Un museo antimafia a Palermo per ricordare Peppino Impastato. Sembra muovere i primi, concreti, passi, il progetto del Centro di documentazione dedicato al giornalista ucciso dalla mafia nel 1978, dopo che la giunta comunale di Palermo ha dato il via libera alla creazione del Memoriale laboratorio della lotta alla mafia. Ad annunciarlo, il fondatore e presidente del Centro, Umberto Santino, da sempre in prima linea contro Cosa Nostra e tra i sostenitori principali del progetto che, dopo più di dieci anni, sembra giungere finalmente alla sua realizzazione.
Palermo, dunque, avrà un museo antimafia, un’istituzione culturale in ricordo di Peppino Impastato, che sorgerà, secondo le direttive comunali, presso Palazzo Gulì, nel cuore del capoluogo siciliano. Una struttura multimediale in cui saranno custoditi libri, documenti, registrazioni radiofoniche e visive, atti processuali e tutto ciò che il Centro ‘Impastato’ di Palermo ha raccolto sulla storia della mafia e sull’attività del giornalista ucciso. Un progetto nato parecchi anni fa, un’idea, ha spiegato Santino, ‘che abbiamo avuto sin dall’apertura del Centro di documentazione nel 1977′, e che continua ad essere quella di raccontare la nostra resistenza, ovvero la lotta alla mafia in Sicilia, dalle lotte contadine ad oggi’.
Ora che il progetto è stato accolto, bisogna attendere che la delibera passi in consiglio comunale, mentre per quanto riguarda i fondi, ha aggiunto ancora Santino, ‘pensiamo di promuovere una sottoscrizione libera aperta a tutti, associazioni che lavorano da sempre nel contrasto al fenomeno mafioso, centri studi ma anche privati cittadini. Questo spazio dovrà essere luogo della collettività non un luogo chiuso di difficile accesso’.
Raccontare l’antimafia, dunque, è ciò che la nuova istituzione che sorgerà a Palermo si impone di fare: un museo che insegni il valore della legalità attraverso al storia e la testimonianza di Peppino Impastato, un eroe della lotta contro la mafia, ucciso – come si legge nella sentenza che condanna Tano Badalamenti – ‘come punizione per la sua opera contro la mafia, dopo aver rinnegato la sua stessa famiglia, in quanto figlio e nipote di mafiosi’. La sua battaglia, infatti, si interruppe bruscamente il 9 maggio del 1978, nelle stesse ore in cui veniva ritrovato il corpo senza vita del presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro.
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