Il Movimento 5 Stelle sembra essere in crisi. Lo dimostra la presenza di Beppe Grillo a Roma, con l’intenzione di ridimensionare le scelte di Luigi Di Maio in relazione alla legge elettorale. La trattativa sembra non essere andata per il verso giusto e il leader del M5S ha deciso di prendere parte attivamente alla discussione, per stabilire una nuova strategia insieme ai gruppi parlamentari di Camera e Senato. Prima di ogni altra cosa, però, Grillo vuole parlare con Di Maio, che è stato visto come uno degli esponenti di spicco del Movimento, ma le cui decisioni (come quella di fissare un nuovo incontro con il PD per continuare a parlare sulla legge elettorale) non sono piaciute a Grillo e a Casaleggio.
I pentastellati promettono di non terminare la battaglia, sia fuori che dentro i palazzi della politica. L’obiettivo, secondo il M5S, è quello di effettuare un’opera di sensibilizzazione sul fatto che si vuole una riforma “fatta bene nel rispetto delle regole democratiche”.
Intanto aumentano coloro che non condividono le decisioni di Beppe Grillo. In particolare il sistema che è stato seguito per il confronto con il PD sulle riforme da apportare al Paese non è piaciuto al 90% dei pentastellati alla Camera. Alcuni hanno ritenuto che l’accordo che Grillo ha concesso ai democratici sulle riforme e sulla legge elettorale rientri nell’ambito di decisioni prese dall’alto, direttamente da Grillo stesso e da Gianroberto Casaleggio. A quanto pare non c’è stata nessuna comunicazione all’assemblea dei 5 Stelle.
Non si tratta soltanto di critiche che provengono dai dissidenti, ma anche da coloro che fino a questo momento hanno deciso di restare fedeli alla linea fondante del movimento stesso. Forti critiche sono arrivate da parte di Giulia Grillo, Stefano Valente, Laura Castelli e Walter Rizzetto. Tutti hanno assicurato che la messa in discussione delle decisioni di Grillo è avvenuta senza turbolenze e senza scontri violenti. Allo stesso tempo hanno però messo in luce le contraddizioni riscontrabili all’interno del movimento sulla questione dei 10 punti, di cui ha scritto Beppe Grillo sul suo blog.
Proprio in seguito a questi fatti in molti si sono resi conto che è difficile portare avanti una linea di democrazia diretta e che quindi è inevitabile che, in certi contesti, soltanto Grillo e Casaleggio prendano le decisioni di fatto. Ecco perché c’è chi ha proposto di eleggere un direttivo, ma alla fine il tutto si è risolto con un nulla di fatto, perché in questo modo il Movimento 5 Stelle avrebbe molto in comune con gli altri partiti.
Luigi Di Maio punta alla segreteria
E’ inevitabile, comunque, nonostante il “ridimensionamento” effettuato da Grillo, riconoscere che proprio Di Maio ha avuto un ruolo di notevole importanza nel portare avanti un dialogo con il PD e già in molti si chiedono come mai questa figura sia riuscita a prendere così piede, se il tutto si debba ascrivere ad una più manifesta debolezza da parte di Beppe Grillo. Quasi in sordina, sembra che Di Maio voglia puntare alla segreteria del Movimento 5 Stelle. Di Maio non manca di “corteggiare” il Premier, esegue un tira e molla nel dialogo con il PD, propone ai democratici di rivedersi, per continuare la discussione.
E’ stato sempre lui che ha parlato di tempi brevi per la messa a punto della nuova legge elettorale. Di Maio ha dimostrato di essere davvero molto abile: è in grado di sedersi ad un tavolo e fare opera di mediazione. Dove lo porterà questo suo atteggiamento? Certamente intanto Di Maio ha segnato una svolta nella linea di comunicazione del M5S. Poco importa se, da questo punto di vista, Matteo Renzi è riuscito ad ottenere la sua “vittoria”. In ogni caso restano da capire quali saranno adesso i prossimi passi che Di Maio intende compiere all’interno del contesto politico contemporaneo.
Il dossier della vergogna
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E’ scoppiato il caos all’interno del Movimento 5 Stelle, in seguito ai risultati delle ultime Elezioni Europee. Le accuse sono emerse attraverso un dossier interno al movimento politico, che analizza nello specifico i risultati dell’ultima consultazione elettorale e fa il punto sulle condizioni dei parlamentari del M5S, che, secondo il documento, non verrebbero percepiti come affidabili. Il dossier è diviso in quattro capitoli: “Intro”, “Fuori”, “Dentro” e “Possibili soluzioni”. In particolare si discute del fatto che il movimento dovrebbe uscire fuori, “organizzare stati generali tematici, entrare nelle università, nei luoghi di lavoro e lasciar perdere le agorà”.
Nel documento si può leggere: “Per far percepire l’affidabilità e il costruttivismo del gruppo non si possono più fare solo denunce senza essere affiancate da proposte e soluzioni. Se non si ha una soluzione a un problema non lo si può denunciare”. E per questo motivo si suggerisce di presentare un’apposita squadra di Governo capace di rendere concrete queste possibilità. Allo stesso tempo il movimento è consapevole che Renzi ha vinto le elezioni con delle percentuali che non hanno precedenti.
Questa iniziativa, però, secondo alcune indiscrezioni, non sarebbe stata gradita a Grillo e a Casaleggio. Quest’ultimo, comunque, smentisce di aver visto il documento e, a quanto pare, non avrebbe voluto che i 5 Stelle si riunissero a Roma per seguire i risultati delle elezioni. Inoltre sembra che il documento sia stato redatto dallo staff comunicazione della Camera, che non ne avrebbe discusso con il gruppo del Senato, un altro motivo di discordia all’interno del movimento che, anche in questo caso, viene smentito con un “no comment” dal capo ufficio stampa alla Camera, Nicola Biondo.
La divisione in correnti
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Le correnti nei partiti non rappresentano un fenomeno recente, ma possiamo affermare che ci sono sempre state nell’ambito degli schieramenti politici. Queste divisioni spesso non hanno fatto altro che danneggiare i partiti stessi. Proprio per questo motivo non ci dovremmo stupire più di tanto se ora Pizzarotti è in procinto di dividere il Movimento 5 Stelle. Si tratta di uno di quegli effetti che ha provocato sul Parlamento italiano la vittoria di Renzi e del Partito Democratico alle ultime Elezioni Europee del 25 maggio. Un effetto tsunami, lo si potrebbe anche definire, una vittoria incredibile, che non poteva mancare di avere delle conseguenze nell’ambito del nostro panorama politico.
Federico Pizzarotti vuole vederci chiaro ed è pronto a fare anche quella che egli stesso ha definito “una doverosa autocritica”. E’ stato proprio il sindaco di Parma ad affermare che in questo momento i grillini non devono fare la parte di quelli che danno la colpa agli altri, ma dovrebbero analizzare pro e contro rispetto al voto. Nel frattempo è stata convocata un’assemblea congiunta di senatori e deputati. La tensione è molto alta.
Si fanno sentire, all’interno del Movimento 5 Stelle, quelle che sembrano diverse anime in seno al movimento stesso. Il primo a farsi portavoce del malcontento è stato il deputato Tommaso Currò. Proprio lui ha detto che occorre legittimare anche coloro che manifestano un’indole più mite, in modo da iniziare ad avere un dialogo interno. E le critiche non a caso sono rivolte anche a Grillo, perché possa portare sul palco, nel vivo del dialogo con gli elettori, più persone, che vadano anche al di là di quel “cerchio magico” che da sempre caratterizza l’impronta grillina. Intanto si apprende che Grillo molto probabilmente non sarà presente a Roma per l’assemblea congiunta. Motivi di stanchezza, si dice, ma è chiaro come la corrente pizzarottiana, basata sull’autocritica, tenda a farsi strada. Altro che hashtag #vinciamopoi.
Le correnti nei partiti
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Così è stato anche per la Democrazia Cristiana in Italia, che ha attraversato vari momenti, dal periodo degasperiano ad Iniziativa Democratica negli anni ’50, dalla corrente dei Dorotei, che intendeva dare sfiducia a Fanfani, alla nascita della corrente dei Pontieri, guidata da Paolo Emilio Taviani. E poi, nel ’68, la corrente dei Morotei, “gli amici di Aldo Moro”. Non sono mai mancate le divisioni interne o la creazione di altre linee rispetto a quella principale. Basti pensare al fatto che nel 1969 la DC si divise in due componenti: Iniziativa Popolare e Impegno Democratico. E poi ancora quella che fu chiamata Area Zac, la prevalenza di De Mita e la corrente di Alleanza Popolare, ultimo ritrovato in seguito al congresso nazionale del 1989, l’ultimo della Democrazia Cristiana.
Esaminando la situazione all’interno del Partito Democratico nel corso del tempo si ritrovano anche qui delle correnti. Se si può parlare di ex maggioranza bersaniana, bisogna distinguere anche fra i lettiani, i dalemiani, i bindiani, i cristiano-sociali, gli ecologisti democratici, i renziani, i civatiani. All’interno dell’area più specificamente democratica si riconoscono i franceschiniani e i fassiniani, mentre i veltroniani, i fioriniani e i rutelliani fanno capo a quello che possiamo definire Movimento Democratico, un’area di minoranza più critica nei confronti della maggioranza.
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