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Mondiali 2014: un torneo solo per ricchi. In Brasile il calcio è lo sport popolare per eccellenza, ma il Mundial non porterà al Paese alcuna ricchezza, perchè è stato concepito per fare presa su un target specifico, i turisti. Da tempo il Brasile, che detiene il record di Coppe del mondo vinte, è scosso da proteste e manifestazioni contro i Mondiali di Calcio 2014. I brasiliani contrari ai Mondiali di Calcio denunciano l’enorme spreco di denaro pubblico che si è registrato per l’organizzazione e l’allestimento della competizione sportiva, con l’impiego di miliardi di dollari. Mentre nelle favelas molti cittadini vivono in condizioni disumane.
I Mondiali in Brasile saranno ricordati come un’inutile spesa di soldi. Motivo che ha portato migliaia di persone in piazza a protestare in questi mesi. Il Brasile pur essendo un’economia emergente, appartenente ai gruppo dei cosiddetti BRICS (siglia che sta per Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa), rimane un paese molto povero e con grandi problemi sociali. E’ secondo solo al Sudafrica nella lista dei paesi con maggiore sperequazione economica. Ma il gigante dell’America Latina ha pure un altro triste primato: il nord-est brasiliano è l’area in cui si registra la più grande concentrazione di povertà rurale di tutto il Sud America.
Nonstante il Brasile si sia sforzato anche con politiche interne per ridurre la povertà e le diseguaglianze socio-economiche che lo affliggono, non si vedono miglioramenti sostanziali. La realtà è che più di un quarto della popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno e il 13% vive con meno di 1 dollaro al giorno. 40 milioni di poveri rappresentano non più del 2,2% del reddito nazionale. Come dire, grandi ricchezze, e immense povertà.
Barbara Olivi vive a Rocinha da 14 anni, quando ha lasciato il suo lavoro da agente immobiliare a Milano per trasferirsi nella più grande delle 1024 favelas di Rio de Janeiro. E stata intervistata da Il Fatto quotidiano, e ha spiegato quello che sta succedendo nella città.
Mentre i Media brasiliani cercano di non parlare della questione “favelas”, Barbara Olivi spiega “Se vivessimo in Italia la stessa repressione saremmo già impazziti. Mentre qui, nonostante la fogna e la mancanza di strutture vince comunque la voglia di andare avanti. Nella foga di sopravvivenza si finisce però per non correre verso i propri diritti. Dev’essere questo il tema principale quando si parla di favelas, prima ancora della povertà. A Rocinha ci sono gli indigenti e i ricchissimi, che fuori da qui non lo sarebbero perché dovrebbero pagare tasse e bollette. Ma tutti, oltre i confini della favela, vengono emarginati e non sono visti di buon occhio. La realtà è che per ogni narcos abbiamo 80 lavoratori e uno zoccolo duro di 19 fancazzisti. I trafficanti di droga sono però armati e questo porta spesso a conflitti a fuoco con la Polizia, che diventano gli unici avvenimenti per cui la Rocinha fa notizia“.
In un contesto che sta lottando per uscire dallo stato di povertà, le conseguenze dell’insufficienza di fondi da destinare ai servizi di base e ai servizi sociali diventano, a loro volta, causa di povertà.
Barbara Olivi prosegue spiegando che l’assegnazione dei mondiali al Brasile è stata motivo di orgoglio per i brasiliani delle favelas. “Però i benefici si sono fermati un passo prima d’entrare alla Rocinha e in qualsiasi altra favela. La Coppa è costata tanto al settore pubblico. E questa gente ne paga le conseguenze sulla propria pelle. Sono cresciuti i prezzi e le infrastrutture pensate e iniziate non sono ancora state portate a termine. Quelle ultimate, penso agli stadi, sono diventati inaccessibili“.
Il Maracanà è sempre stato un simbolo del popolo, oggi è un posto per ricchi. “Il prezzo più basso per una partita è di 80 reais, il salario minimo di un brasiliano è di 780. Chi spende il 10 per cento dei propri guadagni per vedere una partita di calcio?”