Roberto Blake è morto. L’attore aveva 89 anni (ne avrebbe compiuti 90 a settembre) e, secondo i media americani, a causarne il decesso sarebbe stata una malattia cardiaca. Celebre soprattutto per aver indossato i panni del detective Tony Beretta, Blake era finito al centro dell’attenzione verso i primi anni del 2000 dopo l’assassinio della moglie, di cui era stato accusato.
La carriera di Robert Blake è stata lunghissima: è durata 60 anni, dagli anni ’30 agli anni ’90, diventando di fatto una delle più lunghe in assoluto di Hollywood. Eppure è stata segnata da una fine che potremmo definire “brusca”, ma sarebbe comunque riduttivo. Ecco le tappe salienti della sua vita.
Robert Blake, celebre soprattutto per aver vestito i panni del detective Tony Baretta nell’omonima serie, è morto. La sua carriera è stata segnata da innumerevoli successi, la sua vita da un’accusa gravissima. Possiamo dire che Blake è riuscito ad assaporare tutto l’arcobaleno di emozioni che la vita offre, nel bene e nel male. Ha avuto successo, ma lo stesso gli si è anche riversato contro dopo la morte della moglie, di cui per anni è stato ritenuto colpevole, salvo poi essere assolto. Ma non è da questo punto della storia che vogliamo partire.
Michael James Gubitosi – questo il suo vero nome – nacque a Nutley il 18 settembre 1933. Avrebbe compiuto 90 quindi quest’anno, ma la sua vita si è fermata giusto un passo prima. Possiamo dividere il libro della sua esistenza in due mega-capitoli: il primo va dalla sua nascita alla fine degli anni ’90, il secondo inizia con l’incalzare del nuovo millennio, che lo porterà dalle luci della ribalta al buio di una cella. Ma procediamo per gradi.
Michael James Gubitosi nacque a Nutley il 18 settembre 1933, dicevamo, da padre italiano (Giacomo Gubitosi) e madre statunitense (Elizabeth Cafone). Quando aveva cinque anni volò a Los Angeles e lì divenne in pochissimo tempo un attore bambino: esordì nel film Bridal Suite per poi entrare nel cast delle Simpatiche canaglie (in cui restò per diversi anni), passando da Mickey Gubitosi – il suo primo nome d’arte – a Bobby Blake.
Sempre negli anni ’40 l’attore interpretò il ruolo di Little Beaver in 23 film di Red Ryder, la popolare serie western. Da allora di parti ne ebbe eccome: da Il grande botto con Stanlio e Ollio a Il tesoro della Sierra Madre, passando per Perdutamente, i film in cui recitò in quel decennio furono davvero tantissimi.
Arrivarono poi gli anni ’50, che per lui furono quelli della svolta in un certo senso: fu solo allora che divenne – anche legalmente – Robert Blake e venne fuori la sua velleità di diventare un attore (prettamente) di pellicole western. Ma fu negli anni ’70 che arrivò il successo planetario, grazie alla succitata serie tv Baretta, che gli permise di ottenere numerosi riconoscimenti, tra cui un Emmy Award nel 1975 e un Golden Globe nel 1976.
Come abbiamo anticipato, però, con la fine del vecchio millennio, terminò anche la sua carriera da attore: risale al ’97 il suo ultimo impiego, ai tempo cioè di Strade perdute di David Lynch. Quella che tutti ancora oggi ricordano, però, è una carriera considerata tra le più lunghe nella storia di Hollywood (di fatto durò circa 60 anni, dagli anni ’30 agli anni ’90), ma quello che accadde dopo in qualche modo inquinò la sua immagine.
19 novembre 2000: Robert Blake sposa Bonnie Lee Bakley, con cui aveva una storia da circa un anno, ma che fino a poco prima stava frequentando anche Christian Brando, il figlio di Marlon. A spingerlo a prendere questa decisione fu il test del DNA, che confermò la sua paternità: la donna era incinta e il figlio era suo.
4 maggio 2001: Bakley è in un parcheggio di Los Angeles. Sta aspettando suo marito, che è appena tornato nel ristorante italiano Vitello’s – situato a Tujunga Avenue, Studio City – da cui la coppia era appena uscita. A un tratto arriva qualcuno e le spara: Bonnie muore.
Blake viene portato in ospedale, dove passa la notte. In seguito verrà interrogato per ben cinque ore di fila, ma inizialmente solo in qualità di testimone. Anzi, vi diremo di più: qualche giorno dopo l’omicidio della moglie, assunse un detective per trovare il responsabile.
Sarà solo negli anni successivi che l’attore da vittima inizierà a essere visto nell’immaginario comune come carnefice: il 18 aprile del 2002 – quindi quasi un anno dopo la morte di Bonnie – Blake viene arrestato. L’accusa è molto chiara: uxoricidio. Il problema – anzi, uno dei tanti dovremmo dire – è che tutto avviene in diretta nazionale: l’attore si trova a casa della sorella quando arrivano dei poliziotti, gli mettono le manette e lo portano via. Insieme a lui sarà arrestata anche una delle sue due guardie del corpo, accusata di aver in qualche modo preso parte all’omicidio.
Qui tutto diventa ancora più intricato: un ex stuntman, Ronald “Duffy” Hambleton, testimonia contro Robert, insieme anche a un ex socio, Gary McLarty. Le sue dichiarazioni sono molto chiare: stando alle sue parole, Blake avrebbe tentato di convincerlo ad assassinare la Bakley.
Secondo l’accusa, l’attore avrebbe deciso di “fare fuori” la moglie per poter porre fine al matrimonio che in realtà era avvenuto contro la sua volontà. Qui, però, dobbiamo fare un ulteriore passo indietro e tornare al ’99, l’anno in cui i due si conobbero.
All’epoca la Bakley, nonostante avesse solo 43 anni, aveva ben nove matrimoni alle spalle. Tutti avevano un paio di punti in comune: lo sposo era un uomo molto più grande di lei e, soprattutto, molto ricco. La donna – che a soli 16 anni aveva lasciato il New Jersey e la scuola che frequentava per trasferirsi a New York e iniziare una carriera da modella – si era sposata la prima volta a 21 anni con un suo cugino, da cui aveva avuto i suoi primi due figli.
Da lì, iniziò a intrecciare relazioni – alcune delle quali sfociate poi in matrimoni e successivamente in divorzi – con volti noti appartenenti al mondo dello spettacolo. I suoi amici avevano parlato di lei come una persona smaniosa di diventare celebre: ci aveva provato in tutti i modi a raggiungere la fama, non solo attraverso le sue storie d’amore, ma anche fingendosi la figlia Jerry Lee Lewis (il test del DNA aveva smentito la notizia).
Dopo la sua morte emersero una serie di registrazioni di sue conversazioni telefoniche, in cui la donna aveva ammesso chiaramente di volersi sposare a tutti i costi con qualche star. Le sue parole non lasciavano affatto spazio ai dubbi: “Mi piace stare intorno alle celebrità, ti fa sembrare migliore delle altre persone”.
Nel frattempo – mentre la sua carriera a Hollywood stentava a decollare proprio per via della sua fama di cacciatrice di dote e le accuse per piccoli crimini continuavano a sommarsi – la Bakley riuscì comunque nel suo intento in un certo senso, almeno dal punto di vista economico: prima di morire era riuscita a diventare proprietaria di due case più alcuni terreni a Memphis e di un’altra casa fuori Los Angeles.
La donna aveva conosciuto Blake al compleanno di Chuck McCann, ma, come abbiamo anticipato, all’epoca frequentava Christian, il figlio di Marlon Brando. Dopo aver intrecciato anche una relazione con l’attore, restò incinta: nacque la sua quarta figlia, che chiamò Christian Shannon Brando, salvo poi scoprire che il suo vero padre era Robert e cambiare anche il suo nome. C’è da dire che quest’ultimo, nonostante il matrimonio e la figlia, non volle comunque mai vivere con la moglie: aveva deciso di abitare in una piccola casa dietro la sua a Studio City. Erano vicini sì, ma non troppo.
Quello che successe dopo la morte di Bonnie, alla luce delle vicende pregresse, sembrò quasi un naturale corso delle cose: perché non accusare Blake, l’ultimo che aveva visto la donna e che aveva tutte le ragioni di provare dell’astio per lei dopo quello che era successo? E poi c’era la dichiarazione dello stuntman che lo aveva incastrato.
Eppure, durante il processo, la verità venne fuori: quest’ultimo aveva parlato solo perché gli era stato promesso che, se lo avesse fatto, sarebbe stato assolto per i suoi precedenti reati. Aveva in pratica scambiato una testimonianza contro l’attore con la sua libertà, ma il suo piano si rivelò fallimentare, perché saltò fuori grazie ai legali di Blake.
Ovviamente, dopo la scoperta, l’attore fu assolto, ma quegli anni così turbolenti cambiarono comunque inevitabilmente il resto della sua vita. Una giuria civile, infatti, lo ritenne responsabile della morte della moglie e per questo fu costretto a pagare alla sua famiglia 30 milioni di dollari: questo lo mandò letteralmente in bancarotta.
A ciò si aggiunge il calvario che ha dovuto attraversare per percorrere la via della sua assoluzione: a partire dal pubblico che gli aveva voltato le spalle – nel 2002, parlando con l’Associated Press mentre era era in carcere, affermò: “Mi ha fatto male perché l’America è l’unica famiglia che avevo” – per arrivare al rapporto con la figlia – il cui nome fu poi tramutato in Rose Lenore – con cui in pratica non ha mai potuto instaurare un vero e proprio legame padre-figlia.
Dopo quello che successe, infatti, la ragazza – allora bambina – andò a vivere con altri parenti, con cui di fatto è cresciuta. Per anni non ha visto suo padre, almeno fino al 2019, quando riuscì a incontrarlo finalmente. Eppure, in un’intervista rilasciata a People, Blake ha rivelato esplicitamente che Rose Lenore lo chiamava Robert e non papà.
Adesso Robert Blake è morto, a quasi 90 anni. Secondo i media americani a causarne il decesso sarebbe stata una malattia cardiaca, ma quello che più conta è che, almeno verso la fine della sua vita, sia riuscito a ricongiungersi (anche se mai del tutto) con la figlia. Magari l’attore non avrà avuto il suo lieto fine – considerando anche che negli ultimi 26 anni non ha più lavorato in pratica – ma almeno nella sua vita giustizia è stata fatta. Una magra consolazione, sì, ma pur sempre una consolazione.
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