Lo scorso martedì 7 novembre, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha pubblicato, lasciando l’intera classe politica completamente sbalordita, il protocollo d’intesa Italia-Albania che prevede la gestione congiunta dei migranti, attraverso l’apertura di due centri italiani sul territorio albanese.
Il Memorandum è composto da 9 pagine e descrive nei dettagli l’accordo firmato da Meloni e dal Primo ministro Albanese, Edi Rama.
Anche la destra italiana n’è rimasta all’oscuro fino all’ultimo momento. Reazioni di stupore e rabbia si sono alternate tra i politici.
“L’intesa con Tirana deve passare dal Parlamento. Ma viola il diritto internazionale, europeo e anche la nostra Costituzione”.
Ha affermato Elly Schlein.
Il Memorandum d’intesa firmato da Giorgia Meloni e dal Primo ministro albanese prevede, dunque, una gestione congiunta dei migranti. Questo, in particolare, attraverso l’apertura di due centri per il rimpatrio (Cpr) italiani sul territorio albanese.
Il protocollo si compone di 9 pagine e 14 articoli e contiene tutti i dettagli riguardanti l’intesa tra i due paesi.
A quanto pare, l’Albania si è mostrata disposta a fornire gratuitamente gli spazi in cui saranno costruiti i centri (uno vicino al porto di Shengjin e l’altro a Gjader, nell’entroterra). Per contro, però, l’Italia dovrà occuparsi di tutte le spese afferenti alla costruzione dei centri, alla gestione, sistemazione e tutela dei migranti, incluse anche le eventuali spese mediche.
L’accordo ha una durata di 5 anni, prorogabile per altri 5. Esso prevede investimenti italiani pari a circa 16,5 milioni di euro l’anno.
Le autorità italiane si occuperanno della gestione interna dei centri, mentre quelle albanesi dovranno garantire la sicurezza esterna. Entrambi i centri potranno ospitare fino a 3.000 migranti, esclusi i minori, le donne incinte e altre categorie di persone vulnerabili. Queste persone verranno, dunque, riportate in Italia secondo la procedura di “sbarco selettivo”. Procedura di cui è stata già precedentemente messa in dubbio la legittimità giuridica.
I soggetti coinvolti potranno rimanere all’interno dei centri, come da prassi, solo il tempo necessario da permettere alle autorità di svolgere tutte le procedure di frontiera o di rimpatrio.
Nel protocollo, inoltre, viene specificato che qualora il migrante dovesse perdere il diritto a rimanere all’interno del Cpr, l’Italia si preoccuperà di trasferirlo tempestivamente “fuori dal territorio albanese”. Il documento, però, non specifica la destinazione precisa dei soggetti.
Tra l’altro i migranti non potranno, per nessun motivo, uscire dagli appositi centri. L’Italia “dovrà impedire l’uscita dei migranti sul territorio qualunque sia il risultato finale dei procedimenti amministrativi”.
Secondo le prime informazioni, i due centri dovrebbero essere attivati entro la primavera 2024.
Il Memorandum d’intesa presentato a sorpresa dalla presidente Giorgia Meloni ha suscitato le reazioni della classe politica italiana. In molti, infatti, si sono dimostrati ampiamente scettici rispetto all’applicabilità effettiva del protocollo.
“Serve il voto delle Camere, l’accordo è illegittimo a livello nazionale e internazionale”.
Ha affermato Matteo Mauri, ex viceministro dell’Interno.
Anche Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra Italiana ha espresso il suo diniego a proposito del protocollo, affermando che si tratta di “una specie di deportazione preventiva” in aperta violazione del diritto d’asilo, paragonando i centri a Guantanamo.
Allo stesso tempo, molti screzi sono nati anche in Albania. A quanto pare, come riportato da la Repubblica, gran parte della classe politica e sociale del paese si è posta in totale opposizione a tale progetto. In molti hanno esternato una sorta di “paura” nei confronti delle persone che arriveranno sul territorio; altri invece ritengono che l’Albania non abbia le capacità materiali, economiche e logistiche per poter gestire un piano di tali dimensioni.
In ogni caso, l’intero Memorandum presentato congiuntamente dai due governi e le conseguenti reazioni delle classi politiche e sociali non sono altro che l’ennesimo flop delle politiche migratorie messe in atto dal nostro Paese, in perfetta linea con le politiche europee.
L’intero dibattito si basa su anni e anni di azioni errate che puntano a disumanizzare i migranti, stigmatizzandoli. Tutto ciò unito a misure concrete che non hanno fatto altro che danneggiare queste persone, non portando ad alcun risultato favorevole per nessuna delle parti.
Il progetto appare, dunque, l’ennesimo tentativo del governo italiano di attuare una sorta di scarica barile verso un paese terzo. Senza tener conto delle possibilità effettive di metterlo in atto e, soprattutto, non considerando in alcun modo le effettive tutele e garanzie che devono essere assicurate ai migranti, in accordo con il diritto internazionale e con la tutela dei diritti umani. I nascenti Cpr, sulla base del contenuto del Memorandum, vengono intesi come dei veri e propri centri detentivi per “criminali” senza reato, il cui unico intento è la ricerca di condizioni di vita migliori.
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