Non hanno pace le partite dei Mondiali di calcio per i giocatori dell’Iran. Dopo la loro protesta nella gara d’esordio in cui non hanno cantato l’inno nazionale, ora arrivano le minacce da parte di alcuni agenti incaricati dal Governo se dovesse ricapitare, specie in una partita delicata come quella contro gli Stati Uniti di oggi.
Minacce di ritorsioni verso le famiglie dei calciatori se si opporranno nuovamente al canto dell’inno. Ma non finisce qui.
Proteste sì, ma anche nette opposizioni e molto violente. Il governo di Teheran ha annunciato ritorsioni contro i calciatori della propria nazionale se questi, anche oggi, si opporranno e si rifiuteranno di cantare l’inno nazionale.
Oggi è prevista la partita di calcio fra Iran e Stati Uniti. Una partita ad alta tensione, non solo calcistica, ma anche e soprattutto politica. Ma ciò che maggiormente colpisce è la mancanza di libertà di scelta data agli atleti. Il governo di Teheran ha fatto sapere che ci saranno ritorsioni sulle famiglie dei singoli calciatori.
Secondo alcune fonti della CNN, lo stato iraniano avrebbe arruolato decine di agenti per controllare e monitorare ogni tipo di azione dei loro atleti, impegnati nei Mondiali di calcio in Qatar. A loro, infatti, è proibito affiancarsi a qualsiasi altra forma di protesta, pena una ritorsione contro i loro stessi familiari.
Famiglie, quindi, minacciate di esser torturate e sbattute in carcere se i loro congiunti in campo non si atterranno alle regole stabilite dal Governo stesso. Un avvertimento, quasi come a dire: “Se non vi comportate bene, saranno guai”.
Dopo lo scorso 21 novembre, quando nella partita inaugurale contro l’Inghilterra, i calciatori si rifiutarono di cantare l’inno, come segno di protesta per le violenze che si stanno perpetrando nel loro paese e, anche, come segno di vicinanza alle tante proteste delle donne, ora è arrivato l’annuncio. I calciatori, infatti, sarebbero stati convocati per avere un incontro con i membri del Corpo delle guardie rivoluzionarie iraniane.
Da questo, a loro l’ordine di “non socializzare con gli stranieri”. Nel caso volessero continuare con le loro proteste o affiancarsi ad altri tipi di manifestazioni, ai calciatori è stato annunciato ed avvertito che le famiglie avrebbero “affrontato torture e violenze”. Devono, quindi, cantare l’inno nazionale e non aderire ad alcun tipo di manifestazione contro lo stesso Governo di Teheran.
Durante la seconda partita contro il Galles, dove l’Iran ha vinto per 2 – 0, i calciatori hanno cantato l’inno nazionale. Ora, le restrizioni nei loro confronti, pena, ripetiamo, ripercussioni contro le loro famiglie, è anche il divieto e la non autorizzazione a socializzare e incontrare stranieri al di fuori della loro stessa squadra.
Anche l’allenatore della nazionale iraniana ha avuto un colloquio con il Corpo delle guardie rivoluzionarie. La fonte che ha diffuso la notizia non ha, però, specificato il contenuto della conversazione. Ne è emerso solo che i calciatori dell’Iran possono protestare ai Mondiali, ma “solo nell’ambito del regolamento della FIFA”.
Contrapposizioni continue che non fanno altro che alzare ancora di più la tensione e deconcentrare la squadra in quella che, per loro, dovrebbe esser una semplice quanto importante manifestazione sportiva, e null’altro.
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