È morto Kobe Bryant: la notizia della scomparsa del campione, che aveva compiuto 41 anni lo scorso agosto, arriva come un fulmine a ciel sereno e fa presto il giro del mondo. Nulla che facesse presagire una scomparsa prematura da parte di chi, con le sue gesta, si era già iscritto nel registro degli immortali, solo un destino beffardo che ha fatto precipitare l’elicottero sul quale viaggiava insieme ad altre 8 persone tra le quali la figlia di 13 anni, Gianna, mentre si recavano a Thousands Oaks, California, dove il Mamba avrebbe dovuto allenare una partita della squadra della figlia nella Mamba Cup, un torneo con squadre maschili e femminili organizzato dalla sua Mamba Sports Academy, il progetto legato al basket della carriera post Nba del 41enne.
È morto Kobe Bryant è la frase che, di bocca in bocca, fa il giro del mondo arrivando a qualsiasi latitudine. Il Fato ha scelto lui, Kobe, una delle icone sportive più brillanti dell’intero firmamento non solo del basket NBA, ma dell’intero universo sportivo, capace con le sue gesta di ispirare milioni di persone. Un vero e proprio idolo non solo in America, dove con la maglia dei Los Angeles Lakers ha scritto la storia vincendo 5 titoli e stabilendo numerosi record, ma anche nel resto del mondo: cresciuto in Italia – il papà ha giocato per molti anni nel nostro Paese vestendo le maglie di Rieti, Reggio Calabria, Pistoia e Reggiana – Bryant è diventato una leggenda del basket raggiungendo nel firmamento il suo grande idolo, quel Michael Jordan che appena appresa la notizia ha voluto rendere omaggio a quello che definisce “un fratellino”: “Sono sconvolto non ci sono parole per esprimere il dolore che provo. Per me Kobe è stato come un fratellino, parlavamo spesso, mi mancheranno tanto le nostre conversazioni” si legge nella nota diffusa dal campione. Tutti hanno voluto esprimere la propria vicinanza alla famiglia del campione, devastata anche dalla perdita della figlia 13enne, Gianna; dal presidente americano Donald Trump all’ex compagno di mille battaglie Shaquille O’Neal, passando per Cristiano Ronaldo, Francesco Totti, Marco Belinelli, Steve Nash e tantissimi altri, tutto il mondo dello sport piange la scomparsa di uno dei suoi interpreti più illustri.
Una disgrazia, quella capitata al campione NBA, che ha lasciato tutti senza parole: nell’immaginario collettivo, Bryant era ormai diventato il basket, icona della palla a spicchi al pari dei grandissimi del passato e fonte d’ispirazione per i campioni del domani, gli stessi che sono cresciuti guardando le sue gesta ed imitando i movimenti del Mamba, proprio come fece lui con Michael Jordan. Un rapporto, quello tra i due, nato prima sul campo e poi proseguito fuori. Un passaggio ideale di consegne tra due miti assoluti del basket perché, come ripete ogni appassionato della pallacanestro e non solo, “dopo il 23, viene sempre il 24” citando i numeri di maglia che hanno contraddistinto le carriere dei due. Adesso, però, l’ex giocatore dei Los Angeles Lakers non potrà più avere quel rapporto con il suo mentore Jordan. È morto Kobe Bryant, una di quelle frasi che nessuno avrebbe mai voluto sentire e che, a poche ore dalla tragedia, si fa ancora fatica a credere vera.
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