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Il governo Gentiloni incassa la fiducia anche al Senato con 169 i sì, 99 i contrari e nessuno astenuto in un’Aula di Palazzo Madama semi vuota, con le opposizioni che non si sono presentate come già alla Camera. Il conteggio dei voti è nelle previsioni: l’esecutivo ottiene i voti del PD, di tutte le forze di maggioranza e dei senatori a vita, compreso Mario Monti, acquista il sostegno di due senatori ex Sel, Dario Stefano e Luciano Uras, e perde i 18 esponenti di Ala di Denis Verdini. Il governo aveva già ha ottenuto la fiducia alla Camera verso le 19:30 di martedì, senza problemi (368 Sì – 105 No) anche lì nonostante il dietro front di Verdini. Prima del dibattito che ha preceduto il voto, il neopremier ha attaccato le opposizioni che avevano disertato l’aula in segno di protesta (M5S, Lega Nord e il gruppo Ala-Scelta civica): “Abbiamo i super paladini della centralità del Parlamento che nel momento più importante della vita parlamentare non ci sono. Mi sembra logico: vogliamo talmente bene al Parlamento che non ci andiamo. Le forze della maggioranza si sono assunte la responsabilità. Si sono assunte un rischio? Certamente si sono prese un rischio politico, ma nel rispetto dei doveri costituzionali previsti dal nostro ordinamento”. Gentiloni lunedì pomeriggio è salito al Quirinale e ha comunicato quali saranno i ministri del suo governo, dando vita, di fatto, a un Renzi-bis senza Renzi.
Poco più di ventiquattro ore dopo aver ricevuto l’incarico dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il nuovo premier ha ufficializzato così la sua squadra di governo. Buttandola nel “gattopardismo”, potremmo dire che il mantra seguito sia stato: “Tutto deve cambiare perché tutto resti come prima”. Non c’è più Matteo Renzi, ma solo fisicamente: il Governo Gentiloni ha tutta l’aria di essere un Renzi-bis.
Gli uomini chiave del vecchio esecutivo non sono cambiati, anzi. Sono rimasti al posto loro quei ministri che, attraverso contestate riforme, avevano provocato un diffuso malcontento, culminato nel No al referendum. Parliamo di Giuliano Poletti, che resta a occuparsi di lavoro nonostante il popolo dei precari e dei voucher continui a rinfacciargli il Jobs Act. Quei giovani che hanno votato in massa No, per capirci. Parliamo della stessa Beatrice Lorenzin finita nell’occhio del ciclone con la discutibile campagna pubblicitaria del Fertility Day. Ma soprattutto è rimasta al governo la stessa Maria Elena Boschi che aveva firmato la riforma costituzionale: ha perso il ministero delle Riforme (cancellato, forse in un tentativo di rimuovere la debacle) ma è stata promossa a Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Nonostante la promessa di lasciare la politica in caso di vittoria nel No. Boschi resta in rappresentanza di quel Giglio Magico che si rafforza con Luca Lotti, braccio destro e migliore amico di Renzi, che entra nell’esecutivo con la delega allo Sport. Paga per tutti Stefania Giannini, che perde l’Istruzione a favore di una ex sindacalista, Valeria Fedeli: il modo per riconquistare gli insegnanti dopo la Buona Scuola? Confermate inoltre le voci che vedevano il trasloco di Angelino Alfano alla Farnesina: o meglio, la fuga dal Viminale e dalla patata bollentissima che è la crisi migratoria. Insomma, il Renzi-bis senza Renzi è servito. Ecco tutti i ministri del Governo Gentiloni.
Ministro degli Esteri: Angelino Alfano
Angelino Alfano lascia il Viminale e si trasferisce alla Farnesina. Sicuro di un incarico nel nuovo governo, il leader di NCD ottiene quindi l’ambito posto che era di Gentiloni. Il trasloco agli Esteri è per lui anche una scappatoia dalla scottante gestione della crisi migratoria (sono più di 150mila i migranti sbarcati in Italia nel 2016) come ministro dell’Interno. Chi sosteneva la sua candidatura alla Farnesina ne ricordava comunque i buoni rapporti internazionali maturati con leader come la cancelliera tedesca Angela Merkel.
Ministro del Lavoro: Giuliano Poletti
Giuliano Poletti resta ministro del Lavoro. Sua la firma alla riforma del lavoro che, durante il Governo Renzi, ha introdotto il Jobs Act.
Ministro dell’Interno: Marco Minniti
Marco Minniti, da sempre in orbita Pd, è il nuovo ministro dell’Interno. Fino all’insediamento al Viminale, al posto di Alfano, è stato sottosegretario alla presidenza del consiglio dei ministri con delega ai servizi segreti, sia nel Governo Letta che in quello Renzi.
Ministro dell’Economia: Pier Carlo Padoan
Scontata la conferma all’Economia di Pier Carlo Padoan, figura gradita alla Ue (che chiede continuità nelle politiche economiche) e a tutto il Pd. L’economista e accademico, nel cui curriculum spiccano prestigiosi incarichi presso importanti organizzazioni internazionali come Fondo Monetario Internazionale e OCSE, era una delle alternative a Gentiloni come erede di Renzi.
Ministro della Difesa: Roberta Pinotti
Resta al suo posto anche il ministro della Difesa Roberta Pinotti. Prima di assumere questo incarico con Renzi, nel 2013 era stata segretario del gruppo Pd al Senato e sottosegretario di Stato al ministero della difesa, sotto il ministro Mario Mauro nel Governo Letta.
Ministro della Giustizia: Andrea Orlando
Resta alla Giustizia Andrea Orlando, uno degli esponenti di spicco della corrente interna al Pd dei Giovani Turchi. È stato ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare nel governo Letta. Dal 2006 fa parte della commissione bilancio della Camera e della commissione parlamentare antimafia.
Ministro dei Beni Culturali: Dario Franceschini
Dario Franceschini era sicuro di conservare un posto nel governo. Il suo nome, dopo le dimissioni di Renzi, è stato molto chiacchierato. Qualcuno lo vedeva come sostituto dello stesso Renzi, i più maligni lo hanno dipinto come il manovratore in combutta addirittura con Silvio Berlusconi per farlo fuori. L’ex segretario del Pd, esponente di spicco di Areadem all’interno del partito, era finito anche tra i papabili successori di Gentiloni alla Farnesina. Resta invece ai Beni Culturali.
Ministro della Salute: Beatrice Lorenzin
Beatrice Lorenzin resta ministro della Salute. Durante il suo mandato era finita nell’occhio del ciclone per la contestata campagna comunicativa con cui aveva promosso il Fertility Day.
Ministro dell’Istruzione: Valeria Fedeli
Valeria Fedeli è il nuovo ministro dell’Istruzione. È una sindacalista, senatrice del Partito Democratico e vicepresidente del Senato. Prende il posto di Stefania Giannini.
Ministro dello Sviluppo Economico: Carlo Calenda
Carlo Calenda resta al ministero dello Sviluppo Economico, in cui si era insediato dopo le dimissioni di Federica Guidi dell’aprile 2016. Prima di entrare in politica (è stato viceministro dello Sviluppo Economico nel Governo Renzi e del Governo Letta, nonché rappresentante permanente d’Italia presso l’Unione Europea) vanta importanti incarichi in Confindustria, dove ha lavorato sui principali dossier relativi al commercio e agli investimenti internazionali.
Ministro delle Politiche Agricole: Maurizio Martina
Maurizio Martina resta all’Agricoltura. Nel corso del suo incarico sono stati approvati diversi provvedimenti a favore della semplificazione burocratica per le imprese, dell’occupazione giovanile nel settore agricolo, della competitività e dell’internazionalizzazione delle imprese. È stata inoltre approvata la Politica agricola comune (PAC) in vigore dal 2015. Martina fa parte di “Sinistra è cambiamento”, una delle tante correnti all’interno del Pd.
Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti: Graziano Delrio
Graziano Delrio resta a capo del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti. Anche il suo nome è stato tra i papabili sostituti di Renzi dopo le dimissioni. Delrio è stato ministro per gli Affari regionali e le autonomie nel governo Letta e sindaco di Reggio Emilia dal 2004 al 2013.
Ministro dell’Ambiente: Gian Luca Galletti
Gian Luca Galletti è stato confermato ministro dell’Ambiente. Durante il Governo Letta era stato nominato Sottosegretario di Stato del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.
Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio: Maria Elena Boschi
Maria Elena Boschi resta al governo con il ruolo di Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. La madrina della fatale riforma costituzionale, costata il posto a Renzi dopo la sconfitta al referendum, ha perso il ministero per le Riforme che finisce nelle mani di Anna Finocchiaro (Rapporti con il Parlamento).
Ministro per gli Affari regionali e autonomie: Enrico Costa
Enrico Costa resta ministro per gli Affari regionali e Autonomie (senza portafoglio). Dal 2013 fa parte del Nuovo Centrodestra guidato da Alfano. Il 28 febbraio 2014 è stato nominato viceministro alla Giustizia nel governo Renzi.
Ministro della Semplificazione e della Pubblica Amministrazione: Marianna Madia
Marianna Madia resta al governo come ministro della Semplificazione e della Pubblica Amministrazione (senza portafoglio). Era a rischio dopo la bocciatura (parziale) da parte della Consulta della sua riforma della pubblica amministrazione.
Coesione territoriale e Mezzogiorno: Claudio De Vincenti
Claudio De Vincenti è stato nominato ministro per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno (senza portafoglio).
Ministro per i Rapporti con il Parlamento: Anna Finocchiaro
Anna Finocchiaro è il nuovo ministro per i Rapporti con il Parlamento (senza portafoglio). Presidente della Commissione affari costituzionali del Senato, è stata ministro per le Pari Opportunità durante il Governo Prodi I e capogruppo al Senato del Partito Democratico dal 2008 al 2013.
Sport: Luca Lotti
Luca Lotti, ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio, amico intimo e braccio destro di Renzi, è il nuovo ministro allo Sport (senza portafoglio).
[tabler] I MINISTRI | DEL GOVERNO | DI PAOLO GENTILONI
Esteri: Alfano | Interno: Minniti | Lavoro: Poletti
Economia: Padoan | Difesa: Pinotti | Giustizia: Orlando
Cultura: Franceschini | Salute: Lorenzin | Istruzione: Fedeli
Sviluppo Economico: Calenda | Agricoltura: Martina | Trasporti: Delrio
Ambiente: Galletti | Rapp. col Parlamento: Finocchiaro | Affari regionali: Costa
Semplificazione: Madia | Mezzogiorno: De Vincenti | Sport: Lotti
Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio: Boschi | |
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