Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, è stato assolto dall’accusa di finanziamento illecito.
È stato il Tribunale di Torino ad emettere la sentenza, pronunciata oggi pomeriggio. Invece è stato diverso il responso per il suo ex capo di gabinetto, Claudio Stefanazzi. Per lui, che attualmente è parlamentare del Pd, è arrivata una condanna a 4 mesi solo per uno dei due episodi contestati e la stessa pena è stata inflitta all’imprenditore Vito Ladisa. Come il presidente invece, anche l’imprenditore Giacomo Mescia è stato assolto.
Assolto Michele Emiliano
Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia, è stato assolto oggi pomeriggio dal Tribunale di Torino, che lo ha giudicato per le accuse di finanziamento illecito che risalivano al 2017, durante la sua campagna elettorale per le primarie del Pd.
Nel mirino erano finiti i versamenti di alcune aziende a beneficio della Eggers, una società di Torino che si occupò di curare quella campagna. Le società in questione erano riconducibili agli imprenditori Giacomo Mescia e Vito Ladisa, rispettivamente assolto e condannato a 4 mesi di reclusione. Questa ultima pena è stata la stessa che è toccata al suo ex capo di gabinetto, Claudio Stefanazzi.
Secondo la Procura si trattò di un finanziamento occulto, avvenuto a ottobre del 2017 e per il quale sono risultati essere responsabili solo Ladisa e Stefanazzi, che oltre ai mesi di pena dovranno pagare anche una multa di 20mila euro ciascuno. Gli altri due imputati sono stati assolti per non aver commesso il fatto e in effetti il presidente di Regione aveva sempre detto di non sapere nulla su eventuali irregolarità legate alla sua campagna elettorale di quell’anno.
Emiliano ha sempre detto che all’epoca si era solo limitato a dare indicazioni ai suoi collaboratori per quanto riguardava il dovuto compenso alla Eggers. Dopo la sentenza è arrivato il commento soddisfatto di Emiliano:
“Il fatto che finalmente il giudice abbia capito che sono innocente mi da’ grande gioia, sono felice anche per le persone che mi vogliono bene e per la regione che rappresento”.
Però non è ancora finita qui, ci sarà infatti un supplemento di indagine a Torino perché il giudice ha evidenziato che sono emersi dettagli riconducibili ad altri collaboratori non specificati, i quali dovranno rispondere di responsabilità penali.
I fatti
Era il 2019 quando iniziarono le indagini sulla campagna elettorale di due anni prima di Michele Emiliano. Nel mirino della Procura finì in particolare una fattura di 65mila euro versata dagli imprenditori baresi Mescia e Ladisa, all’agenzia di comunicazione che curò appunto tale campagna di quello che poi diventerà l’attuale governatore della Puglia.
I reati contestati erano induzione indebita a dare o promettere utilità, abuso di ufficio e fatture false. Nell’ambito delle indagini i finanzieri baresi infatti avrebbero fatto queste ultime proprio per giustificare gli ingenti pagamenti.
Emiliano è stato il primo a denunciare alla Procura della Repubblica una violazione del segreto istruttorio, dopo che la Guardia di Finanza acquisì le documentazioni relative a questi movimenti riguardanti la campagna del Pd.
Il presidente si è sempre detto estraneo a questi movimenti irregolari e ha sempre fornito piena collaborazione alle autorità alla fine di chiarire cosa fosse avvenuto. Si è sempre dichiarato certo di avere operato con correttezza e rispettando le leggi e in effetti il giudice oggi gli ha dato ragione e finalmente ha fine una vicenda giudiziaria durata diversi anni, o meglio, la prima parte dato che come abbiamo capito, ci sarebbero altre persone coinvolte.