Francesco Geraci, ex fedelissimo di Matteo Messina Denaro, aveva partecipato alla missione romana di Cosa nostra: aveva 59 anni.
E’ morto in una clinica privata Francesco Geraci, dello stesso male di cui soffre il super boss Messina Denaro, ossia tumore al colon. Il collaboratore di giustizia era in cura a Milano, aveva raccontato diversi dettagli alle forze dell’ordine sul periodo delle stragi.
Era il custode del tesoro di Totò Riina, ma anche fedelissimo di Matteo Messina Denaro. Francesco Geraci, collaboratore di giustizia, è morto all’età di 59 anni in una clinica di Milano dove stata effettuando le cure per combattere un tumore al colon. La stessa patologia che affligge “u siccu” che invece era in cura a Palermo, ma sotto falso nome e in latitanza.
Geraci era un gioielliere di Castelvetrano, prima braccio destro di Messina Denaro, poi pentito, ma non era mai stato affiliato a Cosa nostra. Dopo l’arresto, è stata proprio la stagione delle stragi punto fondamentale delle sue confessioni.
Geraci era stato scelto inoltre da Totò Riina per la missione di Roma che aveva come obiettivo l’omicidio di Giovanni Falcone. La spedizione, poi fallita, del febbraio 1992 era stata condotta da un gruppo di Killer con a capo proprio Messina Denaro e Giuseppe Graviano.
Francesco Geraci aveva raccontato che l’obiettivo era Falcone a Roma, che si doveva recare al ministero. La decisione di quella spedizione fu presa a Palermo durante un consiglio tra Messina Denaro, i fratelli Graviano ed Enzo Sinacori, insieme a Salvatore Biondo. Lui non partecipò, visto che non era un affiliato, ma fu mandato a Roma ugualmente.
Insieme a Giuseppe Graviano, Matteo Messina Denaro, Enzo Sinacori e Renzo Tinnirello. Fu scelto, come da lui raccontato, perché in possesso di una carta di credito che gli avrebbe permesso così di noleggiare una macchina. La missione però venne annullata da Riina, che richiamò i suoi in Sicilia.
Il racconto di Geraci era stato fondamentale proprio per le accuse mosse a Messina Denaro, nel processo relativo all’omicidio di Falcone e Borsellino. Geraci aveva raccontato che alcune settimane dopo la missione Messina Denaro gli aveva detto di non recarsi a Palermo.
Il gioielliere rimasto perplesso, visto che per lavoro avrebbe dovuto recarsi a Palermo ogni giorni, ricevette il permesso ma senza mai passare dall’autostrada. La motivazione era ovviante la strage programmata di Capaci, dove perse la vita Falcone mentre percorreva l’autostrada nei pressi di Palermo.
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