Nell’ambito dello scontro in tribunale tra Mogol e gli eredi di Lucio Battisti, una prima sentenza, emessa da un giudice del tribunale civile di Milano, ha condannato Giulia Letizia Veronese, vedova del cantautore morto il 9 settembre 1998, al pagamento di due milioni e seicento mila euro in favore del paroliere. L’ex moglie di Battisti, infatti, ancora oggi vorrebbe rispettato una sorta di veto sulle iniziative legate all’eredità musicale del marito; Mogol, però, che si oppone fortemente a ciò, per il momento è riuscito ad averla vinta.
Sia Mogol che la vedova di Battisti sono soci della società Acqua azzurra edizioni musicali. Mogol detiene il nove per cento, mentre Grazia Letizia Veronese risulta socia di maggioranza e amministratrice unica della società.
Secondo questa prima sentenza del tribunale civile di Milano, la Acqua Azzurra edizioni musicali è ‘inadempiente ai contratti di edizione conclusi con Giulio Rapetti Mogol‘ e pertanto si procede con la condanna al pagamento di due milioni di euro ‘a titolo di risarcimento del danno‘.
Il tribunale ha invece rigettato la richiesta di risarcimento del danno per ‘mala gestio’ presentata da Mogol.
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Tra i due la diatriba in tribunale è iniziata qualche anno fa, nel 2012, quando Giulio Rapetti Mogol aveva chiesto, tramite legali, che gli fossero riconosciuti otto milioni di euro di danni. Nel corso del tempo, infatti, il paroliere ha accusato più volte la vedova Battisti di fare una sorta di ostracismo per quanto riguarda lo sfruttamento commerciale del repertorio Mogol – Battisti.
E’ pur vero, però, che Grazia Letizia Veronese, ha già annunciato, tramite il suo avvocato, di presentare ricorso alla sentenza. E non finisce qui.
Una vicenda, questa, che in verità sembra avere radici ancora più lontane. Era il 2011, infatti, quando la famiglia Battisti, principalmente la vedova del cantante e il figlio Luca Filippo, vinsero una causa contro la Sony, ‘rea’, secondo loro, di aver pubblicato due raccolte di Lucio Battisti. In quel caso, sempre il tribunale civile di Milano, condannò la casa discografica al risarcimento del danno e al ritiro di tutte le copie esistenti sul mercato.
Al di là della verità processuale, come noto da accertare nelle sedi competenti, questo argomento, però, riaccende il dibattito su un tema tanto antico quanto attuale: dove finisca, cioè, il diritto alla memoria collettiva e dove, invece, nasca quello di rivendicare le opere – materiali e immateriali – di un cantautore tanto amato. E, forse, non a caso, pare sia anche questo il motivo del contendere.
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