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Migranti, Sergio Mattarella in Argentina ricorda quando erano gli italiani a emigrare

I migranti sono una risorsa, oggi come ieri, quando erano gli italiani a emigrare. Sergio Mattarella in visita in Argentina ricorda il passato degli italiani, quando milioni di concittadini lasciarono l’Italia per emigrare in altri Paesi, anche oltre oceano, portando ricchezza fuori e dentro i confini nazionali. Il Presidente della Repubblica cita grandi pensatori italiani come Antonio Gramsci e Carlo Rosselli per ricordare che l’immigrazione è una ricchezza e che dobbiamo gestire in maniera diversa il flusso di migranti che arrivano in Italia e in Europa. “In cento anni, dal 1876 al 1975, emigrarono qui circa 26 milioni di italiani: una nazione fuori dalla nazione“, scandisce Mattarella davanti alla comunità italiana in Argentina al Teatro Coliseo di Buenos Aires, ricordando l’impatto che ebbe l’immigrazione italiana in terra argentina e l’impegno che si presero gli italiani nei confronti della nuova patria, quando “con impegno e saggezza hanno offerto piena lealtà“.

Tutti gli italiani hanno un parente emigrato in qualche Paese del mondo, in Sudamerica e non solo. L’immigrazione ha caratterizzato la storia italiana, ricorda ancora Mattarella. “Non c’è una sola storia d’Italia ma, accanto a quella del territorio nazionale, si è sviluppata una storia degli italiani: tante storie degli italiani, quante erano le comunità italiane trapiantate all’estero. La storia dell’emigrazione italiana è, prima ancora dell’Unità d’Italia, la storia unitaria del nostro popolo“, ricorda davanti alla platea degli italiani in Argentina.

Oggi tocca all’Italia fare la sua parte. ” Viviamo tempi nei quali le questioni migratorie assumono nuovamente enorme rilevanza“, continua il Presidente della Repubblica. “I mezzi di comunicazione portano alla nostra attenzione immani tragedie, in cui i temi della solidarietà e della dignità della persona, si scontrano – prima ancora che con preoccupazioni legate alla sicurezza- con intolleranza, discriminazioni e diffusa incapacità di riuscire a comprendere ciò che è in atto, ciò che sta accadendo nel mondo“.

Nel suo discorso, Mattarella cita due pensatori italiani che ai temi dell’immigrazione hanno dedicato la loro attenzione quando erano gli italiani a sbarcare dalle navi. Il primo è Carlo Rosselli, politico, filosofo e anti fascista, che smontò la teoria per cui “il pauperismo italiano è figlio della pressione demografica“. Dopo decenni di immigrazione, l’Italia non fu più povera, anzi. “Nel 1961, centenario dell’Unità d’Italia, a popolazione raddoppiata, il reddito pro-capite italiano risulterà quadruplicato“, ricorda il Capo dello Stato.

Il secondo è Antonio Gramsci che “preconizzava con lo sviluppo del paese il venir meno della funzione dell’Italia come produttrice di riserva operaia per il mondo intero“, cita ancora Mattarella: gli intellettuali avevano già previsto, al di là delle paure e del populismo, che l’immigrazione avrebbe cambiato in meglio l’intera società italiana e internazionale.

Come i nostri connazionali hanno reso più ricchi i paesi in cui arrivarono e quello che hanno lasciato, anche i migranti che arrivano dall’Africa o da altre parti del mondo possono e devono fare la loro parte nella nostra storia, perché il flusso migratorio non si fermerà, come non si era fermato quando erano gli italiani a emigrare.

Lorena Cacace

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