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Tra le università italiane ci sono Verona e Trento, a pari merito, nella classifica 2014 dei migliori atenei. Secondo un sondaggio realizzato dal Sole24Ore, infatti, figurano al primo posto, con 84 punti ciascuno, i due atenei del nord: il primo primeggia negli indicatori di performance sulla ricerca, il secondo per i risultati inerenti la didattica. Appena dietro il Politecnico di Milano seguito, con un solo punto di scarto, dall’Alma Mater di Bologna.
Rimanendo al nord, molto buoni anche i risultati raggiunti dalla università di Padova, dalla storica Ca’ Foscari di Venezia e dal Politecnico delle Marche; mentre, tra gli atenei milanesi, la Bicocca supera di qualche punto la Statale. Per quanto riguarda gli atenei non statali, invece, al primo posto il San Raffaele di Milano, seguito dalla Bocconi e dalla romana Luiss.
Questo è quanto emerge dai risultati raggiunti con il nuovo pacchetto di indicatori di performance – ossia quei procedimenti con i quali si monitora l’andamento di un’azienda – impostati, nel caso delle università, sia sulla didattica che sulla ricerca. Verona e Trento occupano entrambe i primi posti sia per l’una che per l’altra, mentre risultano chiare le difficoltà in cui versano gli atenei del sud dove, a causa del triste fenomeno della emigrazione (anche studentesca) le università sono private degli studenti più bravi e più motivati.
Solo la seconda parte della classifica, infatti, è occupata, ad eccezione della università di Salerno al 22° posto, dagli atenei meridionali: l’Orientale di Napoli e Foggia al 34°, mentre le altre università napoletane tra il 56esimo e il 58esimo posto. A fine classifica, dunque, che arriva al numero 61, solo atenei del sud.
Ma quali sono i criteri di giudizio utilizzati? A parte quelli tradizionali – docenti, piani di studio, tasse – alcuni dei parametri al debutto, per ciò che concerne la didattica, riguardano la formazione universitaria, la qualità degli stage proposti alle aziende, il peso delle ‘esperienze‘ all’estero degli studenti e quanto queste influiscano positivamente sulla loro formazione. Questi indicatori, infatti, sono fondamentali per comprendere quanto gli atenei italiani siano in grado di offrire alla società, grazie all’ottima formazione dei propri iscritti.
Nella classifica di qualità in questione, inoltre, è stato preso in considerazione anche un altro criterio fondamentale: il diritto allo studio. E’ stata misurata, infatti, l’effettiva idoneità degli studenti beneficiari di borse ed assegni di studio, meritevoli non solo per i risultati ottenuti ma anche per la mancanza di reddito alto. Non sempre, infatti, i benefici ottenuti vanno di pari passo con l’effettiva necessità di chi ne fa richiesta.
E’ stato fondamentale, infine, anche il giudizio dei laureandi sul corso che stanno completando, criterio che, stando alle riforme, tutti gli atenei avrebbero dovuto considerare ma che fino a questo momento è stato sempre trascurato.
Nel campo della ricerca, invece, le indagini condotte dall’Agenzia di valutazione nazionale – che ha preso in considerazione tutti i dati prodotti dalle accademie italiane – hanno rappresentato un ottimo passo avanti nei criteri di giudizio sulla qualità delle università italiane, soprattutto perché la valutazione si è basata sulla capacità degli atenei di attrarre risorse (valide) esterne per portare avanti i propri progetti. Bisogna soltanto aspettare, visto che le indagini condotte hanno valutato il lavoro dei docenti fino al 2010, che l’attenzione si punti soprattutto sui giovani ricercatori e sui progetti da loro realizzati.