Il poeta statunitense Lawrence Ferlinghetti simbolo di un’epoca è morto all’età di 101 anni. Non fu solo autore, promotore dell’arte ed editore, ma anche libraio: fu infatti dell‘iconica libreria al numero 261 di Columbus Avenue a San Francisco in cui nacque proprio la Beat Generation. E da dove, grazie a Ferlinghetti, il mondo potè godere dell’opera di Ginsberg, Kerouac, Burroughs, Corso e tanti altri.
Proprio a San Francisco si è spento Ferlinghetti, nella sua casa, dopo aver lottato contro una malattia polmonare. A dare la notizia il figlio Lorenzo.
Ferlinghetti un “Little Boy” di cent’anni
Solo lo scorso anno, in occasione del centenario, andava in stampa la sua autobiografia, Little Boy. Lì, di sè stesso, Ferlinghetti scrisse: “Little Boy, cresciuto da romantico contestatore, ha conservato la sua giovanile visione di una vita destinata a durare per sempre, immortale come lo è ogni giovane, convinto che la sua identità speciale non morrà mai“.
L’infanzia travagliata di Lawrence
Nei panni reali del little boy, Ferlinghetti non ebbe vita facile: nato a Yonkers (New York) nel 1919, fu orfano di padre. La madre venne ricoverata in ospedale psichiatrico poco dopo la sua nascita, la zia cui fu affidato fuggì quando Lawrence aveva solo 7 anni.
Venne così allevato dai datori di lavoro della zia, ma non si diede per vinto. Studiò all’Università della North Carolina e nel 1941 divenne giornalista. Dopo la Seconda guerra mondiale si trasferì a Parigi, per studiare alla Sorbonne. Iniziò a scrivere poesie.
City Lights: la letteratura democratica
Fondà la libreria e casa editrice City Lights nel 1953, dopo il suo rientro negli States, con l’obiettivo di democratizzare la cultura, rendendo accessibile la letteratura a tutti.
Nel 1958, pubblicò la sua prima raccolta autografa, con la quale ebbe immenso successo: A Coney Island of the Mind. Vendette più di un milione di copie e continuò: negli anni a venire, continuò pubblicano oltre 50 volumi di poesia, narrativa e diari di viaggio.
La speranza per la “next generation” di Ferlinghetti
Intervistato da The Guardian, in occasione dei 100 anni e dell’uscita del suo ultimo volume, disse di sperare ancora in una rivoluzione. “Gli Stati Uniti non sono pronti per una rivoluzione. Ci vorrebbe un’intera nuova generazione non devota alla glorificazione del sistema capitalista, una generazione non intrappolata nel me, me, me“.