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Morì a 12 anni sotto i ferri, la specializzanda capì cosa stava succedendo: ‘Potevamo salvarla’

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Zaray Coratella poteva essere salvata se avessero ascoltato la giovane specializzanda in anestesia che aveva capito cosa stava succedendo durante l’operazione che costò la vita alla piccola. La rivelazione arriva dall’inchiesta interna all’ospedale Giovanni XXIII di Bari dove Zaray, di soli 12 anni, morì a seguito di un’operazione al femore per ipertermia da anestesia: l’indagine è stata desecretata dal governatore della Puglia Michele Emiliano, anche grazie alle continue richieste del padre, Massimo Coratella e ora, come racconta il Corriere, sarà presentata ai pm. A parlare è Elisiana Lovato, specializzanda al quinto anno, che stava seguendo l’intervento: fu lei a capire subito che la piccola stava male per ipetermia maligna e fu lei a chiedere il dantrolene, farmaco salvavita che deve essere sempre presente in sala operatoria. Allora però le fu risposto che il farmaco non c’era e che per di più il termometro era rotto, venendo alla fine allontanata.

Zaray si era rotta il femore cadendo al parchetto mentre giocava: quello che doveva essere un intervento nella norma, senza gravi difficoltà, le sarà invece fatale. “Ho ipotizzato in maniera esplicita che potesse trattarsi di ipertermia maligna. Ho toccato la fronte della paziente che sembrava calda”, sono le parole rilasciate dalla specializzanda durante l’indagine interna dell’ospedale. Accortasi della situazione, ha chiesto il dantrolene, sentendosi dire che non c’era.

“Mi sono spostata con il caposala nella stanza dei farmaci adiacente dove mi mostrava che il dantrolene non c’era e mi disse che da quando le precedenti confezioni erano scadute le scorte non erano state ripristinate”, continua il racconto.

Nella ricostruzione della specializzanda emergono altri dettagli choc. In sala operatoria era sola, senza l’anestesista responsabile che infatti viene chiamato su sua insistenza e dà le indicazioni del caso. Lei le esegue, ferma gli ortopedici ma la situazione non migliora. A quel punto dice chiaramente che la sua ipotesi è ipetermia maligna, una febbre genetica grave che si sviluppa sotto anestesia e da cui ci si salva solo somministrando in tempo il dantrolene, la cui presenza è necessaria in ogni operazione.

I chirurghi si spazientiscono, non le credono e “alle rimostranze degli ortopedici per le continue interruzioni, mi viene detto di uscire dalla sala esonerandomi dalla mia attività”.

L’inchiesta interna ricostruisce anche i momenti successivi, con l’arrivo di Zaray in terapia intensiva dove la piccola muore. Secondo quanto appurato dai commissari, il “dantrolene consegnato all’anestesia/sala operatoria il 4 giugno 2015 sarebbe scaduto nel giugno 2017”, mentre l’intervento risale al 19 settembre: se anche ci fosse stato, il farmaco sarebbe comunque stato scaduto.

Per di più, un’anestesista conferma di averglielo somministrato mentre la trasportavano tra la sala operatoria e la terapia intensiva, ma la cartella clinica dice che la prima somministrazione avvenne in terapia intensiva, quando era troppo tardi per la piccola Zaray.

Lorena Cacace

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