Il 10 febbraio è stato resa pubblica una nota da parte dell’Istituto nazionale di previdenza sociale all’interno della quale si è voluto far luce su alcuni aspetti inerenti all’accesso all’indennità di disoccupazione.
Ecco quindi che cosa bisogna sapere prima di richiederla nel momento in cui ci si trova di fronte ad una fine involontaria del contratto di lavoro soprattutto se si parla di dimissioni fatti a seguito di una giusta causa.
Chi percepisce la Naspi deve venire a conoscenza di alcune novità che sono state introdotte in questo 2023.
Infatti, attraverso una circolare che l’Inps ha pubblicato il 10 febbraio di quest’anno si è voluto fare chiarezza sulle modalità riguardo all’accesso all’indennità di disoccupazione che spiega, una volta per tutte, quella norma inerenti alla fine del lavoro accaduto in modo involontario. Si tratta di una situazione che sopraggiunge nel momento in cui la disoccupazione non è voluta oppure quando ci si dimette ma per una giusta causa.
A questo riquadro la norma risulta essere decisamente chiara in quanto analizza una situazione ben precisa: “Le eventuali dimissioni del lavoratore nel periodo di sospensione, tra la data della sentenza dichiarativa fino alla data della comunicazione del curatore, si intendono rassegnate per giusta causa, ma con effetto dalla data di apertura della liquidazione giudiziale”
Ma in cosa consiste in poche parole questa norma? In una circostanza del genere le dimissioni del lavoratore non rientrano nella categoria di un licenziamento per giusta causa ma si parla di un’involontaria perdita di lavoro. Ed è per questo motivo che in una situazione simile il dipendente avrà la possibilità di accedere alla Naspi.
Nel momento in cui si parla di dimissioni per giusta causa, è molto importante sapere che queste iniziano da quando si è dato vita alla liquidazione giudiziale e quindi risulta essere retroattivo se confrontata al momento in cui queste vengono rassegnate.
Ed è per questo motivo che il legislatore ha voluto stabilire che la domanda Naspi deve essere necessariamente presentata entro 68 giorni da quando ha fine il rapporto di lavoro.
Nel momento in cui invece ci si trovi di fronte ad una situazione di dimissioni per giusta causa a seguito di una sentenza, per dare la possibilità al lavoratore di presentare la domanda durante il periodo di sospensione, è importante seguire il termine di 68 giorni da quando sono state assegnate ai propri dimissioni. Quindi non bisogna far riferimento alla data in cui è cessato il rapporto di lavoro. Se questo termine temporale non viene rispettato, la decadenza scatta automaticamente al termine di 68 giorni.
Questo limite temporale viene utilizzato anche “in caso di ipotesi di recesso da parte del curatore, dalla data cioè in cui la comunicazione effettuata dal curatore medesimo è pervenuta a conoscenza del lavoratore, oppure anche nell’ipotesi della risoluzione di diritto, dalla data in cui il rapporto si intende risolto secondo la Legge”, proprio come afferma la nota divulgata dall’INPS.
Riguardo alla risoluzione di diritto, l’INPS ha affermato che questa si presenta al termine di 4 mesi da quando è stata aperta la liquidazione giudiziale anche se il curatore non ne ha reso pubblico il subentro.
Coloro che non rispettano quando stabilito, e quindi evitano di seguire i termini appena citati, corrono il rischio di non ricevere l’indennità di disoccupazione. Infine, proprio come ricorda l’INPS, la domanda per la Naspi dovrà essere inviata solo nel momento in cui sarà accompagnata anche dalla lettera di licenziamento o dimissioni.
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