Meloni deve ancora sciogliere il nodo per il ministero del Tesoro

Ogni mattina, Giorgia Meloni si alza e sa che deve trattare. Con gli alleati e con quelle figure di spicco che lei ritiene indispensabili per il suo governo. È così da due settimane, da quando il suo partito ha vinto le elezioni del 25 settembre, superando tutti. Praticamente, l’unica certezza è che sarà lei alla guida del prossimo esecutivo, Sergio Mattarella permettendo.

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Giorgia Meloni – Nanopress.it

Per tutto il resto, la leader di Fratelli d’Italia gioca a tetris con i nomi che vorrebbe lei e quelli per cui spingono, invece, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. Al Mef, il nodo non è stato ancora sciolto, che collocazione da dare al numero uno della Lega rimane un problema, per non parlare, poi, di Licia Ronzulli. Il governo dei migliori, pure questo, si farà, ma quella che poteva essere una passeggiata, sta diventando una partita a perdere. E a vincere che non si sa chi sarà.

Meloni ha incassato un altro no per il ministero dell’Economia

Uno dei ministeri chiave, di Serie A direbbe qualcuno, ma forse è un po’ più da Champions League, è sicuramente quello di via XX settembre. Perché da lì, volenti o nolenti, passano i soldi, i dossier, quelli importanti. In un periodo, poi, in cui a gravare sulle spalle degli italiani ci sono la crisi energetica e quindi il caro delle bollette, e in cui si deve studiare con minuzia di particolari come si portano a casa i fondi del Pnrr, il ministero dell’Economia e delle Finanze è vitale.

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Giorgia Meloni – Nanopress.it

E Giorgia Meloni, la presidentessa del Consiglio in pectore lo sa. Lo sapeva anche da prima che le urne le restituissero quel 26% di voti che ha proiettato il suo partito a sbaragliare la concorrenza, anche quella dei suoi alleati. E infatti è da molto prima del 25 settembre che ha iniziato a corteggiare quelli che, a suo avviso, possono raccogliere al meglio il testimone che passerà Daniele Franco non appena suonerà la campanella.

Non è una novità: il ministro che lei avrebbe voluto al Tesoro è Fabio Panetta, board della Banca centrale europea. Dopo giorni di indecisione, però, la risposta dell’economista romano è arrivata, ed è stata un no – pare soprattutto perché non vuole confrontarsi con le richieste della Lega, come quella sulla flat tax. Ma se il rifiuto di Panetta è cosa nota, negli ultimi giorni un altro dei papabili ha risposto alla stessa maniera: anche Dario Scannapieco non farà parte del prossimo esecutivo.

Quindi: chi mettere alla guida di quel ministero chiave? Domenico Siniscalco è ancora in sella, ma pare che stia salendo anche Giancarlo Giorgetti, che tecnico non è, ma che ha comunque le competenze per svolgere il ruolo al meglio. Peccato che il vicesegretario del Carroccio non vada proprio d’amore e d’accordo con il suo numero uno, Matteo Salvini. Che, infatti, sembra abbia preso del tempo prima di dare il via libera.

Con l’ex ministro dello Sviluppo economico al Mef, potrebbe scendere le possibilità del Capitano di ottenere quel ruolo di peso nell’esecutivo che lui desidera. Perché, anche se è vero che il sogno Viminale è andato in frantumi, un posto all’Agricoltura o alle Infrastrutture, da accompagnare a quello di vicepremier, sarebbe un ottimo compromesso. Ma anche là, Meloni frena.

E poi ci sono le presidenze di Camera e Senato. Rispetto a ieri, che comunque era domenica, su quel fronte non ci è mosso niente. Da Fratelli d’Italia propongono Ignazio La Russa a Palazzo Madama e accetterebbero Riccardo Molinari, capogruppo della Lega, a Montecitorio. Il partito di Salvini, dal canto suo, vorrebbe che al Senato ci andasse Roberto Calderoli, e per l’altro ramo del Parlamento si farebbero andare bene Fabio Rampelli.

Questa, tra l’altro, è la questione più urgente perché giovedì ci sarà la prima riunione della nuova legislatura, e all’ordine del giorno c’è proprio la nomina dei due numeri uno. Non solo, però, perché una volta completate quelle tessere, si potrà andare avanti a completare le altre, con il tempo, che ora, inizia a stringere.

Berlusconi nega che per la formazione del governo Meloni siano stati messi veti

E poi c’è Licia Ronzulli. La consigliera di Silvio Berlusconi, per cui il Cav si dice voglia un ruolo di rilevanza nell’esecutivo a guida Meloni, divide la leader di Fratelli d’Italia da Forza Italia. Come sempre accade, però, sono i diretti interessati a smentire che ci sia della maretta.

In un’intervista al Giornale, l’ex premier milanese ha spiegato come non ci sianoliste della spesa” nel suo partito che, invece, metterà a disposizione “i suoi migliori parlamentari, da impiegare al meglio nel quadro di un assetto complessivo della squadra di governo“.

Non solo: Berlusconi ha anche precisato come “a differenza di quanto si legge, non esistono, non possono esistere, fra partiti alleati, veti o pregiudiziali verso qualcuno“, perché sarebbe inaccettabile, e poi sul metodo ha detto che non si procederà con il manuale Cencelli. Ovvero non ci si spartirà “i posti di governo secondi i pesi delle singole forze politiche, ma utilizzeremo come primo criterio di scelta, l’efficienza, la concretezza, la capacità di lavoro dimostrata nel tempo da ciascun candidato“.

D’altronde, secondo quanto ricostruito da Repubblica, è proprio questo che ha fatto pesare il Cav nelle trattative con quella che diventerà la prima premier donna della storia dell’Italia. “Fammi la cortesia di ricordarmi tutti gli statisti del tuo partito che avresti in mente per il governo. Elencameli uno a uno, per cortesia!“, avrebbe detto a Meloni.

In un clima non proprio sereno, la partita si deve chiudere. Che poi ci sarà da pedalare, e tanto.

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