E se il morbo di Parkinson fosse una malattia autoimmune? A sostenere questa tesi, supportata da prove, sono alcuni ricercatori della Columbia University, negli Stati Uniti. Se il Parkinson fosse davvero una malattia del sistema immunitario, potrebbe cambiare anche l’approccio terapeutico.
La causa scatenante del morbo di Parkinson, grave malattia di cui soffrono solo in Italia 300.000 persone, è l’accumulo della proteina alfa-sinucleina nel cervello. La conseguenza è che i neuroni produttori di dopamina, un neurotrasmettitore fondamentale per diverse funzioni, situati in una zona del cervello denominata sostanza nera, cominciano a degenerare e poi a morire.
La teoria da sempre prevalente è che a causare il deperimento di questi neuroni, provocando il Parkinson (qui le cure innovative e sperimentali per la terapia), sia una reazione tossica ai depositi di sinucleina.
Negli ultimi anni, come rivela Focus, i ricercatori della Columbia University, guidati dal dottor David Sulzer, hanno cominciato a sospettare che questa malattia che provoca tremori e difficoltà progressive nei movimenti, possa essere in realtà autoimmune.
«A sostegno di quest’ultima ipotesi si è osservato, per esempio, che alcune varianti genetiche legate a disfunzioni del sistema immunitario sono legate anche allo sviluppo del Parkinson», scrive Focus.
Gli studiosi hanno anche trovato una risposta all’obiezione principale a questa teoria, quella che le cellule del cervello sono al riparo dagli attacchi del sistema immunitario in quanto nei neuroni non sono presenti antigeni. Invece, sostengono i ricercatori supportati da prove, «gli antigeni sono presenti sui neuroni dopaminergici danneggiati nella malattia».
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