Un appello secco e diretto quello che viene rivolto al superboss Matteo Messina Denaro, con la volontà di fargli confessare tutto ciò che ha fatto in questi ultimi 30 anni di latitanza prima dell’arresto dello scorso 16 gennaio.
Un semplice: “Stai morendo, parla” è il messaggio lapidario che gli arriva dal legale della clinica “La Maddalena” dove si è stato arrestato.
Ha un tumore, e questo è storia nota. Sta facendo le chemioterapie ed anche questo è conosciuto, tanto che è stato arrestato proprio in una delle migliori cliniche oncologiche di Palermo. Matteo Messina Denaro, però, non parla e non rivela tutti i segreti ed i dettagli che gli hanno permesso di vivere così indisturbato, cambiando tante identità, passando di covo in covo, ma sempre non lontano dalla sua Sicilia.
Questo è quello sul quale stanno indagando i magistrati e le Forze dell’ordine, da quando, piano piano, quello che sembrava esser un uomo irraggiungibile, è stato invece, poi, arrestato. Ma tanti ancora sono i lati oscuri del suo vivere, del suo esser vissuto da latitante per 30 anni.
Quell’Andrea Bonafede (il falso, non il vero) del quale nessuno sapeva né s’aspettava che fosse l’uomo più ricercato d’Italia. Nemmeno nella clinica “La Maddalena” di Palermo, dove è stato più volte ricoverato e, anche, operato per il suo tumore.
Ed è proprio da lì, da quella struttura, che arriva un messaggio lapidario, secco, proprio diretto a lui: “Stai morendo, parla”. A scriverlo è il legale della struttura sanitaria stessa, in un post sui social, lo sta invitando a collaborare con la giustizia, visto che le sue condizioni di salute non glielo permetteranno per molto.
In quella clinica, il finto Andrea Bonafede è stato curato per due anni. Ed è proprio a lui che l’avvocato Alessia Randazzo si rivolge: “Al signor Bonafede avrei da dire una sola cose: se facendoti prestare una vita che non meriti, nel cammino della malattia ti fossi specchiato in ognuno dei tuoi errori, adesso parla”. Parole dure, forti, che non hanno bisogno di spiegazione alcuna.
La volontà di fargli rivelare tutti quello che sa ora che è nelle mani della giustizia, ma soprattutto perché non si sa quanto ancora gli resta da vivere. In quella clinica, “La Maddalena” di Palermo, era stato operato per un tumore, lì si recava per i controlli e per la terapia, ed è lì che lo hanno arrestato.
Una vita attaccata ad un filo, quello della malattia? Questo sì, e non si sa ancora per quanto. Un messaggio rivolto al superboss dall’avvocato, anche per tutti coloro che lui ha fatto uccidere e che ha condannato a morte e, per come scrive il legale, “perché te li ritroverai davanti”.
La volontà di convincerlo a parlare, a dire tutto quello che sa, mentre, dall’altro lato, le Forze dell’Ordine continuano ad indagare e a spulciare i suoi covi, nei posti dove avrebbe potuto rifugiarsi altrove. Non in ultimo, la perquisizione anche a casa di sua madre. Ovunque, nella speranza di trovare qualsiasi indizio per ricostruire i suoi ultimi 30 anni di vita.
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