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Mondiali Brasile 2014: I 5 motivi per cui l’Italia ha fallito

La precoce e deludente eliminazione di ieri, della nostra Nazionale, ha aperto dibattiti e discussione in ogni parte d’Italia. Nei bar, sul web e negli uffici della penisola il popolo italiano si è scagliato duramente contro la nostra rappresentativa e sul commissario tecnico Cesare Prandelli. Abbiamo provato a trovare i motivi principali per cui gli azzurri, dopo il fallimento di Sudafrica 2010, hanno steccato anche a Brasile 2014. Se nel 2010 si disse che la colpa fu di Lippi che si affidò ad un gruppo, quello vincente del 2006, ormai bollito ora si parla di progetto tecnico fallimentare con tutto il movimento calcistico italiano sulla graticola.

1. Errori evidenti del Commissario Tecnico

Cesare Prandelli ha fatto la frittata. Bisogna ammetterlo e anche lo stesso allenatore deve essersene accorto vista la decisione di dimettersi a fine match. Il Ct è riuscito nell’arco di tre partite a bruciare gli ultimi due anni fatti di buon lavoro. Arrivare nel 2012 secondi all’europeo (dove però sbagliò le scelte per la finale puntando su gente che aveva finito la “benzina”) e terzi in Confederations Cup 2013 sono sicuramente degli ottimo risultati. In Brasile ci sono stati errori da matita rossa sia tecnici che tattici. La scelta contro il modesto Costa Rica di puntare su di un difensivo 4-5-1 è stato un incredibile autogol che ci è costato una buona fetta di qualificazione. Ieri ci sono stati errori a raffica. Prima di tutto la scelta del modulo e dei titolari (vedi Bonucci e Immobile fino a quel momento in naftalina), “imposta” più dai giornale che da un vero e proprio credo calcistico. L’errata mentalità difensiva basata sul solo raggiungimento del pareggio ci è costata paura e timore nell’offendere. Dulcis in fundo i cambi che hanno affossato la nostra partita. Un allenatore che si rispetti sa pescare dal proprio mazzo il jolly. Togliere il fantasma Balotelli, è stata una scelta giusta e d’obbligo, ma inserire Parolo e non Cerci (la coppia Cerci-Immobile è stata la più prolifica del campionato) ha mostrato al mondo quale fosse il nostro obiettivo. Nè vincere, nè perdere ma portare il risultato allo 0-0 finale. Anche l’entrata in campo di altri due giocatori come Thiago Motta e Cassano (tra i peggiori contro la Costa Rica) non è stata molto capita dal popolo italiano. Perchè non puntare sulla velocità e freschezza di Aquilani e Cerci?

2. Balotelli non è un top-player

Dopo la pessima prestazione di ieri, Mario Balotelli è finito nel vortice delle critiche. A fine primo tempo nello spogliatoio azzurro, c’è da mettere la mano sul fuoco, deve essere scoppiata una polveriera. Le parole di Buffon, De Rossi e Prandelli a fine gara ne sono la riprova. L’attaccante del Milan, ancora una volta, ha dimostrato di essere un giocatore normale come tanti altri e nulla di più. Fisico invidiabile e ottima tecnica non fanno diventare un ragazzotto, un campione. Il Mondiale di Balotelli è stato lo specchio della sua stagione al Milan. Partito come la stella della squadra, quello che da solo avrebbe dovuto spaccare il mondo e le difese avversarie si è ritrovato a fare i soliti errori infantili. 3 presenze, 2 ammonizioni e 1 gol sono il bottino di guerra di un top player? non direi proprio. Anche nel Milan ci sono stati più cartellini che reti decisive, più errori grossolani che magie. 23 anni, sono pochi è vero e avrà 10 anni almeno di carriera davanti per rifarsi. Ma i campioni, quelli veri, quelli con la “C” maiuscola a quell’età hanno già dimostrato di essere i numeri 1. Purtroppo per Mario, la strada della sua carriera è simile a quella del suo amico Cassano. Classe raffinata racchiusa in una persona che, non sa nè gestire la pressione nè saper essere un vero uomo, come ha sottolineato De Rossi a fine gara.

Le convocazioni

Anche in questo motivo centra lo zampino del confuso Prandelli. Criticare le scelte post eliminazione è facile si sa ma, tralasciando il “codice etico” che è stata una barzelletta per come sia stato utilizzato in questi anni, Il nostro Ct ha fatto delle scelte a dir poco bizzarre.Prandelli è partito per il Brasile con l’idea di giocare con un’unica punta (Balotelli) e due finti trequartisti come Marchisio e Candreva come del resto fu in Confederations Cup, la scorsa estate, con Giaccherini. Con questo modulo e con questi interpreti è diventato subito un 4-5-1 con Marchisio a sinistra e Candreva quinto a destra. La domanda che è sorta spontanea con questa idea di gioco, cosa ci facessero in Brasile i vari Bonucci, Cassano, Insigne, Cerci. Poi perchè non portare Pepito Rossi? l’attaccante della viola non era al top dopo il lungo infortunio è vero, ma siamo sicuri che metterlo gli ultimi 15-20 non avrebbe spaccato le partite? ieri, siamo certi, che il cambio Rossi-Immobile avrebbe messo in ansia la difesa della Celeste. Il cambio Cassano-Immobile ha alzato il baricentro dell’Uruguay di 20 metri perchè Fantantonio non ha saputo tenere una palla e ha trotterellato, come sua consuetudine, nella zona sinistra del campo quando sarebbe servito centralmente. Anche la decisione di escludere un terzino sinistro di ruolo come Criscito o Pasqual per proporre Chiellini terzino sinistro (nelle prime due gare) rientra in uno dei misteri di Prandelli.

4. Condizione fisica precaria

Qui la colpa non la vogliamo attribuire a Prandelli ma al suo staff. A Coverciano sono state utilizzate saune, stanze speciali e marchingegni che avrebbero dovuto preparare i nostri giocatori al Mondiale. I calciatori azzurri sono apparsi con una condizione fisica precaria. Verratti e Immobile (entrambi giovani fuori per crampi), alcuni giocatori come Pirlo e Thiago Motta che camminavano per il campo e visibilmente affaticati. Velocità di base, togliendo l’ottimo Darmian, quasi nulla. Sicuramente il caldo ha inciso e anche gli orari, ma la condizione generale è parsa veramente deficitaria. I preparatori azzurri dovrebbero fare un grosso “mea culpa“.

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5. Inesperienza internazionale ad affrontare certe gare

Ieri l’arbitro, col rosso a Marchisio, ha condizionato in parte la nostra eliminazione. Probabilmente è stata una espulsione eccessiva seppur il contatto è avvenuto al livello del ginocchio. Quello che sorprende è la nostra continua inesperienza internazionale. Le squadre italiane vanno a giocare in Europa e, oltre ad essere sistematicamente eliminate negli ultimi anni, vengono spesso e volentieri buttate fuori per degli episodi. Una trattenuta su un calcio d’angolo, un cartellino di troppo o simili sono sempre i fattori che determinano le nostre eliminazioni. Il motivo è semplice, nella Serie A, gli arbitri permettono di tutto e di più. I nostri giocatori non si abituano a questo metodo severo internazionale e veniamo ogni volta puniti. Non è forse ora di rivedere il sistema arbitrale italiano? Oltre a questa piccola ma importante nota sui comportamenti dei nostri giocatori, ieri è sembrata una squadra inesperta seppur vecchiotta a livello anagrafico. Il calcio italiano non dà spazio ai giovani bravi facendoli migrare all’estero o tenendoli in panchina. Un esempio? Marco Verratti, migliore in campo ieri, è il perno del PSG campione di Francia e giunto per due anni di fila ai quarti di Champions League. In Italia il Napoli lo voleva acquistare per prestare al Pescara. Il rovescio della medaglia è Marco Parolo. Il buonissimo giocatore del Parma, che ieri ha dimostrato carattere e voglia, seppur gettato nella mischia in un ruolo non suo, ha già 29 anni. Solo sei presenze in azzurro e non ha mai giocato una partita in una competizione eurupea. Siamo certi che se il mediano dei Ducali avesse optato, da ventenne, a giocare all’estero ora avrebbe disputato moltissime partite di Champions League e avrebbe esperienza in gare internazionali di questo livello.

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Luca Vanni

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