Migliaia di manifestanti hanno marciato per le strade di Israele sventolando bandiere blu e bianche per protestare contro la controversa riforma giudiziaria proposta dal primo ministro Netanyahu. I dimostranti, provenienti da tutto il Paese, hanno gridato slogan contro quella che considerano un’inaccettabile delegittimazione del sistema legale israeliano nella nuova Giornata della resistenza. Herzog ha incontrato il presidente Usa Biden alla Casa Bianca ed è arrivata anche una promessa del primo ministro Netanyahu fatta al leader Usa.
La folla ha attraversato il centro di Gerusalemme fino a piazza Zion, dove si sono tenuti comizi di rappresentanti del popolo e dei partiti di opposizione. Tutti concordi nel chiedere il ritiro immediato del discusso disegno di legge, visto come un pericoloso attacco all’indipendenza della magistratura.
Il governo Netanyahu sostiene che la riforma ha lo scopo di correggere uno squilibrio di poteri a favore dei giudici, ma per i suoi oppositori si tratterebbe di un piano studiato per indebolire la giustizia e garantirsi l’impunità nei processi a carico del premier. Le proteste proseguiranno finché la legge non verrà accantonata secondo quanto riferito dai manifestanti e dagli organizzatori.
La controversa e discussa riforma del sistema giudiziario israeliano, voluta dal premier Netanyahu e dai suoi ministri, ha innescato una profonda crisi istituzionale e sociale a Israele. La riforma è stata presentata dal governo come passo necessario al riequilibrio tra poteri dello Stato, ma è vista dagli oppositori come un attacco all’indipendenza della magistratura che va a consegnare il potere alla classe politica.
In sei mesi di scontri, la riforma ha contribuito ad accrescere la preoccupazione degli Stati Uniti per la coalizione di estrema destra che guida Israele. In particolare, il disegno di legge approvato in prima lettura va a indebolire il potere della Corte Suprema e di fatto va anche ad annullare decisioni dell’esecutivo, oltre a dare più voce e possibilità di manovra al governo nelle nomine dei giudici.
Prima di diventare legge effettiva, la riforma dovrà passare altre due votazioni attese entro fine mese. Ma le proteste in corso in tutto il paese testimoniano la ferma opposizione di ampi settori della società israeliana, che sono decisi a contrastare quella che ritengono una pericolosa deriva antidemocratica. Molti riservisti militari appartenenti a diverse sezioni delle forze dell’ordine minacciano di non presentarsi in servizio ma anche i sanitari hanno avanzato l’ipotesi di scioperi.
La riforma della giustizia promossa dalla coalizione del premier Netanyahu ha spaccato, come mai prima, la società israeliana, facendo emergere un imponente movimento di protesta. Il provvedimento, che ridurrebbe l’indipendenza della magistratura, è stato presentato dal governo come necessario e viene portato avanti nonostante le ammonizioni internazionali.
Dopo mesi di mobilitazioni, martedì 18 luglio è stata organizzata la nuova Giornata della resistenza di Israele, che ha mostrato il malcontento di migliaia di persone che hanno bloccato strade e luoghi nevralgici in quello che è stato definito “giorno dell’interruzione“. L’obiettivo è far deragliare l’iter della legge, il cui voto finale è atteso la prossima settimana prima della pausa estiva.
Oltre ai partiti di minoranza, anche i vertici di sindacati, associazioni imprenditoriali e lo stesso establishment militare hanno preso posizione contro la riforma.
Uno sciopero generale è stato ventilato qualora il piano andasse avanti. Ciò nonostante la maggioranza sembra determinata a concludere la riforma che rischia, secondo molti esperti, di gettare nel caos la Nazione.
Le proteste contro la discussa riforma della giustizia a Israele hanno visto nella giornata di martedì nuovi momenti di tensione tra manifestanti e forze dell’ordine. Alcuni dimostranti hanno bloccato il servizio ferroviario e tentato di interrompere la circolazione stradale in diversi punti del Paese.
La polizia è prontamente intervenuta per sgomberare le strade, pur ribadendo che continuerà a permettere la libertà di espressione purché nel rispetto della legalità e senza mettere in pericolo l’incolumità pubblica. Sono stati effettuati diversi arresti per disturbo dell’ordine e violazione dei regolamenti stradali.
In un caso un manifestante ha rotto un’asta di bandiera sulla testa di un agente durante l’arresto. Mentre a Tel Aviv una persona è stata fermata con l’accusa di aver aggredito un dimostrante a bordo di uno scooter. Le proteste proseguono in una situazione di crescente tensione tra attivisti e forze dell’ordine.
Centinaia di manifestanti si sono radunati anche davanti alla sede del tribunale rabbinico di Tel Aviv in King David Street. I dimostranti hanno circondato l’edificio facendo risuonare clacson, fischi e cori di protesta, tentando di bloccare la riforma che ridurrebbe i poteri della Corte Suprema.
La mobilitazione popolare contro la discussa revisione dell’ordinamento giudiziario prosegue ormai da mesi in Israele. Ma con la Knesset in procinto di andare in pausa estiva il 30 luglio, le prospettive delle proteste appaiono incerte. Nella giornata di martedì, un manifestante ha anche fatto una scritta sul muro del tribunale rabbinico con la parola “vergogna“, a testimonianza della determinazione di ampi settori della società israeliana nel contrastare quella che ritengono una pericolosa deriva illiberale.
Il ministro della Difesa israeliano Smotrich ha dichiarato: “Oggi, quando di nuovo subirai il lavaggio del cervello come parte di una campagna contro il governo, ricordati di distinguere tra molti civili che sono preoccupati, preoccupati, di chi, siamo consapevoli della loro angoscia e per loro abbiamo interrotto il processo generale, al fine procedere con passi molto misurati pur invocando larghe intese; e una banda vocale che i media gonfiano a dismisura, che non invoca intese, non invita al dialogo, ma vuole soggiogare i 2,4 milioni di elettori dell’attuale coalizione ”.
Mentre la popolazione si oppone fortemente insieme all’opposizione politica alla riforma giudiziaria Israele sta tentando di ricucire i rapporti con Washington dopo un periodo di gelo diplomatico che ha mostrato una divisione insolita tra i due Paesi, storici alleati.
Mentre Herzog si trova a Washington per incontrare il presidente Biden, è emerso che, dopo mesi di attesa, è stato invitato anche Netanyahu. Il Jerusalem Post ha dichiarato che il primo ministro israeliano ha promesso al presidente Usa di congelare le pratiche avanzate sui nuovi insediamenti in Cisgiordania.
Una decisione del governo israeliano, che è stata criticata non soltanto da Washington ma da moltissime autorità globali, che ritengono l’espropriazione del suolo palestinese per la costruzione di villaggi israeliani una violazione dei diritti della popolazione In Cisgiordania.
La visita del presidente israeliano Isaac Herzog alla Casa Bianca ha lo scopo di sottolineare la forza del legame tra Stati Uniti e Israele, in occasione dei 75 anni dalla fondazione dello stato ebraico.
Ma i colloqui nello Studio Ovale potrebbero anche evidenziare le persistenti tensioni tra il presidente Biden e il premier Netanyahu, che non ha ancora effettuato una visita a Washington da quando è tornato al governo.
I contrasti tra i due leader riguardano in particolare la controversa riforma della giustizia promossa da Netanyahu, nonché posizioni considerate estremiste assunte da alcuni ministri del suo governo di destra. Anche le politiche di espansione degli insediamenti in Cisgiordania hanno attirato critiche dagli Usa.
L’incontro sicuramente andrà a sottolineare le divergenze tuttora aperte tra Biden e il governo israeliano su questioni considerate sensibili per gli equilibri in Medio Oriente, ma già la decisione di stoppare gli ampliamenti in Cisgiordania è qualcosa che va a giovare enormemente alla popolazione locale.
Anche il conflitto con i palestinesi, come citato, ha rovinato le relazioni bilaterali e Washington ha espresso dissenso verso le politiche considerate unilaterali del governo Netanyahu su un tema delicato come quello degli insediamenti nei territori occupati.
In un tentativo di allentare le tensioni, la Casa Bianca ha annunciato che Biden e Netanyahu si incontreranno nei prossimi mesi negli Stati Uniti. Tuttavia non è chiaro se si tratterà del tipo di vertice che Netanyahu ha a lungo cercato e che, invece, vedrà protagonista il presidente Herzog.
Accogliendo Herzog, la cui carica è prevalentemente cerimoniale, Biden ha l’opportunità di ribadire le sue credenziali filo-israeliane, nonostante le profonde preoccupazioni per la leadership di Netanyahu.
Nell’incontro alla Casa Bianca con il presidente israeliano Herzog, Biden ha voluto ribadire la solidità del legame tra Stati Uniti e Israele e ha definito l'”amicizia indissolubile” e ha descritto come “ferreo” l’impegno americano per la sicurezza dello stato ebraico.
Biden ha sottolineato il ruolo avuto dalla sua amministrazione nel convincere l’Arabia Saudita ad aprire il proprio spazio aereo ai voli israeliani, affermando però che c’è ancora molto lavoro da fare per normalizzare le relazioni tra Israele e il mondo arabo.
Il presidente americano ha poi confermato la determinazione a impedire all’Iran di dotarsi di armi nucleari. Herzog ha ringraziato Biden a nome di Israele per il sostegno dimostrato negli ultimi 50 anni, respingendo le speculazioni di presunte crepe nell’alleanza tra i due Paesii.
Nonostante divergenze su alcuni dossier, il vertice ha voluto esibire la solidità del rapporto strategico tra Stati Uniti e Israele, ribadendo la comune visione sulle sfide regionali come la minaccia nucleare iraniana.
Herzog parlerà al Congresso Usa, in un raro discorso di un presidente israeliano. Alcuni democratici hanno però annunciato che boicotteranno l’intervento per protesta contro le politiche israeliane verso i palestinesi, in quella che è una situazione tesa.
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