Un tentativo maldestro di rimediare all’ennesima vessazione burocratica contro i contribuenti, ammesso che venga effettivamente approvato: un emendamento al decreto legge sulle banche, in cui si allunga di due giorni il tempo massimo per pagare una multa. L’obiettivo sarebbe bloccare la partenza di circa 50.000 cartelle esattoriali che Equitalia sarebbe in procinto di inviare. Il problema è nato dalle multe on line.
Il pasticcio dimostra una volta di più quanto l’apparato pubblico sia sfasato dal mondo reale e dalle necessità della gente. Il Codice della strada, una legge riformata nel 1992, quando i pagamenti on line erano cose da marziani, prescrive che le multe si possano pagare entro 60 giorni dalla notifica senza incorrere in sanzioni e interessi. Non si specifica cosa s’intende per pagamento, cioè la data dell’operazione o la data in cui la somma viene effettivamente accreditata sul conto dell’amministrazione creditrice. Questo perché all’epoca i pagamenti si facevano fisicamente ad uno sportello, quindi l’incasso era immediato.
Ma da quando si è diffuso l’home banking, c’è sempre un ritardo tra i due momenti, perché le banche regolano l’operazione di solito uno o due giorni dopo. Allora quando viene considerato valido il pagamento? Lo scorso ottobre è intervenuto il ministero dell’Interno a “chiarire” la faccenda. In favore di chi? Non certo dei cittadini, ma di banche ed enti pubblici. E’ stato stabilito infatti che vale la data dell’effettivo accredito del pagamento.
Piccolo particolare: l’accredito effettivo è un’operazione non nel controllo del debitore, perché eseguita internamente dalle banche. Per cui, se la banca ritarda ad eseguire il versamento, sono problemi del cittadino. Grazie, ministero.
Ora si è cercato di metterci una pezza, forse. Ma non hanno certo fatto la cosa più semplice e giusta, cioè stabilire che fa fede la data in cui il cittadino invia l’operazione. Invece un emendamento al decreto banche varato dal Governo il 14 febbraio, quindi prossimo alla scadenza (i decreti legge scadono dopo 60 giorni se non vengono convertiti dal Parlamento), aggiunge semplicemente due giorni alla scadenza: quindi 62 giorni dalla notifica invece di 60 (o 7 invece di 5 se si sceglie di pagare con lo sconto del 30%). Ma la data valida resta sempre quella dell’accredito sul conto dell’amministrazione creditrice. Quindi il cittadino continua ad essere nelle mani delle banche. Di cui ci fidiamo tutti, no?
E comunque non c’è nulla di certo. La discussione alla Camera del decreto è cominciata lunedì 21 marzo. Le votazioni per la conversione dovrebbero cominciare il 22. Nulla garantisce che il testo e l’emendamento vengano approvati così come sono. Inoltre poi toccherà al Senato, dove la maggioranza è sempre variabile. L’unica certezza è che dobbiamo pagare. Sempre.
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