Le mano delle cosche calabresi sui locali di Roma: 43 misure cautelari grazie alla Dia, fra cui l’arresto del sindaco di Cosoleto.
Il maxi blitz degli agenti fra Lazio e Calabria.
L’arresto di 43 persone
Coordinata da Dda capitolina in Lazio e Calabria, l’operazione della Direzione Investigativa Antimafia ha portato alla luce le attività della ndrangheta nella capitale, al fine di gestire e controllare le attività economiche in diversi settori: ittico, panificazione, pasticceria, ritiro olii esausti e molti altri.
L’operazione degli agenti si è conclusa con l’arresto di 43 persone, inoltre sono in corso perquisizioni e sequestri.
Fra le misure cautelari, si è disposto anche l’arresto del sindaco di Cosoleto, comune di Reggio Calabria dove il primo cittadino Antonino Gioffré viene accusato di associazione con soggetti facenti parte della cosca Alvaro – Penna di Sinopoli.
Il collegamento fra il sindaco e gli uomini mafiosi è stato portato alla luce grazie all’inchiesta “Propaggine”, la quale ha dimostrato che Gioffrè ha preso parte a scambi elettorali politici – mafiosi. In sostanza, avrebbe favorito l’assunzione di un altro soggetto indagato. Altri reati contestati sono il favoreggiamento per agevolare il sodalizio con la ndrangheta, l’associazione mafiosa, la detenzione e la vendita di armi da sparo e da guerra.
Oltre al sindaco sono state disposte misure cautelari anche per altri soggetti con l’accusa di aver concorso, tramite il bagaglio di conoscenze, alla formazione della cosiddetta “ndrina romana“: un commercialista incarcerato per associazione mafiosa e un dipendente di una banca.
Con un’azione coordinata, le forze dell’ordine a Roma e Reggio Calabria hanno proceduto a sequestrare a scopo preventivo società e imprese individuali intestate a dei prestanome.
La ndrangheta a Roma
Le indagini della Dia hanno evidenziato la forte presenza della ndrangheta nel territorio della capitale, dove è fortemente radicata nell’ambito del controllo di attività economiche di diversa tipologia e addirittura nella gestione di alcune amministrazioni locali.
La solidità della ndrangheta a Roma era tale grazie alla “collaborazione” con le principali cosche che davano il “via libera” dalla Calabria.
Nella capitale, la struttura criminale rispondeva a due boss, Antonio Carzo e Vincenzo Alvaro, entrambi appartenenti a famiglie storiche della ndrangheta calabrese, originarie precisamente di Cosoleto.
Le misure cautelari messe in atto dal GIP di Reggio Calabria sono collegate alle indagini della Dia a Roma, che lavora in collaborazione con la Direzione Distrettuale Antimafia di Roma.
Proprio nella capitale, si svolgeva l’attività criminale della cosca guidata dai due calabresi e le indagini hanno evidenziato come fino al 2015 non esistessero tracce di queste attività illecite.
In quell’anno, secondo gli inquirenti, Carzo avrebbe ricevuto l’autorizzazione per costruire una struttura locale che operava a Roma nel pieno rispetto delle tradizioni della ndrangheta: riti, linguaggio, reati tipici.
Questo gruppo si è consolidato sempre di più estendendo il suo potere e controllo su diversi settori, soprattutto della ristorazione come locali notturni, bar, ristoranti e supermercati, ma anche nel riciclaggio di altissime somme di denaro.
Dalle intercettazioni emergono dettagli gravi, infatti si apprende che questa associazione era ufficialmente riconosciuta, nonché guidata, dalla “casa madre” in Calabria.