato comunicato nel precedente viaggio in Arabia Saudita, dove sembra che se siano riusciti a trovare una soluzione ai problemi diplomatici in atto tra Riyadh e Tel Aviv durante l’incontro mediato dalle autorità statunitensi.
Il rappresentante della minoranza alla camera Jeffries ha ricevuto aspre critiche, la scorsa settimana a seguito di un editoriale risalente agli anni 90 che il politico ha parlato del leader della Nation of Islam, Louis Farrakhan sarà presente nella delegazione statunitense che atterrerà in territorio israeliano.
Sono previsti anche momenti di incontro dedicati ai colloqui inerenti alla violenza scaturita tra Palestina e Forze di Sicurezza israeliane.
Anche il governatore della Florida DeSantis sarà ad Israele per un viaggio che stato descritto come un piano appositamente studiato in previsione della candidatura per diventare l’esponente repubblicano alle elezioni presidenziali previste per il 2024 negli Stati Uniti.
Nell’ultimo periodo si è visto un cambiamento nei rapporti diplomatici internazionali è inevitabile osservare il raffreddamento tra le relazioni bilaterali Israele e Stati Uniti. Questo nonostante non siano avvenute azioni violente o siano state dette parole sconveniente.
Le azioni intraprese dal governo di Netanyahu e dai suoi ministri di estrema destra hanno generato un meccanismo che ha attirato le critiche internazionali sia per la questione interna inerente alla revisione giudiziaria, che nella sostanza priva del potere la Corte Suprema d’Israele, ma anche in merito alla questione internazionale che vede le Forze di Sicurezza israeliane continuano ad effettuare raid in luoghi ritenuti basi delle milizie islamiche, ma colpendo anche civili e insistendo nonostante le raccomandazioni di mantenere un equilibrio per evitare il collasso del Medio Oriente e una terza intifada palestinese.
Né le raccomandazioni da parte delle Nazioni occidentali ma nemmeno quelle pervenute dalle regioni confinanti hanno fatto indietreggiare il primo ministro in merito alla riforma. Ma ha dovuto cedere però davanti a centinaia di migliaia di israeliani scesi per le strade del Paese che avrebbero sicuramente portato ad una guerriglia civile, data la violenza che si è chiaramente manifestata nelle ultime settimane, di contrasti e scontri accesi.
L’aver stoppato momentaneamente la revisione legislativa israeliana, secondo molti analisti politici, è un rimandare il problema che si ripresenterà tra poche settimane e si potrebbe assistere a una reazione peggiore di quello che è successo negli ultimi mesi. Ora è molto chiaro che il contrasto tra milizie islamiche e filo iraniane, che sono sostenute da Teheran e sono dislocate anche in Libano e Siria e al loro interno comprendono anche le milizie di Hamas ed Hezbollah, non rinunceranno a vendicare i musulmani colpiti mentre pregavano all’interno della moschea di Al-Aqsa.
Mentre accade tutto questo l’operazione della polizia israeliana contro il terrorismo islamico chiamata Break the Wave prosegue e si apprende che anche il 18 aprile è stato effettuato un raid nella zona di Jenin, dove sono scoppiati scontri che in realtà non sono mai scemati del tutto da giorni. Il nervosismo è esploso e nonostante si provi a mantenere equilibrio anche con l’intervento delle delegazioni internazionali è difficile soffocare il malcontento popolare che è stato fomentato negli ultimi mesi.
C’è attesa in merito alle parole che saranno pronunciate da McCharty ma anche timore in merito alla posizione che assumeranno le autorità Islamiche che vedono come ostili sia gli Usa che Israele.
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