La società Meta, di proprietà di Mark Zuckerberg, pagherà una grandissima cifra per risolvere la class action che coinvolge la condivisione dei dati con Cambridge Analytica. Ecco cosa è successo.
Uno scandalo iniziato nel 2018, quando si scoprì che Facebook, che ora fa parte di Meta società sempre di Mark Zuckerberg, permise di estrapolare i dati degli utenti a diverse società.
Tra queste anche Cambridge Analytica, oggi fallita, che è protagonista di una class action messa su dagli utenti, che ora verranno risarciti con 725 milioni di dollari.
Per risolvere i diversi guai in cui si è cacciata, l’azienda di Mark Zuckerberg Meta ha accettato di pagare 725 milioni dollari per risolvere una class action, iniziata dagli utenti di cui sono stati violati i dati personali.
Tutto iniziò nel 2018, quando vennero fuori alcune rivelazioni che vedevano al centro dell’attenzione Facebook.
Infatti, la società permise a diverse aziende di poter estrapolare dati personali di migliaia di utenti, utilizzati poi per diverse attività.
Tra queste società c’era anche Cambridge Analytica, che ha lavorato alla campagna elettorale di Donald Trump nel 2016, utilizzando appunto i dati per profilare gli elettori e il target.
La società, ovviamente, ha ottenuto questi dati da Facebook senza il consenso degli utenti, da un ricercatore che tramite l’ok dell’azienda di Zuckerberg aveva raccolto migliaia di dati.
Ovviamente, è scoppiato un vero e proprio scandalo, che ha fatto partire le indagini del governo, per quanto riguarda la violazione della privacy.
Da qui, sono partite diverse battaglie legali che Meta, oggi, sta ancora pagando.
Già nel 2019, Facebook aveva pagato 5 miliardi di dollari alla Federal Trade Commission, sempre relative alla violazione delle regole sulla privacy, e altri 100 milioni per le accuse fatte dalla Secutiries and Exchange Commission degli Stati Uniti d’America.
L’accordo che Meta ha siglato ieri sera, durante un deposito in tribunale, è relativo a Cambridge Analytica.
Gli avvocati di migliaia di utenti, che affermavano di essere stati derubati senza permesso dei propri dati, hanno lottato per i propri clienti affermando che Facebook li ha ingannati.
L’accusa dice che la società di Mark Zuckerberg ha, infatti, indotto gli utenti a pensare di poter avere il pieno controllo sui propri dati personali, quando in realtà non è stato così.
La risposta di Facebook è stata relativa al fatto che i suoi utenti non hanno interesse legittimo verso la loro privacy, viste le informazioni che ogni giorno decidono di condividere con i propri amici.
Il giudice distrettuale Vince Chhabria, però, ha definito la visione della società “del tutto sbagliata” e quindi, dal 2019, ha deciso di portare il caso avanti fino alla conclusione a cui sono arrivati ieri.
Gli avvocati di chi ha deciso di querelare Facebook si sono detti soddisfatti, definendo l’accordo uno dei più grandi mai raggiunti da un’azione collettiva sulla privacy negli USA.
Meta, da parte sua, non ha ammesso comunque gli illeciti evidenziati dalla causa, ma ha affermato che l’accordo era nel migliore interesse degli azionisti e della comunità che gira attorno alla società.
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