Dalla sua nascita fino al 2014 possiamo stimare l’attività della NATO e definirla rovinosa, una esperienza fallimentare. A cosa serve la NATO? Al termine della Seconda Guerra Mondiale, molti Paesi europei furono posti sotto l’influenza degli Stati Uniti che, temendo una reazione del regime sovietico in seguito alla spartizione geografica generata dal termine del conflitto, decise di istituire la NATO, l’organizzazione internazionale per la collaborazione nella difesa. Fu dunque fondata da USA, Canada, Regno Unito, Francia, Scandinavia e molti Paesi dell’Europa. Perchè è stata istituita? In teoria questo patto rispondeva all’esigenza delle Nazioni aderenti di poter organizzare in maniera coerente la difesa dei territori in caso di guerra, ma in realtà le mire degli Stati Uniti erano quelle di allearsi con i Paesi europei per poter piazzare i propri dispositivi di difesa sui territori, per reagire con maggiore efficacia ad un eventuale attacco della Russia, e soprattutto per frenare la radicalizzazione dell’ideologia comunista, che stava espandendosi nella società europea del periodo.
La Nato, voluta dagli Usa dopo la Guerra fredda come contrapposizione al Patto di Varsavia creato dai paesi del Blocco sovietico, si rivela, oggi, sempre più fallimentare. Dopo la caduta del muro di Berlino, che simboleggiò la fine del socialismo reale e soprattutto dell’URSS, la Nato ha radicalmente cambiato la sua visione strategica, e si è trasformata dopo i fatti dell’11 settembre 2001, da “Alleanza Difensiva” a “collaborazione militare” tra Paesi aderenti.
Attualmente l’Alleanza, di cui fanno parte 28 Paesi si impone come l’organizzazione mondiale principale per la lotta al terrorismo internazionale. A tal proposito, il disposto dell’art. 5 del Trattato, mai attuato durante la Guerra fredda, venne invocato per la prima volta nella storia il 12 settembre 2001 proprio dagli Stati Uniti, in risposta all’attacco terroristico del giorno precedente a New York. L’articolo 5, spesso citato, impone agli Stati membri di considerare un attacco contro uno o più stati come un attacco contro tutti loro, e quindi secondo una logica di auto-difesa collettiva essi devono prestare assistenza militare agli stati colpiti. I singoli Stati possono stabilire autonomamente come utilizzare e limitare l’eventuale intervento delle loro truppe.
Il compito principale della NATO è ora il mantenimento e l’ulteriore sviluppo delle capacità militari dei membri per garantire la disponibilità della difesa (protezione attraverso intimidazione e riarmo). È inoltre cambiato il territorio di intervento della NATO, adesso può effettuare operazioni militari anche al di fuori del territorio originale (i cosiddetti interventi „Out-of-Area“). Il rafforzamento dello stretto legame transatlantico deve garantire una protezione reciproca di Europa e Nord America.
Inoltre, la NATO si riserva il diritto di intervenire in un conflitto internazionale, nel quale nessun stato Stato membro è direttamente coinvolto. Questi interventi vengono chiamati missioni “Out-of-Defence”. Sulla base della gestione dei conflitti nelle regioni di crisi la NATO ha agito anche in Bosnia, Kosovo e Macedonia. Attualmente stati membri della NATO partecipano a missioni in Iraq, in Afghanistan ed in Darfur. Inoltre, navi della marina Nato sono di pattuglia nel Mar Mediterraneo.
La critica maggiore alla NATO si basa principalmente sul fatto che un’organizzazione del genere non rappresenta la via giusta per raggiungere la pace, dal momento che è stato è stata progettata per la guerra. Alcuni Stati membri, poi, sfruttano la Nato per nascondersi nelle sue pieghe e organizzare la politica interna o risolvere squilibri amministrativi.
La crisi in Siria
Un esempio dell’uso sbagliato della Nato lo leggiamo nell’inchiesta seguita da Seymour Hersh sulla recente crisi in Siria, pubblicata sulle pagine di Repubblica. Le analisi partivano dalla quasi-guerra sventata contro Damasco, nell’autunno del 2013. Il governo siriano, nella persona del presidente Bashar al-Assad, fu immediatamente accusato di avere organizzato il micidiale attacco con armi chimiche (il sarin) avvenuto il 21 agosto nelle periferie di Damasco, che fece centinaia di morti.
Obama presentò l’intervento militare come necessario, e il governo inglese e quello francese assentirono, mentre il ministro Bonino annunciò che l’Italia non avrebbe partecipato, senza un mandato del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Come era avvenuto in Iraq ai tempi di Bush jr., mancavano tuttavia prove evidenti delle colpe di Assad, e questa fu una condizione che fece montare le critiche contro l’organizzazione e la Casa Bianca, accusata di voler cercare una qualsiasi scusa per realizzare l’attacco.
In effetti dietro all’attentato col gas sarin c’era la Turchia, membro della Nato. Il piano Usa per calmierare la situazione in Siria prevedeva il trasferimento di grandi quantità di gas nervino, finiti nelle mani del Fronte Al-Nusra, la fazione jihadista interna al movimento anti-Assad. Erdogan era tra i principali fornitori (tramite l’azienda turca Zirve Export), le consegne erano organizzate in accordo con Arabia Saudita e Qatar, assistiti da Usa e servizi britannici. L’obiettivo era indebolire l’Iran, alleato chiave di Damasco, e a questo scopo Washington consentì a incanalare armi chimiche in provenienza dagli arsenali di Gheddafi in Libia. In seguito a un ripensamento della Casa Bianca, la Turchia organizzò l’eccidio con le armi chimiche, e fece credere a Washington che la Siria doveva essere ‘punita’.
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La guerra alla Siria è stata cancellata all’ultimo istante, ma questo esempio mostra in tutta la sua drammaticità come la NATO sia davvero fallimentare, come la sua politica andrebbe ridiscussa, come l’Alleanza, in assenza di una linea chiara, andrebbe completamente sciolta, visto che gli Stati Uniti possono ancora usare la Nato come scudo per risolvere i problemi con i loro alleati. Lo si è visto in Iraq, Afghanistan, Libia.
Le attuali idee di Unione Europea e di Occidente non sono più quelle del periodo in cui si è stipulato il Patto Atlantico. L’accumularsi di questo tipo di situazioni dovrebbe spingere l’Europa a organizzarsi e decidere una comune politica estera e di difesa, che non sia dipendente dagli affari Usa.
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