Dove andranno i giornalisti di Twitter e come cambia il giornalismo sotto il regno di Musk. Facciamo il punto e capiamo prospettive e scenari di una piattaforma fondamentale per l’informazione di questa terra qui.
Twitter, in mano a una persona “unica” come Musk, rappresenta quanto meno un’anomalia in quel dannato mondo che appartiene al giornalismo. Elon Musk non è Robert Murdoch e Twitter non è un giornale, né una media company, ma resta il fatto che il docile uccellino cinguettante blu è colmo zeppo di giornalisti da sempre. La super autorevole Columbia Journalism Review, su questa presupposta anomalia, ci ha pubblicato pure un lungo pezzo, scritto da Emily Bell.
L’allarme lanciato dalla rivista americana, indiscussa e vera “Voce del giornalismo”, parla indirettamente di un’altra cosa assai fastidiosa, che da un po’ di tempo non smettiamo di incontrare ovunque nelle istituzioni, nelle aziende e nelle persone. Io, io e io… Ma “Io è un altro” diceva il poeta Arthur Rimbaud.
Tutto va un po’ a conferma che seppur uomo più ricco del mondo, creativo, eccentrico e conservatore, Elon Musk potrebbe intraprendere strade più o meno misteriose, perdendosi ignaro nel labirinto della narcisistica psiche umana.
Soprattutto quando parliamo del (suo) troppo potere e di aziende (sue) che si nutrono l’un l’altra in una oligarchia di cui decide tutto in sostanza lui soltanto. Musk è un individuo “direttivo” che si dota di Bitcoin influendone sul valore come Paperone faceva con i debiti del nipote. È a capo di Tesla e Space X e adesso anche Twitter. Boom, un viaggio nello spazio di cui non è dato sapere il futuro.
Anomalia di Musk, dicevamo, ma non troppo. Donald il magnifico esodato Trump si è creato Truth un social tutto suo. Jeff Bezos è proprietario di Twitch, la piattaforma nota per l’Asrm, una pratica che fa delle orecchie un lecca lecca, e nota anche per i giocatori virtuali, quelli senza corpo. TikTok il social ballerino, in termini di controllo dei dati personali, è praticamente tutto sotto il controllo del partito comunista cinese. E via di censura. Zuckerberg dal canto suo si è fatto da sé Facebook ed è diventato amministratore delegato di Meta.
A Musk, purtroppo e però, non sono toccati né gli adolescenti gamer, né la gerontocrazia social di Facebook, né tantomeno i giovanissimi metamorfici ballerini di TikTok, ma i giornalisti. Che sfortuna i giornalisti.
Per quattro poveri spicci si sono meritati la spunta blu con il sudore di anni di lavoro mal retribuito. E sono stati inoltre equiparati ai politici, che a dirla tutta è quasi un’offesa. L’orgoglio della spunta blu adesso, grazie a Musk, andrà potenzialmente a tutti gli utenti, al costo di otto miserevoli dollari al mese.
Quindi reputazione e ufficialità dell’account si comprano. Ma si compra anche il posizionamento dei tuoi contenuti, che – spiega Musk – se paghi gli otto dollari si vedono di più, ragioni di “priorità”. Poveri giornalisti.
I giornalisti che smuovono l’opinione pubblica e informano l’elettorato. Sullo stesso Twitter, oggi di Musk, in cui per mano degli hacker russi la Brexit ha vinto e ha segnato il declino economico-politico del Regno Unito, sottraendo peraltro all’Unione Europea un grande Paese. Twitter dove i boot e gli account falsi della Lega si sono buttati (perdonate l’assonanza) a capofitto per guadagnare like e influire sull’elezioni del 2018. Twitter dove l’Ucraina ha rischiato di perdere una guerra in partenza, fino a quando non sono stati allontanati i vari account di Russian Tv e di Sputnik. Le fake news, gli hoax, le bufale, i troll, si sa, sono nati su Twitter in gran parte con i caratteri dell’alfabeto cirillico.
Ma ognuno vada in piazza a raccontar ciò che gli piace al vento o alle persone, però scrivere fesserie, dove rimangono per sempre, è un po’ un’altra cosa. Musk tuttavia non la vede così. Dal suo profilo, ormai monarchico, ha condiviso ai suoi 115,1 milioni di follower una tremenda notizia in odore di complotto. Una storia falsa, poi cancellata, relativa all’attacco al marito di Nancy Pelosi, pubblicata da un giornale a dir poco non esattamente raccomandabile.
Musk, poi, da Twitter ha fatto fuori tutto il team dei moderatori, che contribuiva a mitigare il circo dei discorsi d’odio e del bullismo, quello dell’’adultismo’ e quello del razzismo. In generale tutte pratiche di condivisioni depenalizzate de facto, grazie ad algoritmi e strategie compiacenti, a cui il social dell’”avvoltoio” blu ci aveva abituato negli anni.
Gli esempi del ‘conflitto d’interesse’ di Musk riportano la memoria dei naviganti a un esempio di circa 10 anni or sono, citato nell’articolo del Columbia Journalism Review. Un giornalista effettua il test-drive di una Tesla, il resoconto dell’esperienza non è positivo. Poco dopo su Twitter circolò la notizia, e il giornalista si prese in contraccambio una “risposta furiosa” di Elon che non concordava per niente sull’esito del test-drive.
Musk, continua la rivista americana, inoltre si è spinto fino a registrare un dominio particolare, il Pravduh.com, con cui mirava a sostenere di fatto la sua idea che il pubblico dovesse dare “un punteggio ai giornalisti”.
Al momento su Twitter Elon Musk è la star unica e indiscussa, ma si sta ridimensionando e in occasione delle votazioni di Midterm, ha sospeso il progetto “spunta blu” a pagamento, proprio per evitare i profili con identità false e sgradite, che avrebbero influito negativamente sul voto.
Ai giornalisti rimangono altre strade e altri social. WT Social, il progetto del fondatore di Wikipedia, Jimmy Wales, punta a far fuori l’algoritmo basandosi piuttosto su un punteggio calcolato, pare, sulla autorevolezza del giornalista stesso: “rank based on trust”. Insomma a Londra si riparla finalmente di “un social network atossico”.
Su Twitter rimarranno forse e soltanto gli influencer del giornalismo. Con i loro thread di tweet incatenati, spezzettati e patetici, nutriti di like, faccette, frecce e freccine. Belli per chi ha fretta di informarsi grossolanamente e belli perché offrono le cortesie di un giornalismo sempre più facile e incapace di stimolare l’intelligenza dell’opinione pubblica.
Dunque, il giornalismo servo dell’algoritmo sopravvivrà. Sì lasciamoglielo, mentre noi torniamo a leggere i giornalisti sui giornali. Gli articoli con un titolo, un’introduzione, la notizia e una chiusa, oppure meno.
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