Morto il “cannibale di Kobe”: Issei Sagawa, divenuto celebre per l’efferato delitto di cui si rese autore, uccise e mangiò una ragazza nel 1981. È deceduto da uomo libero all’età di 73 anni.
Secondo quanto ricostruito sulla sua terribile storia, il killer di Kobe sarebbe riuscito a scampare alla condanna grazie al riconoscimento dell’infermità mentale.
Issei Sagawa sarebbe scampato alla prigione per infermità mentale e sarebbe morto da uomo libero in Giappone, dove era diventato famoso proprio a seguito dell’atroce delitto e degli atti di cannibalismo a lui ascritti.
La morte del “cannibale di Kobe” sarebbe stata confermata da un fratello minore dell’uomo, che viveva da decenni alla periferia di Tokyo come un cittadino qualunque.
Dopo la cerimonia funebre, celebrata in forma strettamente privata, la salma sarebbe stata destinata alla cremazione.
Secondo quanto si apprende, le cause della morte di Issei Sagawa sarebbero riconducibili a una grave polmonite che lo avrebbe colpito qualche tempo fa.
All’epoca dell’efferato delitto, riconosciuto infermo di mente, sarebbe stato estradato in Giappone per poi essere “riabilitato” in quanto ritenuto capace di intendere e di volere.
L’omicidio per cui Issei Sagawa divenne tristemente noto come “il cannibale di Kobe” vide vittima la studentessa olandese Renée Hartevelt, sua compagna universitaria della Sorbona di Parigi.
Stando a quanto ricostruito sul delitto, Sagawa avrebbe invitato la ragazza a cena nel suo appartamento e l’avrebbe assassinata con un colpo di fucile.
La vittima sarebbe stata colpita alle spalle, poi fatta a pezzi prima di essere letteralmente “preda” del suo assassino.
Issei Sagawa avrebbe divorato diverse parti del cadavere e sarebbe stato arrestato pochi giorni dopo il fatto.
Il “cannibale di Kobe” sarebbe stato fermato dalle autorità dopo aver tentato di disfarsi di ciò che restava del corpo nel parco Bois de Boulogne.
A casa sua, all’interno di un congelatore, sarebbero stati ritrovati altri reperti sconvolgenti poi rivelatisi parti del corpo della vittima conservate probabilmente per un consumo successivo.
Mangiarla è stata un gesto supremo d’amore
Con queste parole, dopo l’arresto, Issei Sagawa avrebbe dipinto l’orrore davanti agli inquirenti. Un desiderio, quello di reiterare atti di cannibalismo, lo avrebbe poi accompagnato fino alla morte e così lo avrebbe spiegato a Vice, in una delle sue interviste:
Mangiare una donna è diventato imperativo
Sagawa non ha scontato alcuna pena in carcere. In Francia, infatti, sarebbe stato riconosciuto infermo di mente e rinchiuso in un ospedale psichiatrico per alcuni anni prima che il padre, nel 1985, riuscisse a farlo estradare in Giappone.
Le accuse a suo carico, a quel punto, in patria risultavano decadute e, dopo una ulteriore perizia, sarebbe stato considerato sano di mente e per questo tornato in libertà.
Impunito per l’orrore commesso nel cuore della Francia, avrebbe trascorso il resto della sua vita come un cittadino comune e nel pieno accesso a ogni sfera della società, riuscendo persino a fare soldi attraverso libri e documentari in cui restano impressi i particolari macabri dell’omicidio.
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