Rimpatri e ricollocamenti diventano obbligatori con il nuovo piano Ue per i migranti: ad annunciarlo è stata la Commissione Europea per l’Immigrazione. L’obiettivo è quello di superare il sistema Dublino e puntare sulla condivisione della solidarietà tra gli Stati membri dell’Unione. L’UE, ha detto la presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, “ha bisogno di soluzioni sostenibili“, mentre l’intenzione – ha aggiunto commissaria Ylva Johansson – è “alleggerire il peso sui paesi di primo ingresso”.
Migranti, il nuovo piano UE
Il nuovo piano UE per i migranti si basa su tre pilastri fondamentali: collaborazione con i paesi di partenza, controllo dei confini e un sistema di solidarietà che introduce un meccanismo di sponsorizzazione dei rimpatri nel caso di rifiuto del ricollocamento.
Il primo punto, quindi, come ha spiegato la vicepresidente dell’esecutivo, Margaritis Schinas, è la collaborazione. “L’Europa ha bisogno che i partner gestiscano le migrazioni – ha detto Schinas -. Significa che lavoreremo con tutti i partner esterni. Abbiamo già investito 9 miliardi di euro dal 2015 per milioni di rifugiati. Due obiettivi: uno, aiutare ad aiutare il loro popolo; due, rompere il business dei trafficanti“.
Il maggiore controllo dei confini, invece, avverrà attraverso il meccanismo di screening: “Tutti gli arrivi saranno sottoposti a una procedura di controllo”, ha aggiunto Schinas. Il riconoscimento, inoltre, potrà seguire due direzioni: un iter canonico per la richiesta di asilo oppure una procedura di frontiera rapida. Non ci saranno più soluzioni ad hoc per i singoli sbarchi, ma il meccanismo della solidarietà “scatterà in modo automatico per i migranti che vengono salvati in mare – ha detto Johansson -. Ma anche il Paese di sbarco ne dovrà accogliere una parte”.
Infine, ultimo pilastro del piano UE è l’introduzione di “rigide ma giuste regole sulla solidarietà“. Schinas, infatti, ha aggiunto a tale riguardo che “non si discute se dare solidarietà ma come darla”, ma “tutti i paesi devono poter ottenere la solidarietà sotto specifiche condizioni“. Quindi, se un Paese europeo rifiuta di dare solidarietà a un altro Stato membro in merito al ricollocamento dei migranti, tale Paese dovrà farsi carico del sosteno economico per i rimpatri. “È una alternativa per assicurare che i migranti che non vengono ricollocati siano rimpatriati”, ha concluso Schinas.