“Io provo pena per gli odiatori. Non perdono e non dimentico, ma non odio”. È questa la risposta che la Senatrice a vita Liliana Segre, vittima in questi giorni di centinaia e centinaia di insulti razzisti e antisemiti sul web, dà agli haters.
Quello dell’hate speech, cioè delle parole d’odio espresse senza freni sul web, è un fenomeno che sta dilagando in maniera preoccupante, senza avere ancora gli strumenti per sanzionarlo. Qualcosa però si sta muovendo, a partire dalla proposta fatta proprio dalla Senatrice: la mozione Segre.
La mozione in Senato contro l’hate speech
La mozione Segre, nata per cercare di contrastare il fenomeno dell’hate speech, è stata appena approvata dal Senato con 151 voti favorevoli, nessun voto contrario e 98 astensioni. L’obiettivo è quello di istituire una Commissione straordinaria per il contrasto del razzismo, dell’intolleranza, dell’antisemitismo e per la lotta contro l’istigazione all’odio e alla violenza. La mozione 136 si impegna in particolar modo contro l’hate speech, in linea con quanto stabilito a livello europeo per contrastare l’incitamento all’odio.
Si sottolinea infatti come non esista ancora una normativa riguardante l’hate speech: questo rende difficile combattere e perseguire questi comportamenti, compreso il cyberbullismo, un altro fenomeno che dilaga in maniera preoccupante.
Voto mozione Segre: gli astenuti
Ad essersi astenuti dal voto alla mozione Segre sono stati i senatori di Lega e FDI. Il vicecapogruppo vicario di Forza Italia al Senato, Lucio Malan, ha motivato così questa scelta: “Non condividendo taluni contenuti della mozione della maggioranza e ribadendo la massima solidarietà alla senatrice Segre per gli odiosi attacchi che subisce sulla rete, Forza Italia si asterrà sulla mozione della maggioranza ma sin d’ora assicura il suo fattivo contributo ai lavori della istituenda commissione parlamentare”.
E prosegue: “Sul piano dei contenuti riteniamo troppo ambiguo il passaggio sul contrasto ai nazionalismi e la necessità di colpire anche dichiarazioni ‘sgradite’, anche quando non siano lesive della dignità della persona. Per noi prevalgono sempre i principi della libertà di espressione sanciti dalla nostra Costituzione, nei limiti previsti dalla legge. Affermare la propria identità deve essere sempre consentito, se non lede la libertà altrui”.
Liliana Segre e l’hate speech
E proprio di hate speech si è parlato in occasione di un seminario focalizzato su questo tema quanto mai attuale, che è stato lungamente discusso nell’auditorium dell’Università Iulm di Milano, gremito per l’occasione di giovani e di giornalisti. Qui la senatrice, in un botta e risposta con il giornalista Enrico Fedocci, ha ricordato la dolorosa esperienza della deportazione ad Auschwitz, dove ancora ragazzina ha perso tutta la sua famiglia.
Un episodio in particolare torna nei suoi ricordi: quando, scheletrica e con la testa rasata, camminava con altre internate verso la fabbrica di munizioni Union in cui lavorava durante il giorno.
“Camminavamo fino alla fabbrica di munizioni nella città di Auschwitz – racconta la senatrice – Eravamo 700 donne giovani, scheletrite, senza capelli, con le divise a righe, e camminavamo nella neve o nel fango con gran fatica, a pancia vuota. Per moltissimi giorni abbiamo incontrato dei ragazzi nostri coetanei della Gioventù Hitleriana, che ci guardavano passare e ci sputavano addosso. E ci dicevano delle parolacce così orribili che io non ho mai dimenticato, il peggio che possa uscire dalla bocca di un giovane.
Ho capito che questi ragazzi, figli di quelli che ci avevano già tolto tutto, ci odiavano al punto tale al punto che pur vedendoci così, sentivano ancora il bisogno di sputarci addosso e di offenderci nel modo più spaventoso che esiste. Io li odiavo. E sognavo dentro di me una vendetta, li odiavo, li odiavo, li odiavo”.
Ma c’è una morale anche in questa storia. “Non sono morta – prosegue Liliana Segre – sono tornata, ho avuto la fortuna di incontrare l’amore, sono diventata mamma. Ho taciuto su questo argomento per 45 anni perchè non riuscivo a trovare le parole. Ma quando sono diventata nonna, all’età di 60 anni circa, ho ripensato a quei ragazzi mille volte.
Di colpo è successo qualcosa di straordinario dentro di me: ho capito che non li odiavo più, ma che ne avevo una pena enorme. Poveri ragazzi! Fortunata io ad essere vittima, molto più fortunati i miei parenti morti bruciati nel forno crematorio che loro, che hanno portato dentro di loro per tutta la vita lo stesso credo oppure che hanno capito cos’era l’eredità della loro famiglia e sono stati rovinati per sempre.
E questo mi succede ancora oggi con gli odiatori. Io ho pena degli odiatori, non li odio. Se ne è parlato così tanto in questi giorni, mi è caduta addosso un’infinità di affettuose prese di posizione. Ma io sono quella dell’altro giorno, io non sono capace di odiare. Io non perdono e non dimentico, ma non odio. In tanti anni che vado nelle scuole ho sempre parlato di libertà e di amore, mai di odio”.
E poi conclude con una punta di amara ironia: “E comunque hanno del tempo da perdere, ad augurare la morte ad una persona di 89 anni…”.
Le parole di Gianni Canova, rettore dell’Università Iulm
Anche il rettore dell’Università Iulm di Milano, Gianni Canova, ha espresso solidarietà verso Liliana Segre, oggetto di attacchi da parte di quelli che lui chiama “piccoli bipedi vigliacchi che approfittando dell’anonimato della rete si travestono da lupi e scaricano nell’odio le loro frustrazioni personali e esistenziali”.
E ribadisce l’importanza di prendere posizione contro questi atteggiamenti a partire dalle scuole, dalle università. “Perché sì, hanno ragione i politici che invocano controlli e pene più severe per gli haters del web ma io penso che le pene non bastino e sono d’accordo con chi dice che ci vuole più cultura. E la cultura non può che venire da un luogo come questo, l’università, intesa come spazio aperto che educa alla libertà, al pensiero critico, al rispetto della storia, ai valori fondanti della società civile, alla manutenzione della memoria.
Vent’anni fa insulti come quelli che vengono rivolti oggi alla senatrice Segre non avrebbero osato venire allo scoperto. C’era una società che avrebbe bollato con il marchio dell’infamia chiunque avesse osato inneggiare all’olocausto e a quella vergogna assoluta, quel male assoluto che sono stati i campi di sterminio e la Shoah. Oggi lo si fa con una virulenza, con una iattanza che deriva dalla certezza dell’impunità e dalla consapevolezza che l’odio non solo è tollerato ma addirittura aizzato e scatenato da alcuni politici”.