Poco più di un anno fa il Governo reintroduceva la mediazione obbligatoria per la maggior parte delle controversie civili e commerciali dopo che la normativa di riferimento era stata dichiarata costituzionalmente illegittima per eccesso di delega. Risultato: seppur in via sperimentale per quattro anni, la mediazione è oggi condizione di procedibilità in materia di condominio, diritti reali, divisioni, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazioni, comodato, affitto di aziende, risarcimento di danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione a mezzo stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, con grande soddisfazione degli avvocati, fortemente rilanciati da un provvedimento che ne fa di fatto i primi esecutori.
A questo punto viene da chiedersi: e le separazioni e i divorzi? Per ora niente: nessuna legge (significativa), nessun albo e nessun ordine, nonostante in Italia esistano oltre 20.000 mediatori familiari, la cui professionalità è ormai ampiamente riconosciuta.
“Il problema della mediazione familiare – sosteneva già nel 2006 il dott. Gaetano Giordano – è affrontato con molta ipocrisia dagli operatori del settore. Si afferma che la mediazione per funzionare debba essere spontanea e liberamente scelta. Questo assunto è il frutto di una logica schizofrenica nella quale il ruolo del figlio nel conflitto e il fine della mediazione vengono arbitrariamente ridefiniti una volta in un senso e una volta all’opposto. Sostenere che la mediazione familiare non debba essere obbligatoria conviene infatti a chi vuole continuare a praticare con ottimi guadagni il ruolo di consulente tecnico di parte (o d’ufficio) nei contenziosi familiari. La mediazione familiare dovrebbe diventare invece T.S.O. (e cioè proprio “Trattamento Sanitario Obbligatorio”) quando la conflittualità fra i genitori si rivela, nel singolo caso, pericolosa per il minore. È troppo comodo lasciare la possibilità di cercare o no un’intesa a due persone che sono disposte a scannare il figlio pur di farsi male, soprattutto laddove uno ha fondati interessi a non ottenere alcun accordo. In altri termini, la mediazione familiare obbligatoria è una tutela non per gli adulti, ma per il minore che non ha strumenti di difesa (…)”.
E non è certo d’aiuto l’ostruzionismo degli avvocati che, contrariamente a quanto accaduto per la mediazione civile e commerciale, continuano a fare muro rispetto all’ipotesi che un’altra categoria professionale possa intaccare il loro monopolio sulla gestione del conflitto familiare.
Nel frattempo in Norvegia la mediazione familiare è obbligatoria dal 1993, dal 2011 la Gran Bretagna prevede l’obbligatorietà di quella preventiva (almeno un incontro antecedente all’instaurazione del giudizio) e, proprio da questo mese, l’obbligo di mediare vige anche in Croazia.
Insomma, mentre l’Europa fa decisi passi in avanti, noi restiamo indietro. Come sempre.
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