Una ragazza che fa parte del gruppo di migranti arrivati a Marina di Carrara dopo il salvataggio di Life Support, ha parlato degli orrori vissuti in Libia.
La giovane ha raccontato ai soccorritori tutto ciò che ha passato, motivo che l’ha spinta ad avventurarsi nel Mediterraneo su una barca diroccata insieme ad altre 54 persone, nonostante i pericoli di non farcela fossero molti. “Ho sofferto così tanto che non avevo paura di nulla, volevo solo lasciare la Libia”.
Il racconto di una migrante in fuga dalla Libia
È sbarcata questa mattina intorno alle 8 nel porto di Marina di Carrara, la nave umanitaria Life Support di Emergency, che pochi giorni prima aveva tratto in salvo 55 migranti su un barcone diroccato e senza motore che si trovava alla deriva nel Mediterraneo Centrale. Il salvataggio è avvenuto il 15 aprile scorso e il porto assegnato è stato appunto quello di Massa Carrara.
Certo, il capomissione Emanuele Nannini ha commentato con amarezza che sarebbe stato meglio un porto siciliano ma senza perdersi d’animo, insieme al team ha navigato 3 giorni in condizioni marittime avverse per portare in salvo le persone che anche nel silenzio esprimevano gratitudine dagli occhi. Degli occhi che hanno visto la guerra e orrori che sono difficili da raccontare, però una superstite ce l’ha fatta.
La ragazza è minorenne ed è una dei tanti non accompagnati dal momento che è orfana di entrambi i genitori. Molti le avevano detto che in Libia sarebbe riuscita facilmente a scappare e venire in Europa ma sono 3 anni che tenta di farlo, catturata ogni volta dalle milizie e dai trafficanti, torturata e maltrattata in modi diversi.
La ragazza è partita da Zwara ed è rimasta in mare 12 ore prima di incontrare volti amici per ritrovare la speranza persa fra le onde del mare violente che in poco tempo hanno messo in disuso il motore lasciando la barca galleggiare senza una meta in balia del mare mosso.
I soccorritori sono giunti come un’ancora di salvezza che molti aspettavano. Tanti pregavano e avevano paura di non farcela ma lei che aveva vissuto i peggiori orrori della guerra ed era riuscita a fuggire, era solo felice di non essere più in Libia e avrebbe accettato anche quel tipo di morte.
Ai soccorritori di Emergency ha raccontato di aver lasciato il Paese perché in guerra ed è riuscita a farlo solo dopo anni di tentativi. In Libia è stata imprigionata più volte e maltrattata perché volevano più soldi di quelli che aveva per lasciare il Paese.
“mi spogliavano, mi appendevano a un gancio e mi torturavano. mi filmavano perché mandassi tutto alla mia famiglia ma io non ho nessuno a cui chiedere aiuto né tantomeno soldi”.
È chiaro che viste le premesse, quando ha capito che il gommone con cui avrebbe attraversato il mare non era granché, non ha avuto paura e nemmeno quando in mare aperto i migranti sono rimasti senza motore.
“tutti giustamente erano molto angosciati, io ero pronta a tutto, mi bastava sapere di non essere più in quel luogo maledetto”.
Il giorno dello sbarco
I 55 passeggeri sono stati controllati dal team di Emergency, poi si sono messi in viaggio verso Marina di Carrara, dove sono arrivati stamattina, Fra loro ci sono molti bambini e minori non accompagnati, come la protagonista del racconto che abbiamo appena riportato.
C’è da dire che parlare delle condizioni di guerra per luoghi comuni è ben diverso da sentire la verità direttamente spiattellata in faccia da chi l’ha vissuta sulla propria pelle. Una realtà dura e inconcepibile a cui molti purtroppo non riescono a sfuggire.
I superstiti provengono da diversi Paesi e i volontari che li hanno soccorsi hanno dichiarato che più che i traumi fisici, a colpirli sono state le storie come questa, esperienze devastanti che hanno vissuto prima di intraprendere un viaggio altrettanto traumatico. Il responsabile sanitario di Life Support, Roberto Maccaroni, ha detto di aver soccorso vittime di tortura, minorenni soli, donne in fuga da matrimoni precoci, ragazzi che hanno tentato la fuga ma venivano sempre riportati indietro.
Uno di questi ha raccontato di essere stato in prigione e aver visto persone morire per le botte ricevute.
“non c’erano finestre e uscivamo di rado ma quando succedeva inorridivo perché all’esterno c’erano corpi ammassati. quando sono uscito di prigione avevo una gamba rotta e mi avevano picchiato perfino sui genitali, tanto che non riuscivo ad urinare”.
Fra mille peripezie che poi sono continuate anche nelle disastrose condizioni meteo che la nave umanitaria ha incontrato nel viaggio verso il porto, lo sbarco finalmente è avvenuto e ad attendere i migranti sulla banchina Taliercio c’erano gli uomini delle forze dell’ordine e diversi operatori sanitari ma anche volontari e Protezione Civile.
Lo sbarco è avvenuto in modo regolare e nel corso della mattinata ci sono state le identificazioni e i controlli sanitari. Ora i superstiti si trovano al polo di CarraraFiere per ulteriori controlli, poi verranno trasferiti in diverse strutture regionali.