Pina Maisano Grassi era una delle icone della lotta contro il racket e la mafia, è morta all’età di 87 anni all’ospedale Villa Sofia di Palermo dove i figli l’avevano accompagnata in seguito a un malore. Pina Maisano era vedova dell’imprenditore Libero Grassi che agli inizi degli anni Novanta aveva denunciato un tentativo di estorsione, per la sua rivolta contro il racket, il commerciante fu ucciso il 31 agosto 1991.
Pina Maisano era laureata in architettura e aveva sposato Libero Grassi nel 1956, dopo la morte del marito si era fatta carico della sua battaglia contro la mafia. La vedova era stata senatore alle Politiche del 1992 eletta tra le file dei Verdi in un collegio in Piemonte. La donna ha combattuto fino alla fine la criminalità organizzata, pochi giorni fa aveva portato avanti i suoi impegni come di presidente onorario dell’associazione antiracket Libero-futura. Con un messaggio l’organizzazione la ricorda: “Insieme a noi sei stata al fianco dei tanti imprenditori che nel nome di Libero iniziavano a denunciare a Palermo. Grazie Pina! abbiamo agito contro la mafia nel nome di Libero e continieremo a farlo in futuro anche nel tuo nome“.
Nel 1991 l’omicidio di Libero Grassi fu uno shock per una Palermo abituata al silenzio e all’omertà. Grassi, un esile e inerme signore in avanti con gli anni, dal carattere mite ma fermo, si era opposto al racket in una città abituata a dire sempre di sì. Grassi andava in TV a raccontare la sua storia, ma la sera era solo: nessuna associazione di categoria lo sosteneva nella sua battaglia solitaria. Grassi pubblicò quindi una lettera aperta sul Giornale di Sicilia, e questa fu la sua condanna a morte. Ecco il testo della lettera:
“Caro estortore
Volevo avvertire il nostro ignoto estortore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l’acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia. Ho costruito questa fabbrica con le mie mani, lavoro da una vita e non intendo chiudere… Se paghiamo i 50 milioni, torneranno poi alla carica chiedendoci altri soldi, una retta mensile, saremo destinati a chiudere bottega in poco tempo. Per questo abbiamo detto no al ‘Geometra Anzalone’ e diremo no a tutti quelli come lui”.
La sua morte innescò un processo virtuoso, alimentato dalla vergogna della Palermo bene per la propria inerzia, che accese le coscienze e che diede impulso a numerose iniziative antimafia.