La vicenda del metodo Stamina ha in sé dei risvolti inquietanti, soprattutto per i dettagli che si apprendono in seguito a ciò che è trapelato dall’inchiesta dei PM. I pazienti sarebbero stati trattati come delle vere e proprie cavie. Il rapporto degli investigatori da questo punto di vista non lascia molti dubbi, soprattutto per il livello di approssimazione che veniva utilizzato. Ettore Luciano Fungi, stretto collaboratore di Davide Vannoni, si sarebbe fatto aiutare da un addetto alle pulizie per l’introduzione di cellule staminali. Ci sarebbero stati anche un farmacista che si faceva passare come medico e una hostess, che si sarebbe qualificata come infermiera.
Queste figure sarebbero servite a intrattenere rapporti con l’ambasciatore e i consoli onorari di Capo Verde. Eppure tutto era diventato un’ancora di salvezza per molte famiglie disperate. In qualche caso si è arrivato perfino alle minacce. Adesso, interrogati dai magistrati, molti dei medici coinvolti da Vannoni e Andolina hanno dichiarato di non conoscere bene il metodo, ma di aver appreso soltanto informazioni varie dai media.
Davide Vannoni è stato accusato di associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata. Inoltre l’inventore del metodo di cura che ha fatto tanto discutere avrebbe arrecato dei danni al Servizio Sanitario Nazionale ed è accusato anche di aver condotto abusivamente la professione medica. Un altro capo d’accusa è quello che riguarda la somministrazione pericolosa di farmaci. A carico di Vannoni anche altri reati minori. In tutto sono 20 gli indagati nell’ambito di questa inchiesta, che ha fatto tanto parlare di sé e che è stata particolarmente alla ribalta della cronaca. Fra gli altri indagati anche Gianfranco Merizzi, presidente dell’azienda farmaceutica Medestea. Indagato anche un membro dell’Aifa, associazione italiana del farmaco.
Ripercorriamo la storia del caso riguardante il metodo Stamina. Davide Vannoni, l’ideatore della terapia, è stato rinviato a giudizio con l’accusa di tentata truffa alla Regione Piemonte. Le carte del processo, iniziato il 3 aprile, ci permettono di svolgere un riassunto della vicenda, decisamente necessario dopo le molte polemiche e le proteste scoppiate in Italia in relazione alla terapia proposta da Vannoni. Intanto i medici degli Spedali Civili di Brescia hanno deciso di sospendere le infusioni di staminali con il metodo Stamina in attesa che si pronunci il nuovo Comitato scientifico nominato dal ministero. Lo ha annunciato il commissario straordinario degli Spedali Civili di Brescia, Ezio Belleri, in audizione in commissione Sanità al Senato.
L’inchiesta del pubblico ministero Giancarlo Avenati Bassi ruota sull’accusa a Vannoni di tentata truffa alla Regione Piemonte. Si parla, in particolare, di un finanziamento di 500.000 euro (prima fetta di un finanziamento pubblico complessivo di due milioni), che era stato inizialmente concesso e poi revocato, per la realizzazione di un laboratorio atto a praticare la sperimentazione delle cellule staminali. La revoca giunse in seguito alla testimonianza di una sua dipendente con cui era in ottimi rapporti, all’epoca dei fatti.
La testimonianza
Siamo alla fine del novembre 2007: R.P. entra nello studio dell’avvocato Maria Grazia Pellerino. La giovane ricercatrice riferisce a Pellegrino che stava lavorando presso il professor Davide Vannoni, con cui aveva una borsa di dottorato in ricerche sociali. La ragazza era preoccupata perché nello scantinato della stessa sede, nel centro di Torino, operavano due ucraini praticando espianti e reimpianti di cellule staminali a soggetti adulti che si recavano nel centro. “La signorina mi riferì anche che queste persone versavano soldi all’associazione per la ricerca sulle staminali e non davano questi quattrini a titolo di liberalità e sostegno alla ricerca ma perché speravano in una guarigione“, aggiunge l’avvocato, che prosegue: “Mi disse che alcune volte era stata lei ad aprire la porta a queste persone e quindi era preoccupata per una sua eventuale corresponsabilità. Mi disse che era in ottimi rapporti con Vannoni e questa situazione la metteva in imbarazzo. Mi chiese cosa si poteva fare. Aveva saputo dal Vannoni che stava per ottenere un finanziamento dalla Regione per la sua ricerca. E questo, come cittadina, la sdegnava“.
Le inchieste giudiziarie
Nell’agosto del 2007 viene fatto un emendamento su misura alla Legge finanziaria regionale per stanziare il denaro. La firma sull’emendamento è del consigliere regionale socialista Davide Nicotra. Ma dietro c’è la mano di Angelo Burzi, l’uomo di Forza Italia nella sanità piemontese, presidente del gruppo in Regione. Dice Eleonora Artesio, allora assessore alla Sanità, a cui in origine toccava l’approvazione: “Vannoni era il destinatario già individuato“. E a proposito di Busi, afferma: “Mi raccontò che era stato lui a parlarne con Nicotra, ne condivideva l’ispirazione e mi chiese cosa si sarebbe fatto per dare attuazione“. Paolo Peveraro, ex presidente del Consiglio regionale: “Burzi mi parlò di questo progetto e per la sua illustrazione mi inviò Vannoni. All’incontro c’era anche il dottor Marcello La Rosa, stretto collaboratore di Burzi, il quale precisò che era stato curato in Ucraina con quel metodo. Vannoni mi mostrò filmati sul Parkinson che mi avevano colpito perché sembravano dei recuperi prodigiosi“.
Da Torino agli Spedali Civili di Brescia
Quando nel 2007 una direttiva europea ha imposto alle società che utilizzano cellule staminali delle regole più rigide, Davide Vannoni decise di spostare la sperimentazione a San Marino. Successivamente, dopo un’inchiesta della Procura di Torino, che poneva l’attenzione sulla possibile pericolosità per la salute di quelle terapie, Vannoni spostò nuovamente il suo studio a Trieste. Anche qui, però, la sperimentazione fu interrotta a causa di un’ulteriore inchiesta. La Stamina Foundation in seguito riuscì ad attivare un percorso di collaborazione con gli Spedali Civili di Brescia, fino ad un’ispezione da parte dei NAS. In questa occasione furono riscontrate misure di sicurezza assenti e delle carenze nella conservazione di alcuni elementi. La Corte dei Conti decise di disporre la sospensione dell’attività con sospetto sperpero di denaro pubblico.
Le reazioni della comunità scientifica
Il metodo Stamina non è mai stato visto di buon occhio dalla comunità scientifica. Vannoni non ha mai pubblicato articoli su riviste scientifiche e ha rifiutato a lungo agli scienziati di vagliare i protocolli Stamina. Per bloccare Stamina, diversi scienziati hanno fatto appelli al ministero. Il 15 maggio 2012, l’Aifa, la massima autorità italiana di controllo sul farmaco, ha vietato la pratica di Stamina nell’ospedale Civile di Brescia. L’Aifa ha definito le iniezioni di Vannoni “pericolose per la salute”. A settembre 2013 un comitato scientifico ha bocciato il metodo Stamina senza se e senza ma.
Cos’è il metodo Stamina?
Le cellule staminali sono delle cellule che possono trasformarsi in diversi tipi di cellule del corpo, con una procedura di differenziamento. Si tratta di cellule che non sono ancora specializzate e che, ad esempio, nel corso della formazione degli esseri umani, danno vita a tutte le strutture del nostro corpo. Il metodo Stamina consiste nel somministrare delle cellule staminali ai pazienti affetti da gravi patologie di tipo neurogenerativo. Tra queste troviamo anche il Parkinson, l’Alzheimer e altre malattie che riguardano l’apparato muscolare. Secondo quanto si è appreso, le cellule che vengono utilizzate derivano da espianti dal midollo osseo, ma rimangono ancora dei misteri in merito alla procedura attuata per questa terapia. Secondo Vannoni, sarebbero cinque le tipologie di cellule utilizzate nelle infusioni, la cui quantità varierebbe in base alla patologia che si vuole trattare.
Terapia compassionevole?
Una terapia medica non può essere considerata tale se non supera numerosi controlli e se non vengono effettuati dei test specifici che siano in grado di certificarne la validità. Il metodo stamina non può essere considerato a tutti gli effetti una terapia medica e proprio per questo, non dovrebbe essere applicato a dei pazienti. Ma ci sono alcune eccezioni alla legge italiana, che disciplinano le terapie compassionevoli, all’interno delle quali, comunque, non sembrerebbe rientrare nemmeno il metodo Stamina. Una legge del 2003 istituisce la presenza di terapie non ancora certificate dalla comunità scientifica, che possono essere applicate ad alcune particolari tipologie di malati, purché apportino dei benefici ai pazienti e siano in fase avanzata di sperimentazione. Non ci sono, però, al momento dei documenti che dimostrino l’efficacia del metodo Stamina.
Le proteste
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In seguito della decisione di sospendere l’attività della Stamina Foundation, molte famiglie dei pazienti hanno fatto ricorso, per avere il permesso di proseguire le terapie con le cellule staminali. Dei numerosi casi si sono occupati vari giudici del lavoro, che hanno risposto con sentenze molto spesso differenti. In 25 dei casi trattati, i tribunali hanno autorizzato la ripresa della terapia con le staminali, andando contro la decisione del Ministero della Salute. Quattro tribunali non hanno, invece, autorizzato la ripresa delle cure con il metodo di Vannoni. Molte manifestazioni di protesta si sono susseguite per settimane: Bruno Talamonti, presidente del Movimento Vite Sospese, presente a Roma in quei giorni, ci ha rilasciato questa intervista.
Chi è Davide Vannoni?
Davide Vannoni è il fondatore della Stamina Foundation, una onlus realizzata nel 2009 con l’obiettivo di riunire ricercatori di diversi Paesi specializzati nello studio delle cellule staminali adulte. C’è da precisare che Vannoni non è un medico. Ha, infatti, una laurea in Lettere e insegna presso un’Università telematica, dopo aver insegnato per 12 anni Psicologia generale all’Università di Udine. Secondo quanto spiegato dallo stesso Vannoni, il metodo Stamina sarebbe nato in seguito ad un’esperienza personale. Nel 2007 il fondatore della Stamina Foundation seguì una cura in Ucraina per una paralisi facciale. La cura sarebbe stata effettuata proprio attraverso un trapianto di cellule staminali. In seguito Vannoni avrebbe proposto a tre persone (tra le quali anche due biologi ucraini) di costituire una società per proporre questa tipologia di trattamento anche nel nostro Paese. A proposito del processo, Vannoni si è detto sereno: “Non sono io a dire che non ho commesso il reato. A parlare sono i documenti e li porteremo in dibattimento”.
Il ruolo dei media
I mass media hanno avuto un ruolo importante nella discussione sul metodo Stamina. Tutto è iniziato con il risalto dato alla vicenda da parte della trasmissione Le Iene su Italia 1, che ha mostrato le storie di alcuni piccoli pazienti e delle loro famiglie che hanno fatto degli appelli per poter ottenere la ripresa delle cure. Il più famoso è il caso di Sofia, una bambina con leucodistrofia metacromatica, che, secondo i genitori, avrebbe avuto qualche miglioramento in seguito alle infusioni di cellule staminali, secondo il metodo di Vannoni. La storia della piccola Sofia, raccontata nel programma di Italia 1, ha fatto commuovere molte persone, ma non può essere presa come espressione di validità della sperimentazione di Vannoni. La prestigiosa Nature, ad esempio, ha pubblicato dei contenuti che bocciano il metodo Stamina, dopo la visione di alcuni documenti dai quali emergerebbero, secondo la rivista, “seri e profondi dubbi e preoccupazioni sulla sicurezza e sull’efficacia del metodo”.