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Un pensiero commosso, in questo Natale che vede “tante lacrime, come quelle di Gesù Bambino” per i bambini. Nella tradizionale benedizione Urbi et Orbi, Papa Francesco davanti a 80mila persone che hanno riempito piazza San Pietro, ha voluto ricordare le tante, troppe piccole vittime innocenti di guerra e violenza e non solo. “Il mio pensiero va a tutti i bambini uccisi e maltrattati”, da quelli “uccisi prima di vedere la luce” ai “bambini sfollati, abusati, sfruttati sotto i nostri occhi e il nostro silenzio complice. Ai bambini massacrati sotto i bombardamenti anche là dove è nato Gesù. Ancora oggi – dice il Pontefice con voce ferma ma commossa – il loro silenzio impotente grida sotto la spada di tanti Erode, sopra il loro sangue campeggia oggi l’ombra degli attuali Erode”.
A loro Papa Francesco rivolge un pensiero speciale: “Gesù salvi i troppi fanciulli vittime di violenza, fatti oggetto di mercimonio e della tratta delle persone, oppure costretti a diventare soldati”. Dal balcone della benedizione ha ricordato le vittime dell’attentato talebano in Pakistan, ha volto un pensiero per i “nostri fratelli in Iraq, quelli in Libia che soffrono la guerra, e altri gruppi etnici e religiosi che patiscono persecuzioni brutali”.
Il Pontefice chiede che “ci sia speranza per i profughi e rifugiati, bambini e anziani, muti l’indifferenza in vicinanza e il rifiuto in accoglienza, perché quanti ora sono nella prova possano ricevere i necessari aiuti umanitari per sopravvivere alle rigidità dell’inverno, fare ritorno nei loro Paesi e vivere con dignità”.
Non c’è solo il Medio Oriente nei pensieri di Papa Francesco: ci sono l’Africa e le terre del continente dove la violenza del fondamentalismo continua a mietere vittime, le guerre spesso dimenticate. Ci sono i malati di ebola e quei volontari che combattono il virus in Liberia, in Sierra Leone e in Guine; infine un pensiero anche per l’Ucraina a cui, chiede il Papa, Dio “conceda a quell’amata terra di superare le tensioni, vincere l’odio e la violenza e intraprendere un nuovo cammino di fraternità e riconciliazione”.
Il Papa alla Messa di Natale: ‘Il mondo ha bisogno di tenerezza’
Il mondo ha bisogno di tenerezza. È questo il messaggio che Papa Francesco affida ai fedeli nella messa di Natale in Vaticano, accompagnato dalla Messa in Do minore di Mozart che il Pontefice ascolta assorto in ginocchio perché “è insuperabile, ti porta a Dio”. Dopo la processione, il Papa porta il Bambino nel presepe di persona e inizia la sua omelia incentrata su una delle parole care al suo messaggio, la tenerezza appunto. “Quanto bisogno di tenerezza ha oggi il mondo”, dice Papa Francesco dal pulpito. Il Natale diventa il momento in cui celebrare il “miracolo di quel bambino-sole che rischiara l’orizzonte sorgendo dall’alto”. Il messaggio che l’uomo si aspettava, “quello che tutti cercavano nel profondo della propria anima, non era altro che la tenerezza di Dio: Dio che ci guarda con occhi colmi di affetto, che accetta la nostra miseria, Dio innamorato della nostra piccolezza”.
“Egli ha assunto la nostra fragilità, la nostra sofferenza, le nostre angosce, i nostri desideri e i nostri limiti”, ricorda il Papa che il giorno prima ha voluto rivolgersi ai cristiani in Medio Oriente, una spina nel cuore del Pontefice. “ Voi siete come Gesù nella notte del Suo Natale: per lui non c’era posto, è stato cacciato via, è dovuto fuggire in Egitto per salvarsi”, ha detto al telefono ai profughi di Ankawa, in Iraq, pensando in particolare al “dolore innocente dei bambini“, i vivi e i morti, simbolo delle sofferenze di quella terra tormentata.
Il Natale è per i fedeli la guida, ciò che permette di andare alla “casa di Dio attraversando le tenebre che avvolgono la terra, ma guidati dalla fiamma della fede che illumina i nostri passi e animati dalla speranza di trovare la grande luce”.
La storia del mondo fin dalle origini ha visto “violenze, guerre, odio, sopraffazione. Ma Dio, che aveva riposto le proprie attese nell’uomo fatto a sua immagine e somiglianza, aspettava. Egli ha atteso talmente a lungo che forse ad un certo punto avrebbe dovuto rinunciare. Invece non poteva rinunciare, non poteva rinnegare se stesso. Perciò ha continuato ad aspettare con pazienza di fronte alla corruzione di uomini e popoli”.
La pazienza di Dio è illuminata dalla nascita di Gesù “come luce che penetra e dissolve la più densa oscurità. In questo consiste l’annuncio della notte di Natale. Dio non conosce lo scatto d’ira e l’impazienza; è sempre lì, come il padre della parabola del figlio prodigo, in attesa di intravedere da lontano il ritorno del figlio perduto”.
Quello che conta per i fedeli, spiega il Papa, “non è cercarlo, bensì lasciare che sia Lui a trovarmi e ad accarezzarmi con amorevolezza. Questa è la domanda che il Bambino ci pone con la sua sola presenza: permetto a Dio di volermi bene?”.
Torna ancora la tenerezza, quella parola tanto cara al Papa argentino che si rivolge direttamente ai fedeli. “Abbiamo il coraggio di accogliere con tenerezza le situazioni difficili e i problemi di chi ci sta accanto, oppure preferiamo le soluzioni impersonali, magari efficienti ma prive del calore del Vangelo? La risposta del cristiano non può essere diversa da quella che Dio dà alla nostra piccolezza. La vita va affrontata con bontà, con mansuetudine”.
La luce del Natale, conclude Papa Francesco, illumina la vita dei cristiani, mentre “al contrario, non la videro gli arroganti, i superbi, coloro che stabiliscono le leggi secondo i propri criteri personali, quelli che assumono atteggiamenti di chiusura”.
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