Il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti porterà in CdM un decreto correttivo del Jobs Act per la tracciabilità dei voucher, i buoni per il lavoro accessorio. Come spiega lo stesso ministro in un videomessaggio su facebook: “Abbiamo deciso di stringere i bulloni intorno al sistema dei voucher per limitare o, se ce la facciamo, evitare in assoluto che si producano furbate“. Così, le aziende che utilizzeranno i voucher dovranno comunicare preventivamente e in modalità telematica il nominativo e il codice fiscale del lavoratore per il quale saranno utilizzati i buoni lavoro, insieme all’indicizzazione della data e del luogo in cui verrà svolta la prestazione e la sua durata.
Lo stesso Ministro Poletti spiega in una nota l’obiettivo del decreto correttivo: “Fermo restando il valore positivo dei voucher come strumento per favorire l’emersione del lavoro nero la norma, che introduce una modalità di controllo analoga a quella esistente per il cosiddetto ‘lavoro a chiamata’, punta ad impedire possibili comportamenti illegali ed elusivi da parte di aziende che – al pari di un cittadino che utilizza il biglietto dell’autobus solo se sale a bordo il controllore- acquistano il voucher, ma poi lo usano solo in caso di controllo”. A destare sospetti, oltre al boom di voucher è un utilizzo non legittimo dei buoni lavoro. Un voucher su 10 nel 2015 è servito a pagare un lavoratore che prima aveva un rapporto – subordinato o autonomo – con la stessa azienda, in più è lo stesso ministro a far notare che sono stati quasi 1,4 milioni a servirsi di voucher nel 2015 con una media di incasso di 633 euro in un anno.
Sembra che il governo vada incontro alla proposta della Cgil che poche settimane fa aveva denunciato: “L’Inps è a conoscenza dei codici fiscali dei percettori di buoni lavoro. Se si incrociassero con le comunicazioni obbligatorie del Ministero del Lavoro, si potrebbe capire cosa facevano quei soggetti in precedenza. Se avevano rapporti di lavori definiti, significa che sono stati destrutturati in favore di una forma priva delle tutele dei contratti collettivi e del Tfr”.
Utilizzati in qualsiasi tipo di settore, l’unico limite esistente per i buoni lavoro sono: l’ammontare complessivo che un lavoratore può incassare in voucher, 7mila euro netti all’anno e quello da parte di un singolo committente che ammonta a 2.020 euro. Il governo punta a evitare i rischi più frequenti derivanti dall’utilizzo dei voucher, spesso infatti le prestazioni hanno una durata maggiore rispetto a quella dichiarata e il pagamento spesso avviene per metà attraverso l’utilizzo dei voucher mentre per l’altra metà in nero.