[didascalia fornitore=”altro”]Foto Pixabay[/didascalia]
Nonostante la chirurgia e in particolare la trapiantologia in Italia continuino a fare passi da gigante, non mancano i casi di malasanità. Rientra tra questi la storia di Elisa Bedin, deceduta nel 2012 all’età di 29 anni in seguito al trapianto di un polmone infetto. La ragazza soffriva di una grave patologia genetica, la fibrosi cistica, e a un certo punto della sua vita è stata costretta a entrare nelle liste d’attesa per avere ‘due polmoni nuovi’. Quando Elisa è stata finalmente trapiantata tutto sembrava essere andato per il meglio, ma ben presto la situazione ha iniziato a peggiorare. Dopo la sua morte, la famiglia ha lottato per 6 lunghi anni prima di ottenere un risarcimento da parte dell’ospedale che effettuato il trapianto.
Il papà Gilio Bedin, la mamma Rosanna e la sorella Lara hanno sempre creduto che Elisa fosse morta a 29 anni ‘per un errore, dopo che le era stato trapiantato un polmone infetto’. Così hanno deciso di intraprendere un percorso extra giudiziale per chiarire le reali cause del decesso della figlia.
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La giovane ha subito un vero e proprio calvario: dapprima ha avuto un’ischemia, poi anche un cancro. Nonostante le difficoltà di dimostrare la tesi sostenuta dai genitori di Elisa, grazie a un team di medici legali e avvocati è stato possibile accertare l’errore condotto dai sanitari dell’ospedale: è emerso che uno dei polmoni trapiantati nella giovane affetta da fibrosi cistica proveniva da una donatrice in fase terminale. ‘Era compatibile, ma ricoperto di sostanza purulenta’. Questo avrebbe generato un’infezione violentissima nel corpo della ragazza immunodepressa proprio per via del trapianto. ‘Le è mancato l’ossigeno a causa della temperatura corporea altissima’, ha raccontato il signor Bedin. La drammatica vicenda si è conclusa con un risarcimento da parte della struttura ospedaliera che ha operato Elisa.
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