[didascalia fornitore=”Ansa”]Il regista Ermanno Olmi nel 2017 durante la presentazione del film sulla vita del Cardinal Martini, ‘Vedete, sono uno di voi’.[/didascalia]
Se ne va un’altra grande firma del cinema italiano: è morto Ermanno Olmi, celebre regista originario della provincia bergamasca, autore di alcune pietre miliari della nostra cinematografia come L’Albero degli Zoccoli (Palma d’oro a Cannes nel ’78), La Leggenda del Santo Bevitore e Il Mestiere delle Armi. Olmi, che avrebbe compiuto 87 anni il prossimo 24 luglio, si è spento ad Asiago, paese dell’Altopiano vicentino, dove si era trasferito fin dalla fine degli anni ’70. Era malato da tempo e da venerdì scorso era stato ricoverato d’urgenza in ospedale.
Nato a Bergamo il 24 luglio 1931 ma cresciuto in provincia, a Treviglio, Olmi rimase presto orfano di padre, ferroviere e antifascista, caduto durante la Seconda Guerra Mondiale. Trasferitosi a Milano per seguire i corsi di recitazione dell’Accademia di Arte Drammatica (avrebbe infatti intitolato la sua autobiografia ‘Ragazzo della Bovisa’), iniziò negli anni ’50 a realizzare alcuni documentari e nel ’59 girò il suo primo lungometraggio dal titolo ‘Il tempo si è fermato’.
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Il primo vero successo giunse due anni dopo con ‘Il posto’, premiato dalla critica alla Mostra del cinema di Venezia del 1961, poi ottenne ulteriori consensi con ‘I fidanzati’ ed ‘E venne un uomo’, biografia di Papa Giovanni XXIII. Dopo qualche pellicola interlocutoria, nel ’78 il regista Ermanno Olmi ‘inventò’ il capolavoro della sua carriera cinematografica: ‘L’Albero degli Zoccoli’, indimenticabile affresco della vita contadina nelle campagne bergamasche, girato interamente da attori dilettanti scelti tra la gente del luogo. Come detto, il film si aggiudicò la prestigiosa Palma d’oro a Cannes, il Premio Cesar (gli Oscar francesi) per il miglior film straniero, il David di Donatello, 5 Nastri d’argento e altri riconoscimenti sia in Italia che all’estero.
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Dopo il trasferimento ad Asiago, Olmi girò nell’82 ‘Camminacammina’, poi fu costretto a interrompere per qualche anno l’attività a causa di una grave malattia, la sindrome di Guillain-Barré (fu proprio in quel periodo che scrisse il romanzo autobiografico ‘Ragazzo della Bovisa’). Tornò dietro la macchina da presa nell’87 con ‘Lunga vita alla signora!’ (Leone d’argento a Venezia), poi nel 1988 ottenne il suo secondo exploit grazie a ‘La leggenda del santo bevitore’, una grande produzione internazionale tratta dal racconto di Joseph Roth, premiata con il Leone d’oro, 4 David di Donatello (tra cui miglior film e miglior regia) e 2 Nastri d’argento.
Nel ’93 Ermanno Olmi, morto il 7 maggio 2018 a 86 anni, diresse Paolo Villaggio in ‘Il segreto del bosco vecchio’, poi fece un’altra incetta di premi con ‘Il mestiere delle armi’ (2001), sulla vita del condottiero Giovanni delle Bande Nere, che si aggiudicò ben 9 David di Donatello e 3 Nastri d’argento. Chiuse la sua carriera di immenso regista con ‘Cantando dietro i paraventi’ del 2003, ‘Centochiodi’ del 2007 e ‘Torneranno i prati’ del 2014, il suo ultimo lungometraggio ambientato durante la Prima Guerra Mondiale nelle trincee sull’Altopiano di Asiago, diventata ormai da tempo la sua terra adottiva. Nel 2008 gli era stato conferito pure il Leone d’oro alla carriera.