Nella giornata di oggi si è svolto un durissimo scontro tra Governo ed opposizioni in Parlamento durante l’informativa urgente del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, sulle modifiche al Trattato sul Meccanismo europeo di stabilità. Nella sua relazione alla Camera dei Deputati, il premier ha confessato: “È noto che Salvini non studia i dossier, mi stupisco di Meloni”. Infatti nonostante la strenua opposizione di Salvini al MES di questi ultimi giorni, Conte ha ricordato come “nel Consiglio dei Ministri del 27 febbraio 2019 si parlò di MES e nessuno dei ministri presenti, compresi quelli della Lega, ha mosso obiezioni sul punto e, in particolare, sulla relazione da presentare alle Camere”.
Al termine della relazione ha risposto duramente la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni: “Dice che non si aspettava certe parole da me? Non mi stupisce la sua disonestà intellettuale nel non rivolgersi a Luigi Di Maio, seduto alla sua destra”. Il leader pentastellato, Luigi Di Maio, ha provato però a chiarire ai cronisti: “Non ho sfidato nessuno, ma non firmiamo al buio”. Nel frattempo nel tardo pomeriggio, complice anche l’assenza del leader del M5S durante la relazione al Senato di Conte, il leader leghista Salvini ha provato a prendersi la rivincita dello scorso 17 agosto quando venne letteralmente bersagliato di accuse dal premier al suo fianco nei banchi del Governo: “dallo scorso agosto avete fatto danni” rilanciando poi le accuse sul problema della ristrutturazione del debito pubblico e che “il Governo mente, decidete voi se mente il ministro dell’economia Gualtieri o il premier Conte”.
Nel frattempo altrettanto dura è stata la reazione del PD, che con il segretario Nicola Zingaretti ha denunciato le false teorie diffuse dal partito di Salvini: “La Lega vive alimentando paure. Quando era al governo, Matteo Salvini ha condiviso e approvato la riforma del fondo salva-Stati – dichiara il segretario dem – Ora, come al solito, diffondono teorie false per danneggiare l’Italia, la sua forza e credibilità, per allontanarla dall’Europa e indebolirla. Non lo permetteremo mai”. In tarda serata infine si svolgerà invece il Consiglio dei ministri, un lungo vertice di maggioranza per concordare le strategie del governo per affrontare le prossime tappe: la trattativa della riforma del MES in sede europea e il successivo voto in Parlamento per la ratifica, ormai da considerare slittato al 2020.
Il Meccanismo europeo di stabilità (MES), detto anche Fondo salva-Stati (in inglese European Stability Mechanism; ESM), è un’organizzazione internazionale a carattere regionale nata come fondo finanziario europeo per la stabilità finanziaria della zona euro, istituita dalle modifiche al Trattato di Lisbona. Il fondo è gestito dal Consiglio dei governatori formato dai ministri di Economia e Finanza dell’area euro, da un Consiglio di amministrazione (nominato dal Consiglio dei governatori) e da un direttore generale, con diritto di voto, nonché dal commissario UE agli Affari economico-monetari e dal presidente della BCE nel ruolo di osservatori. Il MES è alimentato dai soldi dei Paesi europei che servono, in caso di gravi crisi, ad evitare “l’aumento incontrollato dei rendimenti dei titoli pubblici” operato nei mercati finanziari, con conseguenze catastrofiche per Paesi come Spagna, Portogallo, Italia, Grecia ecc. Le misure del MES si sostanziano in prestiti a lunga e lunghissima scadenza a tassi agevolati, molto inferiori a quanto vengono di solito prezzati dagli investitori/prestatori. I “prestiti” utilizzati devono essere naturalmente rimborsati (nessuno degli Stati beneficiari è andato in default, anzi, tutti tranne la Grecia, che ha pagato interessi a un tasso inferiore al 2%, sono usciti con successo dai programmi MES) e nel frattempo producono dividendi.
Il negoziato sulla riforma inizia a dicembre 2018 ed è stato approvato dall’Italia nel giugno 2019 con il governo gialloverde. Nella fine del mese di giugno 2019 una risoluzione della maggioranza M5S – Lega decise di vincolare il governo a rifiutare accordi sul Mes «che finiscano per costringere alcuni Paesi verso percorsi di ristrutturazione predefiniti ed automatici». Automatismi nell’imporre default ai Paesi che chiedano un prestito dal fondo salva-Stati (Mes) erano stati effettivamente proposti da Germania, Olanda e altri, ma tale sistema nei mesi successivi è stato stralciato dagli accordi, quindi l’approvazione non aveva più ostacoli per il governo gialloverde. Al momento l’accordo non è stato ancora ratificato dal Parlamento italiano e la votazione, alla luce delle forti polemiche in atto, può ormai slittare di qualche mese.
Il MES è stato ratificato nel 2012 dal nostro Parlamento (anche con i voti dei parlamentari del Popolo delle Libertà). A partire dal 2017 in sede europea si è iniziato a discutere di una possibile revisione del trattato esistente. I Paesi europei hanno trovato un accordo politico preliminare nel giugno del 2019 (con il governo gialloverde in carica) sull’insieme delle correzioni da apportare e in vista del via libera ufficiale dei governi e della ratifica dei parlamenti dei singoli stati.
Come dimostrato da molti studiosi, come la professoressa Veronica De Romanis, e dai documenti disponibili dal servizio studi del Senato le parti contestate dalle opposizioni (ristrutturazione del debito, attivazione e funzionamento del MES) sono praticamente identiche al passato. Ed anche sulle perdite per i risparmiatori il rischio resta uguale a oggi.
L’innovazione principale è quella che vede il fondo assumere la funzione di paracadute finale (backstop) del fondo di risoluzione unico delle banche (SRF). Si tratta di una linea di credito da 70 miliardi, a cui i Paesi potranno accedere qualora i loro fondi nazionali per le risoluzioni bancarie (risorse delle banche e non pubblici) non siano sufficienti. Questa modifica aveva, tra l’altro, trovato il parere favorevole del governo gialloverde nelle parole del ministro per gli Affari Europei dell’epoca, Paolo Savona: «il governo ha sempre sostenuto la necessità del meccanismo di backstop».
Un’altra novità è l’introduzione di linee di credito precauzionali più efficaci, ovvero utilizzabili in caso un Paese venga colpito da uno shock economico e voglia evitare di finire sotto stress sui mercati. Tali linee sono la Precautionary Conditioned Credit Line (Pccl) e la Enhanced Conditions Credit Line (Eccl). In caso di utilizzo la novità è che non si dovrà firmare un Memorandum, come quello che firmò la Grecia e che conteneva condizioni molto rigide, ma si firmerà una lettera d’intenti che assicura il rispetto delle regole del Patto di stabilità.
Alla luce dei lunghi negoziati condivisi da tutte le forze politiche e delle modifiche marginali passate, in molti sono rimasti sopresi dall’enorme polemica sfociata all’annuncio del passaggio dell’accordo all’approvazione formale. Esemplari sono ad esempio le parole di Fabio Panetta, direttore generale della Banca D’Italia, che ha detto: “tutta questa agitazione non l’ho capita, per noi non cambia nulla. Dal punto di vista tecnico ciò che c’era nel vecchio meccanismo lo ritroviamo adesso”.
A prescindere dalle posizioni ideologiche – pro o contro il MES e l’integrazione europea – occorrerebbe sempre che si facesse informazione corretta. La prima accusa fatta al Meccanismo Europeo di Stabilità è che si prefigura come l’ennesimo escamotage ideato dai tedeschi per rubare i soldi ai cittadini italiani per salvare le banche tedesche e francesi. Controllando le carte, l’Italia è il terzo Paese per ammontare del contributo versato al fondo con circa 14 miliardi dei 125 previsti. Guidano la classifica Germania e Francia con 27 (di 190 sottoscritti) e 20 (su 142) miliardi, che versano quindi più di noi. Appare chiaro che Francia e soprattutto Germania non sembrano essere a rischio di aiuti da parte del MES, anche alla luce delle condizioni estreme di necessità che ne determinano l’intervento, nonostante siano i due maggiori contributori. Alcuni esponenti dell’opposizione hanno parlato specificatamente della possibilità di salvataggio della Deutsche Bank, banca tedesca ritenuta sistemica, che proprio per sua natura, in caso di crisi, sarebbe oggetto di un salvataggio pubblico non contravvenendo al cosiddetto bail-in (salvataggio interno), escludendo qualsiasi intervento lato MES.
Un’altra accusa al MES è che il Fondo salva-Stati non è un ente politico ma un gruppo di tecnocrati che non risponde a nessuno. Come spiegato in precedenza però il consiglio di amministrazione del MES è formato dai 19 governi dell’Eurogruppo e dai relativi ministri delle finanze.
Una delle accuse più dure al MES viene dal leader leghista Matteo Salvini che rivolgendosi al presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha detto: “Il Trattato Mes potrebbe comportare una confisca dei conti correnti bancari italiani”, inoltre “l’unica via è la ristrutturazione del debito, questo significa annientare il 20 o il 30 per cento del risparmio privato. Cioè se avete Bot o Btp che oggi valgono dieci vi tagliano il 20-30%”. Sempre dal confronto con il testo si può notare però che né nel testo originario, né in quello modificato si parla esplicitamente di obbligo di ristrutturazione del debito. Qualora si voglia farlo si dovrà comunque ricorrere ad una votazione con maggioranza qualificata dell’85% del capitale. L’Italia, avendo il 17,7%, potrà sempre porre il veto. Tradotto: nessuno potrà imporre la ristrutturazione del debito italiano senza il consenso dell’Italia. Tra l’altro, l’idea di utilizzare, attraverso una tassazione, i risparmi degli italiani nelle cassette di sicurezza fu un’idea dello stesso Matteo Salvini che, nello scorso giugno (nei giorni in cui il governo gialloverde approvava lo stesso MES, oggi pietra dello scandalo), propose una patrimoniale per realizzare le sue promesse su Flat Tax e Quota 100 dicendo che chiedeva “semplicemente di usare in maniera diversa, con tempi e modi diversi la ricchezza italiana che c’è. La ricchezza italiana è ferma nei conti correnti e nel risparmio privato, facciamo usare, liberiamola”. L’impressione è quindi che in molti hanno pensato tanto per giungere ad una confusione.
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