Tragico il bilancio riguardante i migranti rimasti a bordo della propria imbarcazione per 15 giorni in mare. I sopravvissuti sconvolti: “Aspettavamo la morte”. 6 persone morte di sete.
Rimasti in mare aperto in balia delle onde a causa di un guasto al motore, per 15 giorni. E’ la storia di un gruppo di migranti provenienti dalla Turchia, e arrivati a Ragusa lo scorso 12 settembre.
Il racconto terribile dei medici e dei sopravvissuti. Una vera e propria tragedia, l’ennesima, riguardante gli sbarchi e le odissee dei migranti che solcano i mari in condizioni disperate.
Questa volta il bilancio è gravissimo: 6 morti. Tutti i sopravvissuti hanno raccontato di aver perso ogni speranza a bordo dopo aver finito le provviste, e di aspettare l’inesorabile morte a causa dell’assenza di acqua. La loro barca infatti, aveva subìto un guasto al motore, lasciandoli in balia delle onde per 15 giorni. Senza niente da bere e da mangiare per due settimane, una condizione che ha causato la morte di sei persone, per disidratazione.
La squadra dei medici senza frontiere ha raccolto la testimonianza di quei tragici attimi da uno dei sopravvissuti. L’uomo ha raccontato di aver lasciato in mare 3 o 4 corpi, di quelle persone che non erano riuscite a sopravvivere, visto che stavano iniziando ad emanare un cattivo odore. “Li abbiamo lavati con l’acqua di mare, poi abbiamo pregato e li abbiamo lasciati andare“.
Sono 26 i sopravvissuti arrivati a Pozzallo, lo scorso 12 settembre. Di nazionalità siriana e afghana i migranti arrivati in Sicilia. Tra le vittime purtroppo anche tre bambini, tra cui un bimbo di 11 anni che stava viaggiando senza genitori. Le altre vittime, morte di sete e di fame, sono invece tre adulti.
E’ stata la psicologa Mara Turno ad accogliere i sopravvissuti al porto di Pozzallo, in provincia di Ragusa. La donna ha raccontato le condizioni di estremo shock al quale erano stati sottoposti i migranti, che secondo la dottoressa erano completamene in stato confusionale.
“Non sono riusciti a realizzare subito che non si trovavano più in mare”, racconta Turno, la quale ha raccontato di aver lavorato inizialmente sul far realizzare ai sopravvissuti di essere ormai in salvo.
La tecnica è stata quella di far scegliere alle persone cinque cose da toccare, quattro da vedere, tre da sentire, due da odorare e una da percepire in bocca con il gusto. La risposta della maggior parte dei migranti, è stata quella che potevano solamente sentire ancora il sapore dell’acqua del motore della braca.
Straziante anche la testimonianza di uno dei più giovani a riuscire ad arrivare a terra. Si tratta di un 17enne, che si è detto terrorizzato dall’idea di essere respinto, una volta arrivato, e di aver passato quella tragedia inutilmente. L’unico pensiero che continuava a tormentare le menti dei viaggiatori, racconta ancora il ragazzo, era quello costante di quando sarebbe arrivata la loro ora.
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