Ha fatto clamore la notizia secondo cui l’ospedale di Bologna vuole ridurre il risarcimento per una mamma che ha perso la bambina.
Questa è morta per una diagnosi sbagliata da parte dei medici però successivamente la donna ha avuto un altro figlio, quindi la struttura ha ritenuto che fosse giusto chiedere un risarcimento danni minore. È in corso il procedimento civile che punta a quantificare proprio l’entità del danno in termini materiali, per questo motivo in una nota l’ospedale ha chiesto al giudice di tenere in considerazione la capacità di reazione della donna che a distanza di un anno ha intrapreso una nuova gravidanza. L’opinione pubblica si schiera apertamente dalla parte della donna perché si parla di soldi ma c’è un danno molto più grave dietro alla vicenda, ovvero la non competenza dei medici che poi ha portato alla morte della piccola a soli 4 anni per un’occlusione intestinale che è stata valutata in maniera superficiale. Un vuoto incolmabile per la famiglia che poi ha avuto la forza di andare avanti con la propria vita e ricominciare da capo ma nulla cancellerà questo profondo trauma, nemmeno il risarcimento che gli spetta per legge e che sta creando tante polemiche da parte di chi dovrebbe tacere, ovvero la struttura ospedaliera bolognese.
L’ospedale di Bologna in causa per aver provocato la morte di una bambina
Terribile quello che riportiamo in questo articolo, una vicenda che arriva dall’ospedale di Bologna ma che rispecchia una realtà che purtroppo avviene ovunque, anche se fortunatamente non così frequentemente. Un errore può capitare a tutti ma quando si tratta di medici, le loro decisioni possono portare alla vita o alla morte, quindi prima di fare delle diagnosi bisognerebbe svolgere bene tutte le indagini del caso.
In particolare, quando a stare male è una bambina di soli 4 anni e mezzo. La madre l’aveva portata nel 2020, presso la struttura in preda a forti dolori addominali. La bambina aveva quella che è stata scambiata per una gastroenterite e curata come tale, invece il quadro clinico era molto più grave e si trattava di un’occlusione intestinale.
L’errata valutazione da parte dello staff medico ha portato a una condanna per pediatra, radiologo e chirurgo che hanno curato questo caso. La piccola è morta il 21 ottobre presso l’ospedale, dove era ricoverata da giorni e due anni dopo i giudici riconobbero che la piccola paziente è morta per le sottovalutazioni dei sanitari, condannati per omicidio colposo.
Una macchia indelebile per un ospedale prestigioso e punto di riferimento per Bologna e città limitrofe ma soprattutto un vuoto terribile per la famiglia, che ha avuto la forza di andare avanti con la propria vita e mettere al mondo un altro figlio a solo un anno dalla tragedia. Proprio questo l’elemento su cui ha fatto leva la struttura sanitaria, che ha chiesto di poter ridurre il risarcimento economico che spetta alla donna.
Lo ha fatto durante il procedimento civile avviato per quantificare in denaro, l’entità del risarcimento dovuto. Anche qui, forse era opportuno non dire nulla ma il Sant’Orsola ha continuato a infierire verso la mamma esprimendo la volontà di darle un risarcimento minore alla luce del fatto che ha avuto un altro bimbo.
Una battaglia legale che sembrava giunta al termine, invece questo colpo di coda ha riacceso la furia della famiglia danneggiata e dell’opinione pubblica che fin dal primo momento si è stretta al dolore.
La reazione della mamma
“Dicono che io sto bene perché ho avuto un altro figlio, quindi il dolore è minore e il risarcimento deve essere contenuto. I miei avvocati mi hanno chiamato comunicandomi questa cosa e quando ho letto l’atto non ci potevo credere. Sapevano che mi avrebbe fatto soffrire e infatti sono profondamente ferita, oltre il danno anche la beffa” queste le dichiarazioni della donna, Barbara Speranza, seguita dai legali Pierpaolo Mazzoli e Marco Ferrari.
La mamma della giovanissima vittima dell’errore di valutazione, ha precisato che la sua vita è tutt’altro che normale perché sebbene abbia provato una gioia fortissima con la nuova gravidanza, questo si contrappone al dolore per la perdita, che in nessun modo potrà essere cancellato.
Difficile quantificare in numeri tutto ciò ma di certo infierire sull’importo del risarcimento è stato un gesto vile e di basso livello da parte della struttura, già fortemente intaccata dalla vicenda.
“Non ho più l’entusiasmo per niente, ho ancora un lavoro fortunatamente ma vi assicuro che ogni giorno piango, anche durante alcuni riunioni, per quello che mi è successo. Ogni nuovo giorno che devo affrontare è uno in più senza la mia bambina e sono seguita da uno psicologo per questo. Avere un altro figlio è stata una gioia indescrivibile ma segnata dal dolore perché il lutto non passerà mai. La mia vita rimarrà comunque segnata e distrutta dall’evento e non dovrei stare qui a giustificarmi ma le argomentazioni portate dal Sant’Orsola sono inaccettabili e mi hanno fatta sentire quasi in dovere di farlo” questo ha detto durante l’intervista al Corriere.
Per questo fatto è stata anche aperta un’inchiesta bis da parte del pm Marco Imperato, in cui 6 membri del personale sanitario fra cui infermieri e medici vennero accusati di favoreggiamento personale, omissione di soccorso e falso ideologico per alcune dichiarazioni fatte dopo il decesso della piccola e le annotazioni sulla cartella clinica. Quattro di loro sono stati poi prosciolti ma un medico e un’infermiera sono ancora sotto processo.
Barbara Speranza ha parlato di strumentalizzazione di minore da parte dell’ospedale che non ha alcuna argomentazione valida e che quella volta doveva curare la sua bambina e non l’ha fatto. Ora lo stesso Sant’Orsola la attacca usando l’altro figlio che oggi ha un anno per “dimostrare” che la sofferenza è stata minore.
“Non sanno nulla della mia vita e di quello che ho passato. Sono gravemente irrispettosi nei miei confronti, ma anche della mia bambina che non c’è più e del suo fratellino”.
Il secondo bambino è arrivato dopo i 40 anni in una famiglia devastata dal dolore, quasi come una medicina curativa per lenire la sofferenza. Una gravidanza che la donna non è riuscita a godersi con la giusta felicità perché nella sua mente c’è sempre lo spiacevole episodio di 3 anni fa.
“Con quello che l’ospedale afferma, i miei bambini vengono privati delle loro identità, i figli non sono sostituibili” dice in preda allo sconforto, al giornalista che sta raccogliendo il suo sfogo.
Conclude poi dicendo “Dopo tutto quello che ho dovuto sentire, dopo le bugie su quella giornata in cui io e mia figlia che stava malissimo siamo state completamente abbandonate nel reparto di osservazione breve intensiva, adesso anche questa doccia fredda. Mi hanno strappato via mia figlia, ovvio che cerco di andare avanti e non so nemmeno come ho trovato la forza di mettere al mondo questo bambino. Vogliono demolire anche questo sottile filo che mi tiene attaccata alla vita, vogliono distruggermi psicologicamente: è l’unico strumento processuale che hanno?”.
Noi nel nostro piccolo possiamo solo dar voce a queste parole di dolore ed esprimere la nostra vicinanza verso una donna che ha vissuto la cosa più brutta che può capitare a una madre.