Le manifestazioni contro la controversa riforma del sistema giudiziario israeliano sono entrate questa settimana nella loro 30esima settimana. Sabato scorso le proteste si sono svolte in oltre 150 località di Israele, da nord a sud. I dimostranti accusano il governo di voler minare l’indipendenza della magistratura e la democrazia con la riforma. Il governo replica che si tratta di un adeguamento necessario per riequilibrare i poteri dello Stato.
Le proteste contro il governo e le sue scelte proseguono ormai da mesi a Israele, nonostante le modifiche apportate alla riforma giudiziaria originale per provare a placare il dissenso nato. Rimane attivo lo scontro tra governo e opposizione, mentre cresce tensione e nervosismo all’ interno della società israeliana.
Nel frattempo si è anche sollevata preoccupazione dopo le parole pronunciate dal leader di Hezbollah, che ha volutamente minacciato Israele di ripercussioni se le provocazioni al confine tra Libano e Israele proseguono.
Il movimento di protesta contro la riforma giudiziaria del governo Netanyahu si sta preparando alla consueta manifestazione di massa del sabato sera.
Si tratta del primo fine settimana dopo l’approvazione della controversa legge sulla ragionevolezza, che va a limitare il controllo della magistratura sulle decisioni del governo e ha sollevato nervosismo ulteriore e la possibilità di una reale catastrofe all’interno del Paese, stando a quanto riferito dall’opposizione politica.
Si tratta della prima legge approvata, di una serie di proposte legislative, che riformeranno radicalmente il sistema giudiziario israeliano. I dimostranti, che manifestano da mesi, si oppongono a queste riforme e accusano il governo di Netanyahu di voler minare la democrazia.
Il governo ha risposto a queste accuse spiegando che si tratta di una manovra necessaria a ristabilire un equilibrio dei poteri dello stato. Le proteste proseguiranno nei prossimi giorni, con un acceso scontro tra governo e opposizione mentre cresce la polarizzazione nella società israeliana.
È inevitabile osservare malcontento globale in merito a questa discussa legge, già approvata lunedì scorso ed entrata in vigore mercoledì, che va a limitare l’utilizzo dello standard sulla ragionevolezza e pertanto rende quasi impossibile contestare le decisioni dei giudici.
L’opposizione politica e il popolo israeliano non hanno intenzione di rinunciare alla democrazia creata con anni di sacrifici. Molte categorie della società di Israele compresi riservisti dell’esercito, medici e avvocati hanno messo in discussione la loro disponibilità minacciando scioperi prolungati, se il governo Netanyahu continua a procedere con questa riforma della giustizia di Israele.
Le proteste contro la riforma della giustizia in Israele sono culminate lunedì sera in manifestazioni furiose, dopo che la Knesset ha approvato la controversa legge sulla “ragionevolezza” che limita i poteri della Corte Suprema.
Migliaia di persone sono scese in piazza in diverse città, dando vita a scontri molto accesi tra manifestanti e polizia, con scene di violenza che hanno fatto il giro del mondo. Una tensione che rischia di fare molto male all’intera Nazione e compromettere il futuro di Israele.
La polizia israeliana hanno reagito con una repressione senza precedenti, usando manganelli, cannoni ad acqua e granate assordanti. Sono stati effettuati molti arresti e la situazione ha richiesto molte ore prima di placarsi.
Le immagini della polizia che trascina con violenza i dimostranti hanno ricevuto dure critiche in merito alla scelta di imporsi così duramente contro il popolo in protesta.
Giovedì una nuova imponente manifestazione a Tel Aviv si è svolta tra tensione e timore e sono state dispiegate massicce forze di sicurezza schierate. Stavolta però non si sono stati registrati incidenti e la protesta è finita intorno alla mezzanotte.
Ma la situazione resta preoccupante mentre il governo Netanyahu procede spedito con il pacchetto di riforme della giustizia, tra proteste dell’opposizione e una forte opposizione da parte di molte categorie necessarie alla quotidianità del Paese.
Per sabato sera sono previste nuove imponenti manifestazioni in diverse città di Israele contro la riforma della giustizia. A Tel Aviv è stata organizzata una marcia che partirà dalla stazione ferroviaria Savidor e arriverà in Kaplan Street, dove alle 20 si terrà un grande comizio di protesta.
Contemporaneamente i dimostranti si raduneranno anche nei pressi della residenza del premier Netanyahu in Azza Street a Gerusalemme, a partire dalle 19:15.
Le proteste infuriano in tutto il paese da gennaio, da quando la coalizione di Netanyahu ha annunciato il pacchetto di riforme della magistratura.
La revisione della giustizia sta ricevendo anche pesanti critiche internazionali. L’ultima copertina di Der Spiegel mostra una protesta repressa con i cannoni ad acqua, con il titolo: “La democrazia israeliana sta morendo? Un paese lotta per il suo futuro”.
Le contestate riforme della giustizia volute dal governo Netanyahu continuano a far infuriare le piazze.
I contrari alla riforma denunciano che la rimozione dello standard di ragionevolezza spalancherà le porte a corruzione e nomine clientelari ai vertici dello Stato. Ma la destra religiosa continua a spingere per proseguire con decisione nel rivoluzionare la magistratura, sebbene il premier dichiari di voler cercare un consenso più ampio sulle prossime misure.
Intanto il movimento che protesta promette battaglia ed è pronto a tornare in strada.
Crescono anche le denunce di violenze e soprusi da parte delle forze dell’ordine, che reprimendo le proteste avrebbero impedito ai fermati l’accesso tempestivo agli avvocati. Il clima è incandescente e la democrazia israeliana così come la conosciamo rischia di sparire mentre il Paese si interroga sul futuro tra crescenti timori.
Una situazione che ha attirato l’attenzione delle autorità internazionali che temono un escalation della tensione ma anche una crisi internazionale ancora più profonda data la strada intrapresa nei confronti del popolo palestinese.
L’approvazione della prima legge di riforma della giustizia ha provocato forti reazioni, per esempio diverse agenzie di rating internazionali hanno lanciato allarmi sui rischi per l’economia israeliana.
Netanyahu e altri esponenti del governo hanno respinto le critiche. Il ministro delle Finanze Smotrich ha duramente criticato le proteste anti riforma.
Un sondaggio mostra che oltre un quarto degli israeliani sta valutando di lasciare il Paese. Più della metà teme che la riforma danneggi la sicurezza e rischi una guerra civile.
Dopo il voto è nato un gruppo WhatsApp di medici dove vengono dispensati consigli sull’emigrazione, con oltre 3000 iscritti. Un funzionario del Ministero della Salute li ha supplicati di restare.
Un rapporto rivela che il 70% delle startup sta spostando capitali e attività fuori da Israele per l’incertezza attuale.
C’è grande preoccupazione per l’impatto politico ed economico ma anche sociale della riforma. Il malcontento nella popolazione è palpabile, mentre aumentano le spinte centrifughe che rischiano di provocare una fuga di cervelli e capitali.
Il New York Times riporta un boom di richieste di trasferimento dall’Israele verso l’estero presso la società Ocean Group. Il 90% delle domande riguarda partenze da Israele.
Il manager Obazanek ha parlato di “domanda estrema e straordinaria” e non più di opportunità lavorative. Le persone sono disposte ad abbassare il tenore di vita pur di andarsene, secondo il NYT.
Anche i consulenti finanziari ricevono molte richieste su come trasferire beni e riaprire conti all’estero. C’è chi vende casa a Tel Aviv e converte in dollari metà del ricavato. Le notizie riferiscono che si sta diffondendo la psicosi di dover trovare una via di fuga prima che sia troppo tardi.
È riportato un aumento importante di acquisti di immobili in Grecia e Cipro come piano B. La controversa riforma della giustizia sta innescando dunque ondate di panico e spinte emigratorie tra fasce abbienti della popolazione, che temono derive autoritarie.
Mentre emerge tutta questa tensione a causa delle scelte governative interne nella politica israeliana da parte del governo italiano la pervenuta anche una chiara minaccia di ripercussioni da parte del leader di Hezbollah che ha voluto avvisare Netanyahu.
Hassan Nasrallah, leader dell’organizzazione terroristica libanese Hezbollah, ha pronunciato sabato pesanti minacce contro Israele.
Ha definito Israele una “ghiandola cancerosa” che deve essere rimossa, affermando, inoltre, che l’intero Medio Oriente non si fermerà finché ciò non accadrà.
Nasrallah ha anche sottolineato che i palestinesi credono sempre di più nella resistenza e nell’asse della resistenza, riferendosi all’asse anti-israeliano.
Ha ribadito che Hezbollah sostiene i palestinesi con tutti i mezzi in suo possesso. Le parole del leader filo iraniano confermano la dura retorica anti-israeliana di Hezbollah e il sostegno all’opzione militare contro Israele, vista come un corpo estraneo da eliminare.
Nasrallah ha commentato la visita del ministro Ben Gvir al Monte del Tempio in occasione di Tisha Be’Av, azione che ha suscitato malcontento nel mondo islamico.
Ha affermato che “il nemico deve ascoltare una posizione decisiva da parte di tutti i musulmani”.
Nel suo discorso, il leader di Hezbollah ha anche avvertito il premier Netanyahu di “guardarsi da ogni sciocchezza”. La resistenza libanese, ha detto Nasrallah, “non sarà compiacente e non abbandonerà le sue responsabilità di protezione o deterrenza”, facendo riferimento alle tensioni lungo il confine tra Israele e Libano.
Le parole di Nasrallah esprimono una forte ostilità verso Israele e la volontà di reagire ad eventuali azioni israeliane percepite come minacce, sulla scia delle crescenti tensioni tra i due paesi confinanti. Il leader di Hezbollah ribadisce il suo sostegno militare ai palestinesi contro Israele.
All’inizio di luglio ci sono state tensioni al confine tra Israele e Libano. Soldati israeliani hanno utilizzato colpi di avvertimento e misure di dispersione per allontanare circa una ventina di libanesi che avevano attraversato 80 metri in territorio israeliano nell’enclave del Monte Dov.
Tra loro pare ci fosse anche un parlamentare libanese.
Due settimane prima Israele aveva colpito obiettivi in Libano dopo il lancio di un missile anticarro da territorio libanese verso il villaggio di Ghajar, diviso tra i due Paesi.
Gli incidenti non fanno altro che conferma la situazione di forte instabilità al confine, con ripetute violazioni della linea di demarcazione da entrambe le parti. C’è timore che eventuali azioni avventate possano far precipitare il conflitto tra Hezbollah e Israele.
Commentando i recenti avvenimenti a Ghajar, Nasrallah ha lanciato un avvertimento a Israele. Ha dichiarato che il Libano manterrà un atteggiamento aggressivo finché Israele occuperà parti del territorio libanese. Il leader di Hezbollah ha quindi minacciato nuove azioni finché Israele non si ritirerà dalle zone contese, alimentando le tensioni tra Libano e Israele.
Le sue parole confermano la politica aggressiva e anti-israeliana di Hezbollah. Ogni incidente viene interpretato come una provocazione e un pretesto per attacchi contro Israele.
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