Sei persone sono state arrestate a Foggia, con l’accusa di riduzione e mantenimento in stato di servitù, induzione e sfruttamento della prostituzione minorile e sequestro di persona. Le vittime erano giovani ragazze minorenni che vivevano in un campo nomadi della città che, in pratica, secondo gli inquirenti, erano state poste con la violenza al servizio de loro aguzzini.
Secondo quanto ricostruito dal pubblico ministero, le ragazze sarebbero state costrette a prostituirsi nel periodo compreso tra marzo e settembre 2018.
Vittime schiavizzate
Le vittime sono tre ragazze tra i 16 e i 17 anni, una delle quali incinta al settimo mese, mentre i sei fermati sono una coppia, i loro tre figli (due dei quali minorenni) e una 26enne, compagna di uno dei ragazzi. L’indagine è partita lo scorso settembre, in seguito alla fuga di una delle tre ragazze sfruttate, che era stata pestata a sangue dai suoi aguzzini.
Gli inquirenti hanno raccontato che la giovane ha provato a fuggire dopo essere stata “selvaggiamente pestata con calci, pugni, schiaffi e cinghiate, sferrati in ogni parte del corpo, sulla faccia, sulla pancia e dietro la schiena, nonché trascinata per i capelli, facendola strisciare per terra, all’interno della baracca nella quale veniva segregata, da uno dei fermati”.
Il bimbo sarebbe stato venduto
Le indagini hanno consentito di accertare “come fosse prassi consolidata quella di costringere le minori a prostituirsi anche durante la gravidanza e, davanti al rifiuto opposto dalle vittime, le stesse venivano percosse senza pietà dai rispettivi fermati preposti al loro controllo” spiegano gli inquirenti. Le ragazze erano poi controllate h24, private dei cellulari e dei documenti.
La ragazza incinta quindi, costretta a prostituirsi anche se in stato interessante, si sarebbe vista poi togliere il bambino una volta nato, secondo quando deciso dalla famiglia di aguzzini. Pare che si fosse già stabilito che il neonato sarebbe stato venduto a una cifra pari a 28mila euro, ma non è chiaro chi sarebbe stato il compratore.
Una prassi ”di cui si ignora l’esistenza”
Gli inquirenti fanno sapere che con questo caso si è scoperto “uno spaccato di cui si ignorava l’esistenza nel nostro territorio” ma che è tragicamente diffuso e dilagante. Le ragazze venivano segregate nelle baracche e malmenate. Poi portate sul luogo della prostituzione e costantemente controllate.
I fermati “ponevano in essere le loro condotte – spiegano i pm – non solo con il costante e brutale impiego della violenza e delle minacce, ma anche approfittando delle condizioni di inferiorità fisica e psichica delle vittime connesse alla loro minore età e alla loro condizione di cittadine straniere, sole sul territorio italiano e prive di qualcuno che reclamasse la loro scomparsa e per di più senza mezzi”.
“Le condotte dei fermati – dicono ancora gli inquirenti – sono connotate da allarmante gravità, efferatezza e disprezzo per la vita umana, soprattutto in danno di giovani vittime minorenni e dei nascituri che portavano in grembo; gli stessi hanno, pertanto, dimostrato una totale indifferenza per le condizioni di particolare fragilità delle vittime e di non possedere il benché minimo sentimento di pietà verso le stesse”.